Gli alunni con disturbi specifici di apprendimento

Gli alunni con disturbi specifici di apprendimento

1. Gli alunni con DSA

In Italia il problema degli alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA) è stato a lungo sottovalutato; anche in ambito specialistico il problema non era particolarmente conosciuto. Di conseguenza, la vita dei genitori che avevano figli dislessici e/o discalculici si trasformava in un vero e proprio inferno.

Una prima soluzione degli ostacoli che incontravano gli alunni nell’imparare a leggere e a scrivere ebbe una particolare risonanza su impulso di Giacomo Stella, il quale nel 1997 fondò a Bologna l’Associazione Italiana Dislessia (AID). Da quel momento, alcuni servizi specialistici delle ASL, Università e Istituti di ricerca avviarono progetti pioneristici di formazione con scuole ed enti locali particolarmente sensibili al problema.

Da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, le istanze dell’AID e di singole famiglie furono finalmente recepite nel 2004. Diversamente dalla storia che ha interessato gli alunni con disabilità, non fu una legge del Parlamento a occuparsi degli alunni con DSA, ma un semplice atto amministrativo da parte del Ministero. Il Miur, con la nota 5 ottobre 2004, n. 4099, Iniziative relative alla dislessia, affrontò il problema sottolineando che «la dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento che riguarda il leggere e lo scrivere e che può verificarsi in persone per altri aspetti normali. Tali soggetti non presentano, quindi, handicaps di carattere neurologico o sensoriale o comunque derivanti da condizioni di svantaggio sociale».

Come si evince dalle affermazioni sopra riportate, emerge una conoscenza molto approssimativa del problema: il disturbo viene addirittura associato a condizioni di svantaggio sociale!

In ogni caso, nella nota si suggerisce agli insegnanti l’utilizzo di strumenti compensativi e di misure dispensative, i quali rappresentano ancora oggi i dispositivi che vengono più frequentemente impiegati.

La data però che segna una svolta radicale nella storia degli alunni con DSA è il 2010. Infatti, il 18 ottobre 2010 il Parlamento italiano approva la legge 170, Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. Nell’art. 1 della legge vengono definiti quattro disturbi specifici: dislessia, discalculia, disortografia, disgrafia. Nell’articolo 1 della legge essi vengono così definiti:

  • dislessia: un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura;
  • disgrafia: un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica;
  • disortografia: un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica;
  • discalculia: un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri. 6. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia possono sussistere separatamente o insieme.
    I disturbi di cui sopra possono sussistere anche simultaneamente con altri deficit. La questione della comorbilità nei e tra i disturbi specifici dell’apprendimento solleva non pochi interrogativi sia a livello clinico che diagnostico.

Nell’art. 5, si afferma la relazione tra il principio della personalizzazione e quello dell’individualizzazione (si veda la tabella 1), sottolineando l’importanza dell’utilizzo di “strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché di misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere”.

Tabella 1

Interdipendenza tra individualizzazione e personalizzazione

Individualizzazione (promozione dell’uguaglianza) Personalizzazione (valorizzazione della diversità)

Persegue obiettivi essenziali che tutti gli alunni devono conseguire:

l’insegnante assicura loro l’acquisizione di conoscenze e competenze ritenute irrinunciabili. Per conseguire tale finalità, gli insegnanti adottano un ricco repertorio di metodologie didattiche (lezione frontale, lavoro di gruppo, di coppia, peer tutoring, uso delle TIC, software, ecc.), in modo da assicurare le migliori condizioni per imparare.

Promuove percorsi differenziati a partire dalle caratteristiche degli studenti:

l’insegnante sostiene l’apprendimento tramite strategie e strumenti, volti a favorire l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze rivolte al singolo alunno, valorizzando gli stili e le attitudini della singola persona. L’obiettivo è quello di rimuovere ostacoli e difficoltà, sviluppando il “massimo individualmente possibile” di ciascun studente.

 

Il Miur il 12 luglio 2011 ha emanato il decreto ministeriale n. 5669 con allegate le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento. In questo provvedimento vengono resi applicativi i principi fondamentali della legge 170/2010, in particolare si ribadisce l’importanza dell’impiego di strumenti compensativi e di misure dispensative.

