La dimensione europea dell’istruzione

La dimensione europea dell’istruzione

1. Prima e dopo il Trattato di Maastricht

Prima della firma del Trattato di Maastricht (1992), l’Unione europea si occupava marginalmente di educazione e di istruzione. Fatta eccezione per la formazione professionale, tutte le altre materie ricadevano sotto la competenza degli Stati-membri.

Con il Trattato di Maastricht, ufficialmente Trattato sull’Unione Europea (TUE), entrato in vigore il 1° novembre 1993, l’espressione CEE (Comunità Economica Europea inaugurata a Roma nel 1957) viene sostituita con CE (Comunità Europea). Il Trattato ha gettato le basi dell’Unione europea come la conosciamo oggi, determinando le premesse per la nascita della moneta unica (l’euro).

È stata, inoltre, introdotta la cittadinanza europea, consentendo ai cittadini di scegliere in quale Stato membro risiedere, istituita una politica estera comune, sviluppata una stretta collaborazione in materia di giustizia e attuata una politica monetaria unica, affidata alla BCE (Banca Centrale Europea).

L’articolo 126 del Trattato accorda per la prima volta alla Commissione europea competenze in materia di insegnamento. A tal fine, negli anni Novanta del secolo scorso, venne creata la Direzione generale dell’Educazione, della Formazione e della Gioventù, diretta dalla socialista francese Edith Cresson. Si tratta di una sorta di «ministero» europeo dell’Educazione.

L’art. 126 recita:

La Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell'insegnamento e l’organizzazione del sistema d'istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche.

L'azione della Comunità è intesa a:

- sviluppare la dimensione europea dell'istruzione, segnatamente con l'apprendimento e la diffusione delle lingue degli Stati membri;

- favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti, promuovendo tra l'altro il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio;

- promuovere la cooperazione tra gli istituti d'insegnamento;

- sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di istruzione degli Stati membri;

- favorire lo sviluppo degli scambi di giovani e di animatori di attività socio-educative; - a incoraggiare lo sviluppo dell'istruzione a distanza.

Dunque, in materia di istruzione, l’UE esercita una competenza «non esclusiva» e quindi si applica il principio di sussidiarietà, secondo il quale

la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obbiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono, dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati al meglio a livello comunitario (art. 3B).

Con tale principio si afferma che, nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, l’Unione interviene soltanto se gli obiettivi possono essere realizzati meglio a livello comunitario che a livello nazionale: in altre parole, solo laddove l’azione dei singoli Stati risulti insufficiente.

Il primo documento che, dopo Maastricht, riveste un significato di notevole interesse in materia di educazione è il «Libro Bianco» di Jacques Delors: Crescita, competitività, occupazione del 1993.

Il «Libro Bianco» (White Paper) è, secondo la definizione ufficiale riportata sul portale dell’UE, un documento che contiene «proposte di azione comunitaria in un settore specifico. Talvolta i Libri Bianchi fanno seguito a un libro verde pubblicato per promuovere una consultazione a livello europeo. Mentre i libri verdi espongono una gamma di idee ai fini di un dibattito pubblico, i libri bianchi contengono una raccolta ufficiale di proposte in settori politici specifici e costituiscono lo strumento per la loro realizzazione».

L’allora presidente della Commissione Europea pose l’accento sull’inadeguatezza dei livelli d’istruzione in relazione ai mutamenti sociali ed economici che, dopo la caduta del Muro di Berlino, sono destinati a segnare profondamente lo sviluppo mondiale. Istruzione e formazione sono considerati i pilastri fondamentali per sostenere attive politiche del lavoro. La sfida posta da Delors è quella delle 3 l: life long learning.

Nel 1995 Edith Cresson, attraverso un «gruppo di riflessione sull’educazione e la formazione», partecipa attivamente all’elaborazione di un secondo «Libro Bianco», Insegnare e imparare: verso la società cognitiva. Il Documento effettua una disamina molto puntuale delle trasformazioni culturali, sociali, economiche in atto nei Paesi dell’Unione. Si apre con un’affermazione che sintetizza le finalità che l’Unione si prefigge:

La società del futuro sarà società che saprà investire sull’intelligenza, una società in cui si insegna e si apprende, in cui ciascun individuo potrà costruire la propria qualificazione. In altri termini una società conoscitiva.

I «fattori di cambiamento» che vengono segnalati nel Libro sono:

  • società dell’informazione;

  • estensione a livello mondiale degli scambi;

  • civiltà scientifica e tecnica.

Per affrontare le sfide della globalizzazione vengono posti al centro alcuni obiettivi concreti:

  • elevare il livello generale della preparazione dei giovani;

  • valorizzare la collaborazione tra scuola e impresa;

  • combattere l’esclusione sociale;

  • evitare un’eccessiva rigidità dei percorsi formativi.

Nel 1996, l’Unesco pubblica il Rapporto dal titolo Nell’educazione un tesoro, frutto del lavoro di un’apposita commissione presieduta ancora una volta da Jacques Delors: nel documento si sottolinea l’importanza del capitale umano lungo l’arco della vita.

