John Dewey, nel volume “L’educazione oggi” afferma che “il solo ambiente in cui ogni individuo può davvero svilupparsi normalmente fino alla pienezza della sua persona è costituito da una società di liberi individui, nella quale tutti contribuiscono con il loro lavoro alla liberazione ed all’arricchimento della vita degli altri”.
Lo stesso autore in “Democrazia ed educazione” afferma che “La concezione della mente come possesso puramente isolato dell’io è agli antipodi della verità. L’io acquista la mente nella misura in cui la conoscenza delle cose è incarnata nella vita che lo circonda; l’io non è una mente separata che costituisca la conoscenza ex-novo per proprio conto”.
Individuo e società non sono separati, sono anzi in continuità e la cittadinanza è un’appartenenza che è necessario conquistare e tale conquista è compito – anche –dell’educazione. Essere cittadini significa avere il dovere e il diritto di partecipare alla vita pubblica, ossia al bene comune.
L’educazione alla cittadinanza richiede perciò di insegnare e praticare la partecipazione. Quando il bambino entra nella scuola non è solo ‘apprendista’ (disponibile cioè ad apprendere) ma è anche, in specifico, apprendista di comunità. Non solo è lì per imparare, ma anche per imparare a stare con gli altri, a riconoscerli, a condividere spazi e tempi, ad accettare regole comuni. È il primo passo per comprendere la necessità della solidarietà umana.
La scuola dell’infanzia rappresenta, in questo senso, una interessante palestra di esercizio insieme della libertà e della democrazia attraverso, anche, il lavoro di gruppo. In relazione al bambino, i primi passi nella direzione della conquista di quella che in futuro sarà una cittadinanza consapevole sono rappresentati dallo sviluppo dell’empatia.
Le emozioni, di cui anche l’empatia fa parte, possono essere definite come stati della persona in relazione all’ambiente esterno. Più precisamente si possono intendere come una valutazione dell’ambiente esterno in rapporto a propri scopi. La loro caratteristica specifica è di costituire una interazione fra il sé e il mondo esterno; è un modo di interpretare il contesto che ci circonda e di attivare con esso forme di interazione e di scambio richiedendo un adattamento fra il sé e l’ambiente. Le emozioni sono insieme un processo interiore e un sistema complesso; inoltre una loro classificazione non costituirebbe un’operazione semplice.
Vi sono emozioni comunemente considerate socialmente ‘positive’ (come la gioia, l’amore, la compassione) ed altre ‘negative’ (come la rabbia, la vergogna, il rancore). Vi sono inoltre emozioni personali ed emozioni sociali: l’amore per l’arte ad esempio riguarda il secondo caso, mentre la passione per la politica fa riferimento al secondo. Non sempre tuttavia le cose sono così chiare: l’amore per la musica può essere personale (mi ascolto un cd in silenzio) oppure corale (partecipo ad un concerto, insieme agli altri fans, del mio cantautore preferito).
Che fare, in riferimento alla scuola dell’infanzia?
L’empatia ha a che fare con la vita stessa dell’uomo, e quindi anche dei bambini: l’inserimento, l’integrazione con i compagni, l’affetto per i propri cari, il gioco, ecc. costituiscono momenti nei quali essa gioca un ruolo importante. Più precisamente attraverso di essa i bambini divengono via via in grado di attribuire un valore a tali situazioni.
L’empatia come giudizio di valore nasce dal confronto fra il primitivo senso di onnipotenza che accompagna ogni bambino alla nascita e la successiva (non sempre accettata con facilità) scoperta delle proprie capacità e nello stesso tempo anche dei limiti.
Si tratta della scoperta di non riuscire a fare tutte le cose che si vorrebbero fare, il timore di non essere capaci e di non riuscire in un’impresa, o anche l’impossibilità di raggiungere un traguardo prefissato, la paura di perdere qualcosa di importante per sé e così via. La scoperta di non essere onnipotente genera inizialmente frustrazione e rabbia ma produce in seguito l’accettazione del senso del limite e la conseguente necessità di confidare negli altri. Il passo successivo e conseguente è l’insorgere dell’accettazione degli altri, delle prime forme di solidarietà, della partecipazione nel gruppo, delle prime forme di collaborazione, dello sviluppo di un atteggiamento cooperativo e di disponibilità fiduciosa nei confronti del contesto che circonda il bambino. La frustrazione e la rabbia possono così trasformarsi in fiducia e speranza, solidarietà e compassione.
Appare perciò accettabile e giustificato che le emozioni in generale e l’empatia in particolare, siamo poste al centro del progetto educativo, in quanto l’educazione assume un ruolo importante nella misura in cui le affronta nel tentativo di renderle accessibili alla propria consapevolezza: è un modo per consentire ad ognuno di costruire la propria identità. Inoltre, la comunità educativa consente la possibilità di trasferire le emozioni nel sociale trasformandole, adeguandole, condividendole ed attribuendo perciò loro un valore etico. Si pensi ad esempio al desiderio di solidarietà nei confronti degli altri(che significa riconoscere per sé dei confini da non valicare e la necessità dell’aiuto altrui per sopperire ai propri limiti) oppure alla reciproca condivisione (che significa accettazione di regole, adesione a principi comunemente condivisi, al senso di appartenenza ad una comunità, o anche al riconoscimento ed al rispetto delle differenze e così via).
L’accettazione di forme sempre più ampie di comunità ed il riconoscimento della necessità della reciprocità porta ognuno a sviluppare un’indipendenza che si basa sulla dipendenza reciproca di chi è consapevole dei propri bisogni e limiti e la conseguente necessità di confidare positivamente negli altri.