Gli strumenti compensativi più utilizzati sono la sintesi vocale, la registrazione di una prova in formati “mp3”, i programmi di video - scrittura con correttore ortografico e strumenti tecnologicamente meno evoluti (calcolatrice, tabelle, formulari, mappe concettuali, schemi, ecc.).

Le misure dispensative consentono allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere ad alta voce a un alunno con dislessia un brano lungo, anche per le implicazioni psicologiche che questa richiesta può avere sullo studente stesso nei confronti dei compagni. Risulta opportuno, invece, consentire all’alunno con DSA di usufruire di maggior tempo per lo svolgimento di una prova o svolgerla su un contenuto ridotto (una quota del 30% in più appare un ragionevole tempo aggiuntivo).

2. La diagnosi clinica

I bambini che devono convivere con un disturbo specifico di apprendimento non sono malati, in quanto i DSA non soffrono di un danno organico. La loro condizione è dovuta principalmente a un diverso neuro - funzionamento del cervello, che risulta di ostacolo a specifiche attività (lettura, scrittura, calcolo). Si tratta di una caratteristica che accompagna l’individuo per tutta la vita, anche se si modifica nel corso dell’età evolutiva. Pur non essendoci soluzioni di natura terapeutica, con una buona attività di potenziamento e di riabilitazione, la situazione dei bambini con DSA è destinata a migliorare notevolmente.

Per far fronte agli aspetti diagnostici dei DSA, nel 2007 varie associazioni (pediatri, optometristi, psicopatologi dell’apprendimento ecc.), società scientifiche (psicologi, pediatri, neuropsichiatri infantili ecc.) e l’Associazione italiana dislessia (AID) hanno partecipato alla Consensus Conference, tenutasi a Montecatini. Nel corso dei lavori di quella conferenza sono stati messi a punto gli strumenti per la diagnosi clinica della condizione di disturbo specifico di apprendimento.

La caratteristica dei soggetti con DSA è la specificità, cioè un disturbo che interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo. Il criterio per stabilire la diagnosi di DSA è quello della “discrepanza” tra l’abilità nel dominio specifico (lettura, scrittura, calcolo) e l’intelligenza generale.

Nel periodo 2011-2012 a Bologna vengono elaborate le Raccomandazioni cliniche sui DSA, che aggiornano la precedente Consensus Conference. Si conferma che “non appare opportuno anticipare la diagnosi prima della fine della seconda classe della scuola primaria”. Così la diagnosi di DSA può essere formulata con certezza solo dopo la fine del secondo anno (dislessia e disortografia) e del terzo anno (disgrafia e discalculia) della scuola primaria. Tuttavia alcuni indicatori precoci possono essere individuati già dai 4 o 5 anni del bambino, mentre è possibile riscontrare segnali più attendibili durante il primo e il secondo anno della scuola primaria.

Nel Panel di aggiornamento e revisione della Consensus Conference (PARCC) di Bologna si evidenzia in particolare la distinzione tra “caratteristica” e “disturbo” per designare le difficoltà di apprendimento.

L’espressione caratteristica richiama nell’individuo, nella famiglia e nella comunità una rappresentazione non stigmatizzante della condizione vissuta dalla persona con DSA.

Il termine disturbo, invece, è un “marcatore” più evidente, in quanto riconducibile ai sistemi di classificazione internazionali, (DSM V e ICD-11) per la condivisione dei criteri diagnostico-clinici da parte della comunità scientifica.

Come già sottolineato, i DSA sono disturbi del neurosviluppoche riguardanola capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente e che si manifestano, in modo anche lieve, con l'inizio della scolarizzazione. Essi dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neurali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo. Non sono causati né da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici né da deficit sensoriali.

Segni premonitori di tali disturbi si possono manifestare anche prima dell’inizio della scuola primaria. Ad esempio, indicatori di rischio nella scuola dell’infanzia sono riconducibili a difficoltà: 

  • comunicative linguistiche: pronuncia corretta delle parole, strutturazione corretta della frase, conoscenza e utilizzo delle parole;
  • motorio-prassiche: capacità di disegnare, rappresentazione di figure geometriche, manualità fine e globale;
  • nella discriminazione uditiva: individuare i suoni delle parole, sillabare.
  • Visuo-spaziali: corretta organizzazione di giochi di costruzione (puzzle, mattoncini) e di percorrere i labirinti.