In quest’ultimo Rapporto Delors evidenzia l’irrinunciabilità di quattro aspetti che definisce i quattro pilastri dell’educazione:

  • imparare a conoscere;

  • imparare a fare;

  • imparare a lavorare insieme;

  • imparare a essere.

Si ricorda che, nelle materie di competenza esclusiva, l’Unione europea emana direttive comunitarie che obbligano gli Stati membri a rispettarle tanto che devono adeguare le proprie leggi nazionali ai principi contenuti nelle direttive stesse.

 Anche i regolamenti comunitari, che sono norme rivolte direttamente ai cittadini degli Stati membri, devono essere osservati come se fossero posti dai parlamenti nazionali.
Si tratta di norme che, solo nelle materie a esse riservate, prevalgono sulle leggi dei singoli Stati. Ciò vuol dire che se una legge italiana invadesse la competenza di un regolamento comunitario, i cittadini italiani (seguendo il criterio della competenza) dovrebbero rispettare quest’ultimo e non la legge nazionale.

2. Il Memorandum di Lisbona

Il Documento che segna una svolta nelle politiche formative dell’Unione europea viene formulato dal Consiglio europeo nel marzo 2000, il Memorandum di Lisbona sull’istruzione e formazione permanente. Nelle sue conclusioni si afferma che l’Europa è indiscutibilmente entrata nell’era della conoscenza, con tutte le conseguenze che tale evoluzione implica sulla vita culturale, economica e sociale. I modelli di apprendimento, di vita e di lavoro sono soggetti a una rapida trasformazione. In altre parole, non solo dovremo adattarci al cambiamento, ma i modelli di comportamento «affermati» dovranno essi stessi cambiare.

L’obiettivo principale del Memorandum è quello di far sì che l’Europa diventi l’economia più competitiva e dinamica del mondo.

Nel Memorandum si sottolineano i seguenti principi:

  • qualità: dei sistemi di istruzione e formazione e dei processi di insegnamento-apprendimento;

  • accesso: promuovere l’accesso all’apprendimento in tutte le fasi della vita, a cominciare dalla prima infanzia;

  • contenuto: procedere a una revisione delle capacità di base che i giovani devono possedere;

  • apertura: si insiste sull’opportunità che i sistemi di istruzione siano aperti al mondo, incrementando il legame con l’ambiente locale;

  • efficacia: si sottolinea la necessità che i sistemi di istruzione facciano ricorso a sistemi di garanzia della qualità.

Una definizione più compiuta dei problemi posti dal Memorandum trova un’ulteriore concretizzazione nei due successivi Consigli di Stoccolma (2001) e Barcellona (2002), in cui vengono rafforzati i seguenti obiettivi da conseguire entro il 2010:

  • limitare gli abbandoni a non oltre il 10%;

  • aumentare del 15% i laureati in matematica e scienze;

  • portare all’85% il numero dei giovani che conseguono il diploma d’istruzione superiore;

  • diminuire del 20% il numero dei quindicenni che presentano rilevanti difficoltà di lettura.

Dopo il processo avviato con il Memorandum di Lisbona si innesta un percorso in cui vengono fissati tre grandi obiettivi:

  • migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione: elevare la preparazione dei docenti, garantire l’accesso alle tecnologie informatiche, attrarre gli alunni agli studi scientifici, ecc.;

  • agevolare l’accesso ai sistemi formativi a tutti: innovare gli ambienti di apprendimento, sostenere la cittadinanza attiva;

  • aprire i sistemi d’istruzione europei agli altri Paesi del mondo: rafforzare i legami con il mondo del lavoro, migliorare l’apprendimento delle lingue straniere, aumentare gli scambi e la mobilità.

3. La Raccomandazioni dell’UE del 2006

Il 18 dicembre 2006 viene approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea la Raccomandazione relativa all’individuazione delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente che gli Stati dell’UE devono impegnarsi a far conseguire ai loro cittadini. Nel 2018, come vedremo, tale Raccomandazione è stata rivista e aggiornata.

Sulla scorta di programmi e comunicazioni assunti in precedenti consigli, i due organismi (Parlamento e Consiglio) indicano agli Stati membri un quadro di riferimento europeo teso ad assicurare a tutti i cittadini dell’Unione una solida formazione di base.

Non potendo intervenire sui singoli sistemi scolastici dei paesi membri, le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente tracciano un quadro di riferimento per garantire a tutti i cittadini dell’Unione, quelle competenze che consentiranno ai giovani, al termine del loro percorso formativo, l’ingresso al mondo del lavoro e l’apprendimento futuro, e agli adulti l’apprendimento lungo tutto l’arco della loro vita.

Nel 2006 le competenze chiave furono così definite:

  • comunicazione nella madrelingua;

  • comunicazione nelle lingue straniere;

  • competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;

  • competenza digitale;

  • imparare a imparare;

  • competenze sociali e civiche;

  • spirito di iniziativa e imprenditorialità;

  • consapevolezza ed espressione culturale.

