Nina si alza. Prima domanda che si pone: «È mattino o sera?». Poi si dirige verso la porta. Purtroppo calcola male la sua traiettoria. SBANG! Sbatte contro lo stipite della porta. Va in bagno: tutta un’avventura! Ci si deve sedere al posto giusto, prendere la carta igienica, strapparne un pezzo, pulirsi e infine tirare l’acqua. Ora, la colazione. Prima prova: versare il latte nella tazza senza rovesciarlo. Poi, mettere il cacao nel latte senza spargerlo dovunque. Infine, preparare i toast. Poi bisogna bere e mangiare senza rovesciare la tazza con una gomitata e ricordarsi di tenere la bocca chiusa mentre si mastica. Ora ad attendere Nina c’è la sfida del vestirsi...
Che sta succedendo a Nina? Perché i movimenti e le attività che gli altri bambini fanno senza difficoltà a lei costano tanta energia? Nina è semplicemente disprassica. Soffre di un problema di coordinazione motoria che la obbliga a controllare intenzionalmente alcuni dei suoi gesti motori.
Che cos'è la disprassia?
La disprassia è un’alterazione dello sviluppo degli apprendimenti gestuali. I gesti sono un insieme di movimenti, coordinati nel tempo e nello spazio con l’obiettivo di realizzare un’azione finalizzata. Si parla di disprassia quando questa serie di movimenti non si verifica in maniera sincronica e/o si verifica in maniera deficitaria, anormale, inefficace e — in assenza di un deficit mentale e/o di turbe psichiche e di un disturbo neuromotorio, neurosensoriale, neuromuscolare — dopo che il bambino è stato sottoposto a una normale attività formativa.
Classificata come disturbo evolutivo della coordinazione motoria (DCD), per la diagnosi della disprassia sono indicati tre criteri:
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presenza di una marcata difficoltà o di un ritardo nello sviluppo della coordinazione motoria; le performance risultano inferiori rispetto a un bambino normale di pari età mentale e cronologica;
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difficoltà di coordinazione non dovute a condizioni patologiche mediche, quali paralisi cerebrali infantili, distrofia muscolare o altro; se il ritardo di sviluppo cognitivo è presente, le difficoltà motorie devono essere di gran lunga preponderanti rispetto ad altre generalmente associate;
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questedifficoltà interferiscono con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita quotidiana.
Questo disturbo può manifestarsi tramite un ritardo nel raggiungimento delle tappe di sviluppo motorio (passaggio alla posizione seduta, gattonamento, deambulazione), goffaggine nei movimenti, scarse capacità sportive o disgrafia.
Perché si possa porre la diagnosi, occorre che queste prestazioni inadeguate interferiscano in maniera significativa con i risultati scolastici o le attività della vita quotidiana.
Non deve esserci una patologia organica associata, come paralisi motoria, emiplegia o distrofia muscolare. In caso di ritardo mentale, le difficoltà motorie devono essere più significative di quelle che sono abitualmente associate a una disabilità intellettiva dello stesso grado. L’elemento essenziale da tenere presente di questa definizione è che la disprassia è prima di tutto un disturbo della coordinazione motoria. Sono quindi le difficoltà che il bambino incontra nelle attività che richiedono coordinazione motoria, e non il quoziente intellettivo, a permettere di porre tale diagnosi.