A questo proposito, la legge 170/2010, all’art. 3, comma 3, sottolinea che «è compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei a individuare i casi sospetti di DSA».

Nel primo anno della scuola primaria, gli indicatori di rischio risultano più evidenti. Nella lettura, ad esempio, il bambino incontra difficoltà nella decifrazione delle singole lettere, nella fusione delle lettere in sillabe, nella corretta lettura delle parole. Nella lingua scritta l’alunno manifesta scarsa autonomia nella trasformazione dei fonemi in grafemi, nella scrittura delle parole (sostituzioni, elisioni di lettere, ecc.).

Relativamente all’uso dei numeri, l’allievo commette errori nel contare da 0 a 20, manifesta difficoltà nel calcolo a mente entro il 10 ed errori nel passaggio dalla pronuncia alla rappresentazione dei numeri.

In alcuni bambini o ragazzi con un DSA si possono manifestare difficoltà di coordinazione, di motricità fine, di organizzazione delle attività e delle sequenze temporali, associate anche a disturbi dell’attenzione.

La comorbilità, a cui è stato fatto cenno nel paragrafo precedente, interessa soprattutto il disturbo di lettura che può essere associato ad altre situazioni disfunzionali, quali deficit della percezione visiva, disturbi dell’attenzione, del linguaggio, iperattività, problematiche legate alla coordinazione oculo-manuale, allo sviluppo motorio, ecc. Nei casi più gravi, il soggetto può manifestare disturbi d’ansia, fobie scolari e vere e proprie forme di depressione.

A oggi la diagnosi di DSA e delle varie manifestazioni del disturbo si basa essenzialmente «sulla somministrazione di prove comportamentali standardizzate che, consentendo il confronto della prestazione individuale con quella di un gruppo normativo di riferimento, valutano direttamente le abilità di lettura, scrittura e di calcolo e numero a vari livelli (lettura e scrittura di parole, non parole e brani; calcoli mentali e svolgimento di operazioni scritte)» (Franceschi, 2019).

In ogni caso, si afferma nelle Linee guida allegate al D.M. 5669/2011, che per individuare un alunno potenzialmente “portatore” di un disturbo specifico di apprendimento, non si deve ricorrere necessariamente a strumenti appositi, «ma può bastare, almeno in una prima fase, far riferimento all’osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati dal disturbo: lettura, scrittura, calcolo».

Ad esempio, per ciò che riguarda la scrittura, è possibile fare attenzione alla persistenza di errori ricorrenti. Negli alunni più grandi, è possibile notare l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche e la punteggiatura. Relativamente alla lettura, possono essere indicativi il permanere di una lettura sillabica e la tendenza a leggere la stessa parola in modi diversi.

3. La predisposizione dei protocolli regionali

Per affrontare le problematiche connesse all’incremento delle certificazioni di DSA, successive all’emanazione della legge 170/2010, il 25 luglio 2012 è intervenuto uno specifico Accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni (Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei disturbi specifici di apprendimento). Nell’Accordo si stabilisce che i servizi pubblici e i soggetti accreditati sono tenuti a produrre la diagnosi di DSA in tempo utile per l’attivazione delle misure didattiche e delle modalità di valutazione previste, quindi, di norma non oltre il 31 marzo per gli alunni che frequentano gli ultimi anni di ciascun ciclo scolastico, in ragione degli adempimenti connessi agli esami di Stato; «fa eccezione, si sottolinea, la prima certificazione diagnostica, che è prodotta nel momento della sua formulazione, indipendentemente dal periodo dell’anno in cui ciò avviene».

Qualora i servizi pubblici o gli enti accreditati non siano in grado di garantire in tempo utile il rilascio delle certificazioni, le regioni, per assicurare la necessaria tempestività, possono prevedere l’accreditamento di ulteriori servizi privati, ai sensi della legge 170/2010 (articolo 3, comma 1).