Questo quadro di riferimento verrà ripreso nel Decreto ministeriale del Miur 22 agosto 2007, n. 139 (Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo d’istruzione), che ha provveduto a innalzare lobbligo d’istruzione a 16 anni, obbligo previsto nella legge 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 1, comma 622), in cui si affermava:

l’istruzione, impartita per almeno dieci anni, è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno d’età.

Nel DM 139/2007 si è provveduto ad articolare il curricolo del biennio iniziale dell’istruzione secondaria di secondo grado in 4 assi culturali: dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico sociale. Le finalità di ogni asse sono orientate a far acquisire agli studenti, al termine dell’obbligo di istruzione, 8 competenze chiave di cittadinanza, che richiamano le 8 competenze per l’apprendimento permanente della Raccomandazione europea del 2006. Esse sono:

  • imparare ad imparare;

  • progettare;

  • comunicare e comprendere messaggi di genere diverso;

  • collaborare e partecipare;

  • agire in modo autonomo e responsabile;

  • risolvere problemi;

  • individuare collegamenti e relazioni;

  • acquisire ed interpretare l’informazione.

Le otto competenze della Raccomandazione del 2006 sono state recepite anche nelle Indicazioni per il curricolo scuola dell’infanzia e primo ciclo d’istruzione del 2012. Esse hanno costituito fino al 2024 la base per la definizione del profilo dello studente e per la certificazione delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione.

4. Le Raccomandazioni dell’UE del 2008 e 2017

Un passo particolarmente rilevante verso una dimensione europea dell’istruzione è rappresentato dal Quadro europeo delle qualifiche (EQF) del 2008. In questa Raccomandazione si prevedeva che entro il 2012 i nuovi certificati di qualifica e i diplomi rilasciati dalle competenti autorità contenessero un chiaro riferimento a uno degli otto livelli dell’EQF.

Nel documento vengono precisati anche i significati di conoscenze, abilità e competenze, che rappresentano tuttora le definizioni a cui si attiene il quadro normativo italiano.

Le conoscenze costituiscono il corpo di fatti, principi, teorie relativi a un ambito di studio e di lavoro.

Le abilità indicano la capacità di applicare conoscenze.

Le competenze sono le padronanze che un individuo dimostra di possedere nell’utilizzo di conoscenze e abilità.

Come già accennato, ogni competenza è articolata in otto livelli, nel primo dei quali sono comprese le conoscenze di base, necessarie per svolgere semplici mansioni di lavoro e pratiche di studio. Il livello più elevato, l’ottavo, invece racchiude conoscenze e competenze di alto profilo che la persona è in grado di utilizzare in modo autonomo e responsabile.

Nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, relativa all’EQF, per competenza si intende la

comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.

L’autonomia è riconducibile alla capacità di saper prendere decisioni e di agire in modo indipendente, distaccandosi, in una certa misura, dai modelli presi a riferimento. Non significa fare tutto da soli, ma saper stabilire quando è il momento di chiedere aiuto (a chi e come). 

La responsabilità indica la capacità di saper prevedere e valutare le conseguenze delle proprie azioni. Implica capacità di giudizio e di scelta, assumendo su di sé l’impegno di portare a termine i compiti assegnati, dimostrando tenacia e perseveranza.

Il Quadro Europeo delle Qualifiche del 2008 è stato rivisto da una successiva Raccomandazione adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 22 maggio 2017.

In questo secondo dispositivo si chiede agli Stati membri di rapportare i sistemi nazionali delle qualifiche al quadro declinato dall’UE con l’obiettivo di garantire che ci sia una omogeneità e una corrispondenza delle qualifiche in ambito europeo.

Ogni Paese membro ha successivamente referenziato i propri titoli a questo quadro. L’Italia, come già sottolineato, ha provveduto a tale adempimento con il Decreto interministeriale 8 gennaio 2018: Istituzione del Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell’ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze.

5. Dal quadro europeo a quello nazionale

Il Quadro Nazionale delle Qualificazioni (NQF Italia) comprende indicatori riferiti a tre voci: conoscenze; abilità; responsabilità e autonomia, su 8 livelli, come indicato nel quadro europeo.

Si riporta la declinazione dei primi due e del penultimo e ultimo livello (si veda Tabella 1).

 

TABELLA 1

I primi due e gli ultimi due livelli del modello di certificazione delle qualifiche con i relativi descrittori

Livello

Conoscenze

Abilità

Responsabilità e autonomia

1

Conoscenze concrete, di base, di limitata ampiezza, finalizzate a eseguire un compito semplice in contesti noti e strutturati.

Applicare saperi, materiali e strumenti per svolgere un compito semplice, coinvolgendo abilità cognitive, relazionali e sociali di base.

Tipicamente: concentrazione e interazione.

Svolgere il compito assegnato nel rispetto dei parametri previsti, sotto diretta supervisione nello svolgimento delle attività, in un contesto.

