In Italia, un terzo degli assistenti sociali si occupa di persone non autosufficienti, però le ricerche da un lato, e il contatto diretto con i professionisti e con gli studenti dei corsi di laurea in servizio sociale dall’altro, ci dicono che gli assistenti sociali non desiderano lavorare nella cosiddetta “area anziani”.
Le ragioni possono essere diverse, ad esempio:
- il lavoro con le persone anziane viene ritenuto più semplice di quello, ad esempio, di chi si occupa di tutela minori, che, nell’immaginario collettivo, richiama un’idea di maggiore complessità, sia in tema di assessment che di progettazione;
- il lavoro con le persone anziane viene ritenuto finalizzato essenzialmente all’erogazione di prestazioni standardizzate e quindi routinario, meno stimolante, burocratizzato;
- il lavoro sociale con le persone anziane richiede una stretta connessione con l’ambito sanitario, quindi sembra che le competenze sociali debbano necessariamente essere “subordinate” alle indicazioni dei sanitari;
- il lavoro sociale con le persone anziane richiede un costante contatto con temi che la nostra società tende ad emarginare, come la malattia, la dipendenza dagli altri, la morte.
Il social work con le persone anziane: indicazioni dalle ricerche
Alcune recenti ricerche hanno approfondito le funzioni e i compiti degli assistenti sociali che si occupano di persone anziane. È emerso un quadro molto differente rispetto agli stereotipi correnti, a conferma del fatto che il lavoro sociale si muove sempre all’interno di percorsi eterogenei e richiede alte competenze e professionalità.
Sintetizzando, si può affermare che l’assistente sociale che si occupa di persone anziane fragili è chiamato, fra l’altro, a:
- lavorare in contesti complessi, con situazioni multiproblematiche, in cui le condizioni cliniche e le patologie spesso si affiancano a problematiche di natura sociale, prima fra tutte la solitudine;
- trovare un difficile equilibrio tra il dovere, previsto dal Codice Deontologico, di rispettare l’autodeterminazione delle persone e il dovere, umano ancor prima che professionale, di agire per proteggere le persone deboli, anche in maniera coercitiva;
- garantire l’accesso alle prestazioni assistenziali previste dai sistemi di welfare e, al contempo, accompagnare le persone e le famiglie nella costruzione di una progettazione individualizzata e “tagliata su misura” per ciascuna situazione;
- costruire percorsi condivisi con le persone, le famiglie e gli altri servizi, fra tutti l’ospedale, i medici di medicina generale, i servizi territoriali e quelli specialistici;
- individuare e valorizzare l’apporto che proviene dalla comunità territoriale e dalle reti informali, ad esempio amici, vicini di casa, volontari, associazioni, che possono collaborare alla progettazione individuale e alla pianificazione di interventi e servizi;
- agire come gatekeeper per favorire l’accesso alle prestazioni assistenziali secondo i regolamenti e le disposizioni degli enti in cui lavora, ma anche essere disposto a ricoprire una funzione di advocate, cioè di portavoce delle istanze delle famiglie nei confronti degli enti e delle istituzioni.
In generale, l’assistente sociale che si occupa di persone anziane costruisce una progettazione in cui assembla le risorse istituzionali, le risorse delle persone e delle famiglie e le risorse della comunità, ma non lo fa ponendosi all’esterno, si sente invece parte di questi percorsi.
In tal senso, spesso assume una funzione di guida relazionale: non è tanto un coordinatore che prende decisioni e neppure un case manager che mette insieme le differenti prestazioni, è piuttosto un punto di riferimento per tutti gli attori coinvolti, che vengono accompagnati nel costruire assieme dei percorsi realmente condivisi.
Alcuni consigli di lettura
Il Social Work con le persone non autosufficienti. Una ricerca qualitativa sui “casi andati bene”
Il volume presenta gli esiti di una ricerca sulle pratiche professionali degli assistenti sociali, a partire dal racconto di alcune situazioni che sono state giudicate dagli stessi professionisti dei “casi di successo”. La ricerca presenta una narrazione corale, in cui le voci degli assistenti sociali, delle persone anziane, dei loro familiari e dei diversi collaboratori, si intrecciano in un dialogo su ciò che ha reso efficaci i percorsi di aiuto.
Il classico testo di Tom Kitwood costituisce una pietra miliare per gli operatori che si occupano di persone con decadimento cognitivo e/o demenza. L’autore fornisce una chiave di lettura che pone al centro la Persona e, alla luce di questo paradigma, invita a rivedere e ricostruire tutto il sistema di assistenza.
Conoscere le prime fasi della demenza. Una ricerca partecipativa con anziani e caregiver
Il testo presenta un’interessante ricerca, che ha coinvolto, con un approccio partecipativo, persone anziane e caregiver nell’esplorare i vissuti che sorgono nelle prime fasi di decadimento cognitivo. Il coinvolgimento dei diretti interessati nella progettazione e nella realizzazione della ricerca rende ancora più preziosi i risultati ottenuti e le conseguenti indicazioni operative.