Con D.I. 17 aprile 2013, n. 297 il Miur ha adottato le Linee guida per la predisposizione dei protocolli regionali per le attività di individuazione precoce dei casi sospetti di DSA, in cui si richiama l’articolo 3 della legge 170/2010. La scuola, si afferma in tale documento, ha il compito di svolgere attività di individuazione precoce dei casi sospetti di Disturbo Specifico di Apprendimento, distinguendoli da difficoltà di apprendimento di origine didattica o ambientale, e di darne comunicazione alle famiglie per l'avvio di un percorso diagnostico presso i servizi sanitari competenti. Nel D.I. 297/2013 si afferma che l’iter previsto dalla legge si articola in tre fasi:

  1. individuazione degli alunni che presentano difficoltà significative di lettura, scrittura o calcolo;
  2. attivazione di percorsi didattici mirati al recupero di tali difficoltà;
  3. segnalazione dei soggetti "resistenti" all'intervento didattico. In questo modo si evita di segnalare come DSA quell'ampia popolazione di alunni che presentano difficoltà di apprendimento non legate ad un disturbo. Mentre le difficoltà di apprendimento possono essere superate, il disturbo, avendo una base costituzionale, resiste ai trattamenti messi in atto dall'insegnante e persiste nel tempo, pur potendo presentare notevoli cambiamenti.

L’alunno con DSA può essere riconosciuto tale solo quando entra nella scuola primaria, quando cioè viene esposto a un insegnamento sistematico della scrittura e del calcolo. Nelle Linee guida sopra richiamate, si ribadisce il principio che una diagnosi certa può essere redatta solo al termine del secondo della scuola primaria per dislessia e disortografia e del terzo anno per discalculia e disgrafia. Nel quadro poi delle azioni finalizzate alla realizzazione di attività di individuazione precoce, si afferma che «i protocolli regionali definiscono, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni coinvolte, le modalità di collaborazione tra gli Uffici Scolastici Regionali, le Istituzioni Scolastiche, le Regioni e gli enti del Servizio Sanitario Regionale per le attività di individuazione precoce dei casi sospetti di DSA».

Nei protocolli di intesa tra gli enti sopra richiamati dovranno essere definiti:

  1. il ruolo e le competenze delle diverse istituzioni e professionalità coinvolte nelle attività di formazione e nella realizzazione del progetto (individuazione precoce e interventi di potenziamento);
  2. le modalità e i tempi dell'attività di rilevazione, con l'eventuale indicazione di procedure e/o strumenti riconosciuti efficaci;
  3. le forme di collaborazione tra le scuole e i servizi sanitari, comprese le modalità di comunicazione (in caso di avvio di un percorso diagnostico) dei dati rilevati nel corso delle attività di individuazione precoce.

4. Il Piano didattico personalizzato

Nell’articolo 5 del decreto ministeriale n. 5669/2011 si afferma che, nel quadro degli interventi didattici individualizzati e personalizzati, «la scuola garantisce ed esplicita, nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate».

Nelle Linee guida allegate al DM 5669/2011, viene data molta importanza alla documentazione didattica che i docenti devono assicurare per un’efficace inclusione degli alunni con DSA. In particolare, si sottolinea che «le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, nonché gli strumenti compensativi e le misure dispensative dovranno essere dalle istituzioni scolastiche esplicitate e formalizzate, al fine di assicurare uno strumento utile alla continuità didattica e alla condivisione con la famiglia delle iniziative intraprese».

A questo riguardo, la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico, un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo:

  1. Dati anagrafici
  2. Tipologia del disturbo
  3. Attività didattiche individualizzate
  4. Attività didattiche personalizzate
  5. Strumenti compensativi
  6. Misure dispensative
  7. Forme di verifica e valutazione personalizzata

Nella predisposizione della documentazione in questione è fondamentale la collaborazione con la famiglia, che può comunicare alla scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici. Sulla base di tale documentazione, nei limiti della normativa vigente, vengono predisposte le modalità delle prove e delle verifiche in corso d’anno o a fine Ciclo. (è possibile consultare alcuni modelli di PDP sulla pagina http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa).

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) è il risultato della convergenza di letture nell’interesse dello studente con DSA; uno strumento di indagine condiviso dai docenti del consiglio di classe, reso operativo grazie alla qualità delle relazioni scuola-famiglia. Lo strumento elaborato dal Consiglio di classe è firmato dai genitori e va puntualmente aggiornato, nel caso intervengano modifiche in relazione alle condizioni personali dell’alunno o del contesto ambientale.

Il PDP deve individuare le modalità e le forme più efficaci per assicurare le condizioni affinché tutti gli alunni che presentano una compromissione significativa dell’acquisizione delle abilità strumentali di lettura, scrittura e del numero-calcolo possano apprendere senza incontrare ostacoli facilmente eliminabili.