2

Conoscenze concrete, di base, di moderata ampiezza, finalizzate a eseguire compiti semplici in sequenze diversificate.

Applicare saperi, materiali e strumenti per eseguire compiti semplici in sequenze diversificate, coinvolgendo abilità cognitive, relazionali e sociali necessarie per svolgere compiti semplici all’interno di una gamma definita di variabili di contesto.

Tipicamente: memoria e partecipazione.

Eseguire i compiti assegnati secondo criteri prestabiliti, assicurando in conformità delle attività svolte, sotto supervisione per il conseguimento del risultato, in un contesto strutturato, con un numero limitato di situazioni diversificate.

7

Conoscenze altamente specializzate, parte delle quali all’avanguardia in ambito di lavoro e di studio, come base del pensiero originale e/o della ricerca.

Consapevolezza critica di questioni legate alla conoscenza in un ambito e all’intersezione tra ambiti diversi.

Abilità specifiche, orientate alla soluzione di problemi, necessarie nella ricerca e/o nell’innovazione al fine di sviluppare conoscenze e procedure nuove e integrare le conoscenze ottenute in ambiti diversi.

Gestire e trasformare contesti di lavoro o di studio complessi, imprevedibili e che richiedono nuovi approcci strategici.

Assumere la responsabilità di contribuire alla conoscenza e alla pratica professionale e/o verificare le prestazioni strategiche dei gruppi.

8

Le conoscenze più all’avanguardia in un ambito di lavoro o di studio e all’intersezione tra ambiti diversi.

Le abilità e le tecniche più avanzate e specializzate, comprese le capacità di sintesi e di valutazione, necessarie a risolvere problemi complessi della ricerca e/o dell’innovazione e ad estendere e ridefinire le conoscenze o le pratiche professionali esistenti.

Dimostrare effettiva autorità, capacità di innovazione, autonomia, integrità tipica dello studioso e del professionista e impegno continuo nello sviluppo di nuove idee o processi all’avanguardia in contesti di lavoro, di studio e di ricerca.

 

Un ulteriore tassello in vista della creazione di uno Spazio Europeo dell’istruzione è rappresentato dalla Raccomandazione del Consiglio (26 novembre 2018) che promuove il riconoscimento reciproco dei titoli dell’istruzione superiore e della formazione secondaria superiore, nonché dei risultati dei periodi di studio svolti all’estero.

Come sottolineato nel primo paragrafo, tale Spazio viene potenziato fino al 2025-2026 mediante alcune specifiche azioni, tra cui quella legata al potenziamento dell’educazione digitale.

6. Le competenze chiave nella Raccomandazione del 2018

La Raccomandazione approvata nel 2006 è stata sostituita nel 2018. Il Consiglio dell’Unione europea, su proposta della Commissione, ha adottato la Raccomandazione 22 maggio 2018, che riprende solo in parte quella precedente. Nello schema sotto riprodotto (si veda Tabella 2) vengono esplicitati gli ambiti delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente del testo del 2018.

 

Tabella 2

Competenze chiave per l’apprendimento permanente

(Raccomandazione UE, 22 maggio 2018)

competenza alfabetica funzionale

competenza multilinguistica

competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria

competenza digitale

competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare

competenza in materia di cittadinanza

competenza imprenditoriale

 competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali

 

Nella versione del 2018, il costrutto di competenza viene ricondotto a tre parole chiave: conoscenzaabilità (presenti anche nella versione precedente) e atteggiamenti (nel testo del 2006 figurava l’espressione attitudine).

La conoscenza si compone di fatti, cifre, concetti, idee, teorie che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento.

Per abilità si intende l’essere capaci di eseguire processi e applicare conoscenze al fine di ottenere risultati.

Gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone, situazioni.

La Raccomandazione UE relativa alle competenze chiave del 2018 costituisce il riferimento di base del modello di certificazione delle competenze introdotto con il Decreto ministeriale n. 14/2024, nel quale all’articolo 1 si afferma:

le istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione e i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) certificano l’acquisizione delle competenze progressivamente acquisite dagli studenti e dagli adulti attraverso i modelli di cui al presente decreto. […] Con il presente decreto i modelli di certificazione delle competenze vigenti sono raccordati e hanno tutti come base comune di riferimento le competenze chiave per l’apprendimento permanente di cui alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 2018, mentre si differenziano, necessariamente, nella descrizione analitica delle competenze.

Vedi articolo La certificazione delle competenze (è possibile accedervi tramite il collegamento al piede della presente pagina).

7. Per un’Europa sostenibile entro il 2030

I cambiamenti che tutti i Paesi stanno attraversando hanno spinto la Commissione dell’Unione a deliberare una Comunicazione Europa2020, per il periodo 2010-2020, in cui viene indicata una strategia per sostenere un triplice ordine di crescita:

  • intelligente: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza, sull’innovazione e sulla modernizzazione;

  • sostenibile: promuovere un’economia più verde e competitiva;

  • inclusiva: favorire un alto tasso di occupazione, capace di favorire la coesione sociale e territoriale.

