I Dialoghi sul Futuro

Una pratica di origine finlandese supporta i professionisti dell’aiuto in situazioni particolarmente complesse. Come? Da un’intervista in prospettiva futura si definiscono progetti concreti da attuare subito. Per stare meglio.

I Dialoghi sul Futuro

I Dialoghi sul futuro sono una pratica dialogica nata negli anni Ottanta in Finlandia che supporta i professionisti dell’aiuto nella pianificazione di progetti in situazioni di crescente preoccupazione e complessità.

In questi contesti, particolarmente delicati e intricati, il dialogo tra le persone coinvolte non può darsi per scontato e la dialogicità può essere messa duramente alla prova. In queste situazioni, può quindi essere funzionale avvalersi di metodiche in grado di promuovere e sostenere il dialogo e il confronto per cercare di superare le difficoltà.

Ecco, quindi, che entrano in gioco i Dialoghi sul futuro, una metodica utile alla costruzione in ottica relazionale e collaborativa di progetti di aiuto con famiglie, gruppi e comunità. I Dialoghi sul futuro hanno una struttura predefinita, che prevede un’intervista da una prospettiva futura e la definizione di un progetto concreto nel presente.

L’idea di fondo è che le persone coinvolte in una situazione fonte di preoccupazione, siano esse professionisti o diretti interessati, si incontrino non tanto per discutere dei problemi ma per immaginarsi in un futuro migliore, in cui le preoccupazioni siano svanite, e “ricordarsi” ciò che ciascun partecipante ha fatto per arrivare a questo sviluppo positivo.

Come si svolge il Dialogo

La metodica dei Dialoghi anticipatori (altro nome con il quale vengono chiamati di Dialoghi sul futuro) prevede la presenza di due operatori esterni, indipendenti dalla situazione, che svolgono una funzione di facilitazione. I facilitatori sono chiamati a organizzare concretamente la sessione di dialogo, accompagnare le persone a capire chi invitare all’incontro e facilitare la comunicazione e i ragionamenti condivisi a partire dai diversi punti di vista, dando feedback e utilizzando la tecnica della riformulazione. Questo per dire che i facilitatori non sono tenuti a dare consigli e a partecipare attivamente al processo che prende avvio durante la sessione, ma accompagnano i partecipanti a prendere delle decisioni condivise e facilitano in maniera strutturata il dialogo, seguendo gli step previsti dalla metodica. Durante la sessione di dialogo, un facilitatore pone ai partecipanti delle domande specifiche, mentre l’altro tiene traccia di tutto ciò che viene detto, trascrivendolo e facendo in modo che quanto scritto sia visibile a tutti.

Le due regole principali per il buon andamento della sessione dialogica

  1. Ciascun partecipante parla dal suo unico e personale punto di vista: alle persone che prendono parte all’incontro viene chiesto di parlare in prima persona delle proprie preoccupazioni e di ciò che si sentono di poter fare per migliorare la situazione;
  2. Il parlare e l’ascoltare avvengono strutturalmente in momenti separati, affinché ciascuno dei presenti venga ascoltato e al tempo stesso stimolato ad avere ricchi dialoghi interiori. Nel concreto, ciò significa che i partecipanti devono astenersi dal fare commenti mentre gli altri partecipanti parlano.

A tal proposito, un altro importante compito dei facilitatori consiste nel garantire che le regole vengano rispettate da tutti i partecipanti alla sessione. 

Avvio della sessione dialogica

L’incontro si apre con la condivisione delle preoccupazioni da parte della persona che ha richiesto questo momento. In apertura è opportuno mettere a fuoco chiaramente le ragioni e i timori che hanno motivato l’incontro e ringraziare le persone che hanno scelto di parteciparvi, dimostrando motivazione e interesse alle preoccupazioni altrui. È importante tenere in considerazione che le persone coinvolte vengono invitate — e non convocate — a partecipare, scegliendo così liberamente di portare il proprio contributo.

La tecnica prevede poi la definizione dell’arco di tempo in cui si può prospettare un cambiamento in meglio, verso una situazione «meno preoccupante». I partecipanti decidono assieme il prossimo futuro positivo (due mesi, sei mesi, un anno e così via), in cui ci si immagina che la situazione sia decisamente migliorata.

Domande in ottica futura

Il facilitatore, partendo dai diretti interessati, pone loro le seguenti domande:

  • Come sono le cose per te, ora che vanno bene? 
  • Che cosa hai fatto, chi ti ha aiutato e come sei arrivato a questo sviluppo positivo?
  • Quali erano le tue preoccupazioni (“allora”) e che cosa le ha fatte diminuire?

In seconda battuta, vengono intervistati, sempre da una prospettiva futura, i professionisti. A differenza dei diretti interessati, agli operatori vengono posti solo gli ultimi due quesiti, a prova del fatto che le condizioni di maggior benessere vengono definite e decise dai diretti interessati.

Quanto detto dalle persone «intervistate» viene trascritto e rappresenterà la base da cui partire per la costruzione del piano di intervento. In questa prima fase, le preoccupazioni e le difficoltà vengono analizzate e narrate da una prospettiva futura, come se le persone si trovassero già in un futuro migliore rispetto alla situazione attuale. Ciò che viene chiesto ai partecipanti è di «ricordare» ciò che ciascuno di loro concretamente ha fatto per cambiare le cose e arrivare così in quel futuro migliore.

Un programma subito attuabile

La seconda fase dell’incontro è dedicata alla scrittura a più mani di un programma concreto e condiviso, a partire da quanto i partecipanti hanno detto durante le interviste individuali. È importante che il piano venga strutturato nella formula «chi farà cosa e con chi» nel prossimo futuro, affinché vengano scritti chiaramente tempistiche, azioni e impegni da mettere in pratica da subito.

Il futuro positivo nei Dialoghi sul futuro non dovrebbe essere qualcosa di magico o eccezionale, che succede senza che le persone facciano concretamente qualcosa affinché accada. Al contrario, la prospettiva futura dovrebbe essere realistica, possibile, per certi versi «terrena». Solo così sarà possibile costruire un programma che stabilisca chiaramente «chi farà cosa e con chi» nel prossimo futuro. Tanto più le azioni saranno concrete e realistiche, quanto più plausibile e fattibile sarà il programma da attuare.

Una pratica relazionale e partecipativa

I Dialoghi sul futuro sono una metodica   che concretamente contrasta i paradigmi della costruzione dei progetti di aiuto centrati sugli esperti e si focalizza sui punti di forza e le risorse delle persone, piuttosto che sui loro deficit e mancanze. I Dialoghi sul futuro riconoscono e valorizzano il sapere esperienziale delle persone che stanno attraversando un periodo di difficoltà e promuovono la partecipazione dei diretti interessati alla costruzione e alla realizzazione del proprio percorso di aiuto. L’intervento degli operatori dinnanzi a un problema di vita, infatti, non può essere disgiunto dal sapere soggettivo delle persone coinvolte, dalla loro motivazione e dalla loro idea di cosa sia bene fare per fuoriuscire dalla situazione di difficoltà.