5. Gli strumenti compensativi e le misure dispensative

Come sottolineato nel paragrafo precedente, il decreto ministeriale n. 5669 del 2011 stabilisce che la scuola deve garantire efficaci interventi per gli alunni con DSA attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato (PDP), che deve essere predisposto, nelle forme ritenute più idonee dai docenti contitolari della classe nella scuola primaria e dal consiglio di classe nella scuola secondaria di primo e di secondo grado.

Il piano didattico personalizzato è lo strumento grazie al quale si definiscono e realizzano gli interventi didattici ed educativi a supporto e a vantaggio dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze con disturbo specifico di apprendimento.

Uno degli aspetti a cui i docenti non possono sottrarsi è l’indicazione nel PDP degli strumenti compensativi e delle misure dispensative, che rappresentano i principali dispositivi atti a garantire un effettivo diritto allo studio agli alunni e agli studenti con DSA.

Gli strumenti compensativi sono:

  • La sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;
  • la registrazione di una prova in formato «mp3», che consente allo studente di ascoltare il testo senza dover ricorrere alla lettura;
  • i programmi di videoscrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori da parte dello studente;
  • altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali calcolatrice, tabelle, formulari, mappe concettuali, schemi ecc.

Gli strumenti compensativi possono essere a bassa tecnologia (caratteri più grandi, diversa spaziatura del testo, linea dei numeri, tavola pitagorica, tabelle e formulari, ecc.) o a tecnologie digitali (sintesi vocale, programmi di videoscrittura, testi in digitale, programmi (editor) di matematica, mappe concettuali, tablet ecc.).

Per quanto concerne le misure dispensative, lo studente con DSA ha bisogno di essere dispensato dall’esecuzione delle prestazioni per lui più difficili, oppure chiamato ad eseguirle con materiale ridotto, con particolari soluzioni grafiche, con più tempo a disposizione.

Le misure dispensative sono:

Interventi che consentono allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento.

Per esempio, non è utile far leggere un lungo brano a un alunno con dislessia, in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura.

Consentire allo studente con DSA di usufruire di maggior tempo per lo svolgimento di una prova o di poter svolgere la stessa su un contenuto comunque disciplinarmente significativo, ma ridotto, trova la sua ragion d’essere nel fatto che il disturbo lo impegna per più tempo dei propri compagni nella fase di decodifica degli items della prova.

A tal proposito, gli studi disponibili in materia consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di prestazione dell’allievo, un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. Una quota del 30% in più è un ragionevole tempo aggiuntivo.

Come schematizzato nel paragrafo precedente , le misure dispensative più impiegate richiamano le seguenti azioni:

  • evitare la lettura ad alta voce e l’uso del corsivo o dello stampato minuscolo;
  • non richiedere l’attività di prendere appunti scritti a mano, di copiare dalla lavagna o di scrivere sotto dettatura;
  • sostenere interrogazioni programmate in forma orale o verifiche in formato digitale.

Gli strumenti compensativi e le misure dispensative rappresentano, nella maggior parte dei casi, l’individuazione di strategie e strumenti didattici atti a rimuovere gli ostacoli all’apprendimento causati dal disturbo specifico presente nei processi cognitivi dell’alunno con DSA.

6. Scuola secondaria di secondo grado

I principi contenuti nelle norme sopra richiamate non riguardano solo la scuola primaria, ma anche la secondaria di secondo grado. In particolare, Le linee guida per il diritto allo studio degli studenti disturbi specifici di apprendimento, allegate al Decreto ministeriale del 12 luglio 2011, n. 5669, oltre ai principi generali per tutti gli ordini di scuola, contengono una sezione relativa alla scuola secondaria di primo e di secondo grado, in cui vengono forniti suggerimenti e indicazioni sui seguenti aspetti:

  • disturbo di lettura;
  • disturbo di scrittura;
  • area del calcolo;
  • didattica per le lingue straniere.

Relativamente a questo ultimo punto, nella programmazione didattica i docenti dovranno attribuire maggiore importanza allo sviluppo delle abilità orali rispetto a quelle scritte. «Poiché, si afferma nelle Linee guida, i tempi di lettura dell’alunno con DSA sono più lunghi, è altresì possibile consegnare il testo scritto qualche giorno prima della lezione, in modo che l’allievo possa concentrarsi a casa sulla decodifica superficiale, lavorando invece in classe insieme ai compagni sulla comprensione dei contenuti».