La Commissione, per raggiungere le finalità soprarichiamate, propone i seguenti obiettivi:

  • il 75% delle persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni deve avere un lavoro;

  • in materia di energia, deve essere raggiunto un incremento del 30% della diminuzione delle emissioni;

  • il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato.

Inoltre, si afferma che 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio povertà.

Vengono ripresi, in ambito educativo, gli obiettivi di Lisbona; in particolare, si ravvisa l’urgenza, esplicitata nel documento conclusivo del Consiglio d’Europa del 25 e 26 marzo 2010, di migliorare i livelli d’istruzione, mirando a ridurre i tassi di dispersione scolastica e aumentando la percentuale delle persone che hanno completato l’istruzione terziaria o equivalente.

I Paesi dell’UE hanno tradotto questi target comunitari in target nazionali. Crescita intelligente, sostenibile, inclusiva sono dunque i tre scenari per l’Europa 2020; sono tre priorità che si rafforzano a vicenda e delineano il quadro dell’economia e della società per l’Europa del XXI secolo.

A Europa 2020 ha fatto seguito un documento della Commissione europea del 30 gennaio 2019 Verso un’Europa sostenibile entro il 2030 in cui vengono assunti i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile deliberati, nel settembre 2015, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Agenda 2030). I 17 goals dell’ONU, che indicano un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, insieme all’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, costituiscono la tabella di marcia per un mondo migliore e per il quadro globale di cooperazione internazionale in materia di sviluppo sostenibile e relative dimensioni economiche, sociali, ambientali e di governance.

I 17 goals prendono in considerazione in maniera equilibrata le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile – economica, sociale ed ecologica – e mirano a porre fine alla povertà, a lottare contro l‘ineguaglianza, ad affrontare i cambiamenti climatici, a costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani.

L’UE si è pienamente impegnata a dare piena attuazione alle politiche di uno sviluppo sostenibile, in grado di rispondere alle esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare le loro. Si tratta di una sfida globale che coinvolge tutte le componenti della società dei vari Paesi (imprese private, settore pubblico, società civile, ecc.).

Nel Documento della Commissione dell’UE, al punto 3.2.1, si indicano gli «attivatori trasversali per la transizione verso la sostenibilità» riguardanti istruzione, scienza, tecnologia, ricerca, innovazione e digitalizzazione, considerate un presupposto essenziale per un’economia dell’UE sostenibile. L’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente, si afferma,

sono indispensabili per creare una cultura della sostenibilità. I leader dell’UE hanno convenuto di adoperarsi per realizzare uno spazio europeo dell’istruzione entro il 2025 al fine di sfruttare pienamente il potenziale dell’istruzione, della formazione e della cultura come volani per l’occupazione, la crescita economica e l’equità sociale.

In particolare, l’istruzione è uno strumento prezioso per conseguire uno sviluppo sostenibile. Migliorare la qualità della formazione lungo tutto l’arco della vita rimane la precipua finalità delle politiche educative dell’Unione. Tra le priorità per il futuro viene sottolineata l’importanza delle competenze in materia di TIC (Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione) e delle competenze digitali essenziali, in linea con il piano d’azione dell’UE per l’istruzione digitale e l’intelligenza artificiale.

8. Il Next Generation EU e gli obiettivi della nuova istruzione europea

L’Unione europea, per ricostruire il nostro continente dopo la pandemia dovuta al COVID-19, ha previsto un Piano straordinario senza precedenti, che ha come obiettivo primario quello di sviluppare un’Europa più ecologica, digitale e resiliente. Nel quadro pluriennale di investimenti per il periodo 2021-2027 si inserisce il Next Generation EU che, con i suoi 750 miliardi di euro, contribuisce a sostenere e rafforzare l’azione della Commissione europea, che con tale strumento sta sostenendo le riforme e gli investimenti effettuati dagli Stati membri per la ripresa e la resilienza con l’obiettivo di attenuare l'impatto economico e sociale della pandemia di coronavirus. In particolare, si punta a rendere le economie e le società dei Paesi europei più sostenibili, resilienti e preparate alle sfide e alle opportunità della transizione ecologica e di quella digitale. 

Il Next generation EU, deliberato dal Consiglio dell’UE, è volto a risanare le perdite causate dalla pandemia in vari ambiti, compresa la scuola (edilizia scolastica, potenziamento dei servizi nella fascia 0-6 anni, lotta alla povertà educativa, ecc.).

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) del nostro Paese è stato approvato dal Consiglio dell’Unione europea il 13 luglio 2021 per un importo che sfiorava i 200 miliardi di euro.