In merito agli strumenti compensativi, con riguardo alla lettura, gli studenti con DSA, sia durante l’anno che nello svolgimento delle prove d’esame «possono usufruire di audio-libri e di sintesi vocale con i programmi associati. La sintesi vocale può essere utilizzata sia in corso d’anno che in sede di esame di Stato. Relativamente alla scrittura, è possibile l’impiego di strumenti compensativi come il computer con correttore automatico e con dizionario digitale».

Per quanto concerne, invece, le misure dispensative, gli studenti con DSA potranno usufruire:

  • di tempi aggiuntivi;
  • di una adeguata riduzione del carico di lavoro;
  • in caso di disturbo grave, è possibile in corso d’anno dispensare l’alunno dalla valutazione nelle prove scritte e, in sede di esame di Stato, prevedere una prova orale sostitutiva di quella scritta.

Le indicazioni fornite nelle Linee guida sono state costantemente riprese nelle norme successive.

Nello specifico, il D.Lgs. n. 62/2017, più volte richiamato, prevede che «le studentesse e gli studenti con disturbo specifico di apprendimento (DSA), certificato ai sensi della legge 8 ottobre 2010, n. 170, sono ammessi a sostenere l’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d’istruzione, sulla base del piano didattico personalizzato (art. 20, comma 9)».

Le annuali ordinanze relative alle modalità di svolgimento dell’esame di Stato del II ciclo d’istruzione confermano quanto indicato nella legge 170/2010 e nell’ultimo decreto legislativo 62/2017.

Ad esempio, nell’O.M. 11 marzo 2019, n. 205 (ultima prima della pandemia), Istruzioni e modalità organizzative e operative per lo svolgimento dell'esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado nelle scuole statali e paritarie - anno scolastico 2018/2019, nell’art. 21, si danno istruzioni dettagliate coerenti con l’impianto normativo esaminato. In particolare si ribadisce che gli studenti con DSA partecipano alle prove d’esame con le modalità indicate nel piano didattico personalizzato (PDP).

Nel paragrafo delle Linee guida, La dimensione relazionale, si evidenzia la necessità di prestare, soprattutto nella fase adolescenziale, molta attenzione ai rischi di bassa autostima che possono ingenerarsi negli studenti con DSA. «La specificità cognitiva degli alunni e degli studenti con DSA, si sottolinea, determina, inoltre, per le conseguenze del disturbo sul piano scolastico, importanti fattori di rischio per quanto concerne la dispersione scolastica dovuta, in questi casi, a ripetute esperienze negative e frustranti durante l’intero iter formativo».

È necessario, pertanto, sottolineare la delicatezza delle problematiche psicologiche che si innestano negli studenti con disturbo specifico di apprendimento.

A questo riguardo, il docente coordinatore di classe, sentita la famiglia interessata, può avviare adeguate iniziative per condividere con i compagni le ragioni dell’applicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative, per evitare la stigmatizzazione da parte degli stessi compagni di classe.

7. Dal DPR 122/2009 al decreto legislativo 62/2017

La legge 170/2010 e le Linee guida del luglio 2011 costituiscono i riferimenti normativi di tutti i provvedimenti successivi, come riaffermato anche nel decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, relativo alla valutazione e alla certificazione delle competenze, attuativo della legge 107/2015.

Prima della 107/2015, il tema degli alunni con DSA è stato affrontato nel DPR 22 giugno 2009, n.122 (Regolamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità operative in materia), in cui all’art. 10 sono state definite le norme relative alla verifica e valutazione degli alunni con DSA. In particolare, si sottolinea che per gli studenti con DSA:

«la valutazione e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, sono adottati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei».

L’utilizzo degli strumenti compensativi e delle misure dispensative non deve essere menzionato nel diploma finale rilasciato al termine degli esami.

Il provvedimento che ha integrato quanto previsto nel DPR n. 122/2009 è il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 62 (Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo di istruzione ed esami di Stato, a norma dell’art. 1, commi 180 e 181 della legge 107/2015).

Nel D.Lgs. 62/2017, la materia riguardante gli alunni con DSA viene affrontata negli artt. 11 (primo ciclo d’istruzione) e 20 (scuola secondaria di secondo grado).