Per quanto concerne il nostro Paese i fondi del Next Generation EU sono finalizzati a:

  • ridurre l’attuale percentuale del 13,5% di giovani tra 18 e 24 anni che non completano il ciclo di istruzione secondaria superiore; 

  • aumentare il livello di formazione universitaria (che in Italia è inferiore al dato statistico europeo e che, peraltro, spesso non riesce nemmeno a fornire le competenze richieste nel mercato del lavoro da enti e imprese, né a garantire un’occupazione ai giovani laureati italiani); 

  • ridurre i NEET (Not in Education, Employment or Training, giovani che non lavorano e nemmeno studiano); 

  • diminuire il tasso di disoccupazione degli under-25;

  • migliorare il reddito a disposizione dei giovani che vogliono costruirsi una famiglia ed un futuro.

Quindi, l’obiettivo finale che il Piano Italiano dovrà perseguire, sarà quello di contribuire a costruire, entro il 2025, lo «Spazio europeo dell’educazione» che servirà a fornire nuove opportunità per gli studenti di tutta Europa e a offrire nuove opportunità di lavoro e impresa per il rilancio del «Belpaese».

9. La Strategia europea sulla disabilità

Nel mese di marzo 2021, la Commissione europea ha presentato la Strategia per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030, ovvero un piano decennale volto a migliorare la vita delle persone disabili in Europa.

Questa nuova strategia si basa sui risultati positivi raggiunti dalla Strategia Europea sulla Disabilità 2010-2020, che ha sostenuto gli sforzi per ridurre le barriere architettoniche e promuovere l’inclusione delle persone con disabilità, garantendo loro un maggior godimento dei diritti e la partecipazione attiva nella società e nel mondo del lavoro. 

L’obiettivo della nuova strategia è compiere ulteriori progressi finalizzati a garantire che tutte le persone con disabilità in Europa, indipendentemente da sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, età o orientamento sessuale, possano:

  • godere dei loro fondamentali diritti umani;

  • avere pari opportunità e parità di accesso alla vita sociale ed economica;

  • essere in grado di decidere dove, come e con chi vivere;

  • circolare liberamente nei paesi dell'UE indipendentemente dalle loro esigenze di assistenza;

  • non essere più vittime di discriminazioni.

Inoltre, la Strategia 2021-2030 si rifà ai principi stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e dei rischi che incontrano donne, bambini, anziani, rifugiati con disabilità e persone con difficoltà socio-economiche in linea con l’Agenda dell’ONU 2030.

La nuova strategia prevede pertanto una serie ambiziosa di azioni e di iniziative in vari settori e ha numerose priorità, tra cui:

  • accessibilità, la possibilità di circolare e soggiornare liberamente, ma anche di partecipare alla vita democratica del proprio Paese;

  • una qualità di vita dignitosa e la possibilità di vivere in autonomia, poiché si concentra in particolare sulla deistituzionalizzazione e sulla protezione sociale;

  • la parità di partecipazione, in quanto mira a garantire pari opportunità e accesso per quanto riguarda la giustizia, l'istruzione, la cultura, lo sport e il turismo, ma anche parità di accesso a tutti i servizi sanitari;

  • la promozione dei diritti delle persone con disabilità a livello mondiale.

Come si evince dal quadro sopra illustrato, anche le politiche dell’UE hanno superato l’idea che la condizione di una persona con disabilità debba essere ricondotta a una lettura meramente clinica. Le classificazioni scientifiche mantengono una validità non assoluta. Infatti, per promuovere lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo, è necessario riferirsi a una concezione più complessa dell’uomo e del suo progetto di vita. La scienza è una base fondamentale, ma non l’unica. La diversità deve costituire il parametro di confronto di una reale ed effettiva uguaglianza.

Un diritto fondamentale affermato nella Strategia è quello della libertà di movimento, che deve essere potenziata mediante strumenti quali l’European Disability Card, rendendola esigibile in tutti gli Stati membri. L’auspicio è che nessun giovane in situazione di handicap debba rinunciare a studiare in Europa per problemi di natura logistica non dipendenti dalla propria volontà.

Nel 2018 una Commissione indipendente dell’Unione Europea ha elaborato il primo Rapporto dal titolo Benessere per tutti in un’Europasostenibile, ispirato all’Agenda 2030 dell’ONU, in cui sono state messe a fuoco le problematiche riguardanti le crescenti disuguaglianze nel vecchio continente e nel quale si illustra un complesso di scelte politiche finalizzate a cambiare radicalmente l’Europa, attraverso oltre cento proposte da perseguire nel periodo 2019-2024.

Molti dei temi illustrati nel Rapporto, seppure in misura diversa, sono mutuati dall’Agenda 2030, approvata nel 2015 dalle Nazioni Unite. Sviluppo sostenibile, economia circolare, uguaglianza di genere, formazione e apprendimento permanenti, lotta senza quartiere a tutte le fragilità sociali sono i capisaldi sui quali costruire una «nuova» Europa, più equa e inclusiva.

10. Il GreenComp: quadro europeo delle competenze in materia di sostenibilità

La Commissione europea, nel quadro delle azioni politiche stabilite nel Green Deal (piano di investimenti per raggiungere l’obiettivo che si è posta l’UE di diventare il primo blocco di Paesi al mondo a impatto climatico zero entro il 2050), ha fatto proprio il Report del Science for Policy che ha elaborato il GreenComp, identificando un insieme di competenze finalizzate a promuovere l’apprendimento sulla sostenibilità ambientale.

Il GreenComp, sviluppato nel corso del 2021, può essere utilizzato nei programmi di istruzione e formazione in tutti i contesti formali (scuola in primis), non formali e informali.

L’obiettivo è quello di aiutare gli studenti a sviluppare conoscenze, abilità e atteggiamenti che promuovono modi di pensare e di agire con empatia, responsabilità e attenzione per il nostro pianeta eper la salute pubblica.

Si tratta di una pubblicazione scientifica (2022) del Centro comune di ricerca (Joint Research Centre, JRC), il servizio della Commissione europea per la scienza e la conoscenza, che si propone di fornire elementi utili nel campo dell’educazione e dell’istruzione delle politiche dell’UE. Non è una Raccomandazione, ma una relazione di estremo interesse in quanto identifica 12 competenze nel campo dell’educazione alla sostenibilità ambientale.

Il GreenComp comprende quattro settori:

  • incarnare i valori della sostenibilità;

  • accettare la complessità nella sostenibilità;

  • immaginare futuri sostenibili;

  • agire per la sostenibilità.

Ogni ambito comprende tre competenze interconnesse e di pari importanza. La finalità della ricerca studio è quella di costituire un riferimento di base per i programmi di apprendimento di tutti i soggetti che promuovono la sostenibilità ambientale. Le tre competenze individuate per ogni settore sono le seguenti:

Incarnare i valori della sostenibilità:

  • attribuire valore alla sostenibilità;

  • difendere l’equità;

  • promuovere la natura.

Accettare la complessità nella sostenibilità:

  • pensiero sistemico;

  • pensiero critico;

  • definizione del problema.

Immaginare futuri sostenibili:

  • senso del futuro;

  • adattabilità;

  • pensiero esplorativo.

Agire per la sostenibilità:

  • agentività politica;

  • azione collettiva;

  • iniziativa individuale.

Per i dirigenti scolastici e per i docenti l’approfondimento dei settori sopra richiamati e l’adozione di specifiche attività nei curricoli di istituto possono rappresentare una preziosa opportunità di educazione alla sostenibilità ambientale a tutte le età, a cominciare dai bambini che frequentano la scuola dell’infanzia.

Nell’economia del presente lavoro, prendiamo in considerazione due competenze: il senso del futuro e iniziativa individuale. Immaginare futuri sostenibili significa prospettare scenari alternativi e «pensare alle possibilità invece di cercare certezze». Pertanto, maturare la consapevolezza del senso del futuro consente ai discenti di elaborare la propria idea di progetto sostenibile, fornendo loro le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti per interpretare il futuro come un’ampia gamma di alternative.

Il GreenComp può diventare per le istituzioni scolastiche un utile strumento di educazione civica, in particolare per le attività e le possibili azioni inerenti a una delle tre macro-aree contenute nella legge 92/2019, quella riguardante lo sviluppo sostenibile. Del resto, questo progetto, nel quadro dell’apprendimento per la sostenibilità ambientale, rappresenta una traduzione del principio di sviluppo sostenibile posto alla base dell’Agenda dell’ONU 2030.

Il punto secondo delle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, allegate al D.M. del MIM (Ministero dell’Istruzione e del Merito) 7 settembre 2024, n. 183 si intitola Sviluppo economico e sostenibilità.

In esso si afferma che, tra le varie tematiche che possono rientrare nell’educazione dei giovani ai concetti di sviluppo e sostenibilità, ci sono quelle riguardanti

la protezione della biodiversità e degli ecosistemi, la bioeconomia, anche nell’interesse delle future generazioni (così come previsto dall’articolo 9 della Costituzione recentemente riformulato. In questo quadro si inserisce pure la cultura della protezione civile per accrescere la sensibilità sui temi di autoprotezione e tutela del territorio.

A questo proposito si rammenta l’art. 9 della Costituzione che è stato modificato dalla legge 11 febbraio 2022, n. 1 (Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente). Il nuovo articolo recita:

la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

Grazie all’aggiunta del terzo comma, la nostra Repubblica si impegna nella tutela della biodiversità e degli ecosistemi, introducendo, per la prima volta nel testo costituzionale, un preciso riferimento all’interesse delle future generazioni.

Viene inoltre inserito il principio di tutela degli animali, attraverso la previsione dell’approvazione di una legge statale che ne disciplini le forme e i modi. 

11. La trasformazione digitale e l’Intelligenza artificiale

La trasformazione digitale è una delle priorità dell’Unione europea. La promozione della digitalizzazione in vari ambiti pubblici della vita delle persone porta notevoli vantaggi alla società.

Le tecnologie digitali, inoltre, contribuiscono a ottimizzare la produzione determinando vantaggi sul piano della competizione delle aziende e a ridurre le emissioni e i rifiuti.