Nell’art. 11 sopra richiamato, si conferma che per gli alunni con DSA, «la valutazione degli apprendimenti, incluse l’ammissione e la partecipazione all’esame finale del primo ciclo di istruzione sono coerenti con il piano didattico personalizzato predisposto nella scuola primaria dai docenti contitolari della classe e nella scuola secondaria di primo grado dal consiglio di classe».

Il medesimo principio viene riportato anche nell’art. 21 riguardante gli studenti con DSA nella scuola secondaria di secondo grado. Dunque, il piano didattico personalizzato costituisce il riferimento di base per una corretta valutazione degli studenti con disturbo specifico di apprendimento. La commissione d’esame, pertanto, deve tenere in debita considerazione gli elementi forniti dal consiglio di classe, in particolare le modalità e le forme di valutazione previste nel PDP.

I temi relativi alla certificazione delle competenze e alla valutazione degli apprendimenti degli alunni con DSA sono oggetto di approfondimento nella voce “Valutazione alunni con DSA” della piattaforma. 

8. Dalla legge 107/2015 alle Linee guida del 2022

La legge 107/2015 ha dato un nuovo impulso all’autonomia scolastica, ponendosi come finalità principale quella di attuare pienamente il modello avviato nel 2000. Nell’art. 1, comma 7, lettera si ipotizza l’incremento dell’organico di istituto che può essere utilizzato anche per il “potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio degli alunni con bisogni educativi speciali”. Spetta, dunque, alla scuola, nella sua discrezionalità decisionale, impiegare parte dell’organico aggiuntivo per supportare gli interventi a favore degli alunni con DSA e con BES.

Sul versante dell’aggiornamento dei criteri diagnostici riguardanti l’individuazione della condizione di DSA, il 10 gennaio 2022 l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato le nuove Linee guida dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Le raccomandazioni cliniche contenute nel documento dell’ISS si riferiscono all’esigenza di aggiornare la Consensus Conference del 2012, successiva alla legge 170/2010.

Nell’arco dell’ultimo decennio le conoscenze scientifiche relative ai DSA si sono ampliate e il gruppo di esperti che ha redatto il nuovo documento ha affrontato ulteriori situazioni, quali il disturbo di comprensione della lettura (introdotto nel 2013 dal manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali-DSM-5), questione rimasta irrisolta nelle precedenti Consensus Conference. Sono state inoltre individuate nuove piste di lavoro relative alla valutazione e diagnosi di DSA negli studenti con cittadinanza non italiana e anche nei giovani adulti che presentano un disturbo specifico di apprendimento. Infine, sono stati definiti criteri e procedure aggiornate per quanto concerne gli alunni disgrafici e discalculici.

Viene ribadita la concettualizzazione dei DSA come disturbi del neurosviluppo caratterizzati da una situazione multifattoriale e non solo da una dimensione genetica e neurobiologica.

Relativamente al disturbo di comprensione della lettura (del testo), le raccomandazioni del gennaio 2022 sottolineano l’importanza di valutare il rapporto delle difficoltà nella comprensione di un testo scritto rispetto a un più generale disturbo del linguaggio. Lo stesso dicasi per la disgrafia per la diagnosi della quale è preferibile integrare i dati ottenuti dai test classici, test carta e matita.

Risulta particolarmente interessante anche la diagnosi di DSA negli studenti stranieri e/o bilingue. Le Linee guida-2022 riconoscono innanzitutto la complessità del fenomeno del bilinguismo:

«La popolazione bilingue è infatti altamente eterogenea (per diversità delle storie linguistiche, culturali…) e ciò rende difficile individuare criteri diagnostici trasversali. A fronte di tali aspetti di complessità, è quindi necessario che nella popolazione bilingue la diagnosi DSA, oltre alla somministrazione delle prove standard, deve prevedere la raccolta di ulteriori informazioni quali la biografia linguistica, la storia dello sviluppo linguistico e della letto-scrittura, il tempo di esposizione ecc.»

Infine, per quanto concerne la diagnosi di DSA in età adulta, nelle Linee guida del gennaio 2022, si afferma che si avverte l’importanza di integrare i dati ottenuti tramite la somministrazione delle prove standard con indici clinici preziosi per sostenere la validità diagnostica (es. storia scolastica, familiarità del disturbo specifico, pregresse valutazioni neuropsicologiche ecc.).