Il Framework Europeo per le Competenze Digitali (Digital Competence Framework for Citizens), più noto come DigComp, è l'insieme delle linee guida definite dalla Commissiome Europea sulle competenze digitali che i cittadini devono possedere per assicurare a se stessi e agli altri una buona qualità della vita.

La prima edizione è del 2013. Nel 2016 viene adottata la versione DigComp 2.0 (2.1 l’anno seguente) e nel marzo 2022 l’UE pubblica l’edizione DigComp 2.2, con un’attenzione anche all’intelligenza artificiale.

Il Quadro europeo del 2022 è strettamente collegato alla competenza digitale descritta nella Raccomandazione 22 maggio 2018 e così definita: 

la competenza digitale presuppone l’interesse per le tecnologie e il loro utilizzo con dimestichezza e spirito critico e responsabile per apprendere, lavorare e partecipare alla società.

Comprende, oltre all’alfabetizzazione informatica e digitale, la creazione di contenuti digitali, l’alfabetizzazione mediatica, le competenze relative alla cybersicurezza, ecc.

Risulta, pertanto, essenziale, nell’arco della vita, alla stessa stregua delle competenze linguistiche, scientifiche, civiche, ecc. indicate nella Raccomandazione del 2018 per l’apprendimento permanente.

Il DigComp 2.2 si compone di cinque dimensioni: alfabetizzazione su informazione e dati; comunicazione e collaborazione; creazione di contenuti digitali; sicurezza; problem solving (si veda Figura 1).

 

 

 

FIG. 1 Le aree di competenza del DigComp 2.2 (Digcomp 2.2)

 

Il Quadro europeo delle competenze digitali rappresenta una sollecitazione a formare gli insegnanti in modo che esse possano diventare una prassi di insegnamento nell’ordinaria prassi didattica. A questo proposito va ricordato che nel documento Scuola 4.0, nell’ambito delle azioni previste nel PNRR, il DigComp è più volte richiamato.

Il principio della cittadinanza digitale di cui alla legge 92/2019 sull’educazione civica non può non riferirsi a questo importante framework europeo.

Inoltre, dal 9 gennaio 2023 è stato avviato anche il Digital Decade policy programme, il Programma strategico per il Decennio Digitale 2030 finalizzato a promuovere le competenze dei cittadini, l’intelligenza artificiale, la connettività, l’informatizzazione dei sevizi pubblici. Il programma, che mira alla transizione digitale dell’Europa, si pone l’obiettivo di garantire che l’80% della popolazione tra i 16 e i 74 anni abbia le competenze digitali di base entro il 2030. Coerentemente a questo programma, sono stati diffusi anche gli Orientamenti etici per gli educatori sull’uso dell’intelligenza artificiale IA e dei dati nell’insegnamento e nell’apprendimento. U.E. 2022.

In questo documento si afferma che l’uso dei sistemi IA è potenzialmente in grado di migliorare l’insegnamento, l’apprendimento e la valutazione e di migliorare la qualità dei risultati scolastici degli studenti. Nello stesso tempo, però, si mettono i docenti in guardia in caso di applicazioni inadeguate, che determinano gravi rischi per gli alunni e anche per gli insegnanti. Per questo, si sottolinea negli Orientamenti,

gli educatori devono dare prova di consapevolezza e verificare se i sistemi di IA che utilizzano sono affidabili, equi e sicuri; devono inoltre garantire che la gestione dei dati relativi all’istruzione sia sicura, protegga la riservatezza delle singole persone e sia utilizzata per il bene comune. L’espressione “intelligenza artificiale etica” indica uno sviluppo, una diffusione e un utilizzo dell’intelligenza artificiale tali da assicurare il rispetto di norme e principi etici e dei valori fondamentali connessi.

Tutte queste azioni intendono dare risposta ai bisogni educativi della cosiddetta «Generazione Alpha», che segue la «Generazione Z». I nati tra il 2010 e il 2025 appartengono per l’appunto alla prima lettera dell’alfabeto greco e sono venuti alla luce in un mondo completamente digitale, nel quale iPad e Instagram hanno fatto la loro dirompente comparsa.

Il 13 marzo 2024, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale.
Dopo un lungo iter legislativo, oggi il Regolamento è legge e tutte le aziende dovranno adeguarsi alle nuove norme dell’Unione, che, come tutti i regolamenti, sono self executive e dunque non richiedono alcuna legge di recepimento, entrando direttamente nel corpo legislativo nazionale di ciascun Stato membro.
Con il voto del 13 marzo 2024, l’Unione europea è la prima al mondo a regolamentare la rivoluzione dirompente dell’intelligenza artificiale, diventando apripista e pioniera nella tecnologia che oggi promette di cambiare per sempre la vita di tutti noi.

Questo Regolamento mira a promuovere lo sviluppo e l’adozione di sistemi di IA sicuri e affidabili nel mercato dell’UE da parte di soggetti sia pubblici che privati. Allo stesso tempo, intende garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini dell’UE.