Le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica sostituiscono a partire dall’anno scolastico 2024/2025 quelle precedenti, che risalgono al 2020. Queste ultime, secondo il parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), non richiedevano «particolari revisioni»: quel che si aspettava non era una riscrittura estesa dell’insieme, ma – a partire dalla rilevazione di quanto sperimentato nelle istituzioni scolastiche – un’integrazione dedicata alla definizione dei traguardi di sviluppo delle competenze, degli obiettivi specifici di apprendimento e dei risultati attesi.
Che cosa cambia?
Le nuove Linee guida, invece, modificano e integrano abbondantemente il testo precedente. Si nota innanzitutto che restano i tre assi o «nuclei concettuali» fondamentali riconducibili ai termini chiave “Costituzione”, “sostenibilità” e “cittadinanza digitale”, ma i titoli delle prime due aree tematiche sono cambiati.
Tra le novità che spiccano e che saranno prevedibilmente oggetto di dibattito ci sono
- i reiterati riferimenti al valore della proprietà e dell’iniziativa economica privata;
- il fatto che nella descrizione generale del secondo “nucleo concettuale” (Sviluppo economico e sostenibilità) l’Agenda 2030 sia menzionata soltanto in una nota;
- il riferimento al concetto di “patria”.
Troppi riferimenti al valore della proprietà e iniziativa economica privata.
Per quanto riguarda il primo punto, la sottolineatura dell’«importanza della proprietà privata», che – si legge – in quanto «elemento essenziale della libertà individuale» va «rispettata e incoraggiata», viene fatta rinviando all’art. 42 della Costituzione, dove peraltro si trova qualcosa di più, ossia la precisazione che la legge «ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti». Seguendo il filo tematico all’interno della Costituzione, non è richiamato nelle Linee guida, ma si potrebbe comunque richiamare l’art. 53, secondo cui «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Ciò può essere utile, nella prospettiva dell’educazione alla cittadinanza, per evidenziare il rapporto tra le dimensioni del “privato” e del “pubblico” e la funzione che può e deve giocare, in uno Stato, un sistema tributario equo.
È singolare che in un testo dedicato all’educazione civica l’aggettivo “privato” (in relazione a termini come beni, proprietà, iniziativa economica, patrimonio ecc.) compaia più spesso (21 a 18) dell’aggettivo “pubblico” (in relazione a termini come beni, servizi, luoghi, contesti ecc.). In linea con questa impostazione di fondo, tra gli obiettivi d’apprendimento del secondo nucleo concettuale compare quello di «riconoscere il valore dell’impresa individuale e incoraggiare l’iniziativa economica privata»: si tratta di un’indicazione discutibile nel contesto di un documento dedicato all’educazione civica e, in effetti, il parere del CSPI suggeriva di eliminare tale obiettivo, sottolineando che l’espressione «riconoscere il valore dell’impresa e dell’iniziativa economica privata» non può indicare, come accade nel testo, una competenza, e che la tematica non è pertinente. Ciò detto, si deve rilevare che non mancano indicazioni sull’importanza di «sostenere e supportare» azioni «per l’inclusione e la solidarietà, sia all’interno della scuola, sia nella comunità», con riferimenti espliciti alle «iniziative di volontariato» e ad «azioni di solidarietà sociale e di utilità collettiva».
L'agenda 2030? Dimenticata.
Per quanto riguarda la descrizione generale del secondo nucleo concettuale, mentre nel 2020 le prime parole facevano riferimento all’Agenda 2030, ora troviamo queste: «È importante educare i giovani ai concetti di sviluppo e di crescita». La formulazione è vaga e richiede delle precisazioni, perché non è chiaro cosa significhi educare qualcuno a un concetto: in linea generale, non dovrebbe trattarsi di educare al culto di un concetto (facendone un feticcio), bensì di educare alla comprensione del significato e all’analisi critica di un concetto e al suo corretto utilizzo.
La crescita economica viene poi direttamente correlata al «miglioramento della qualità della vita» e ne viene sottolineata l’importanza «ai fini della lotta alla povertà»: a questo proposito, bisogna però osservare che le correlazioni sono meno lineari e scontate di come le presentano le Linee guida. Non occorre essere sostenitori della prospettiva della decrescita per accorgersi del fatto che i modelli di sviluppo e di crescita, di produzione e consumo dell’ultimo secolo hanno compromesso la buona vivibilità di tante aree del pianeta, ponendo le basi dell’attuale crisi ecologica, e non sono stati in grado di ridurre o eliminare automaticamente né le disuguaglianze né la povertà. Anzi, dove la crescita di alcuni coincide con lo sfruttamento di altri, disuguaglianze, povertà e ingiustizie aumentano.
In un punto il testo precisa che la «crescita economica» dev’essere «rispettosa dell’ambiente». Per affrontare più a fondo la questione è però necessario adottare una prospettiva planetaria sui problemi considerati: in questo può aiutare l’Agenda 2030, che nelle nuove Linee guida rimane sostanzialmente in ombra, in quanto citata soltanto in una nota del testo principale (pur comparendo poi al primo posto nella Documentazione di approfondimento suggerita per il secondo asse, dove troviamo anche l’espressione “cittadinanza globale”). Certo l’Agenda 2030, sottoscritta da 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, è un documento complesso e caratterizzato da una forte carica utopica nelle pagine iniziali, incentrato su obiettivi ambiziosi dei quali è ormai chiaro che non saremo all’altezza entro il termine stabilito: tale documento, però, ha ispirato azioni coerenti con gli obiettivi nei contesti più diversi e innumerevoli attività nelle scuole, ha stimolato e stimola l’esercizio del pensiero sistemico e alimenta la consapevolezza che le grandi sfide della sostenibilità del XXI secolo vanno affrontate a livello globale, pensandosi non soltanto come cittadini di un Paese o di un continente, ma anche come cittadini planetari. Ciò è importante anche per essere più pronti agli obiettivi globali che dovranno stabilire nuove Agende future.
Promuovere il valore della patria, però senza cittadinanza per tutti.
Le nuove Linee guida invitano anche «a formare gli studenti al significato e al valore dell’appartenenza alla comunità nazionale che è comunemente definita Patria» e a fare «conoscere il significato di Patria», termine esplicitamente «richiamato e valorizzato dalla Costituzione» (con riferimento all’art. 52). Si intuisce la volontà di dare una sfumatura patriottica all’educazione civica: c’è però da mettere in conto il fatto che non tutte le studentesse e non tutti gli studenti delle scuole italiane potranno sentire allo stesso modo lo stesso senso di appartenenza, se s’intende patria nel significato etimologico di terra patria, terra dei padri, a cui ci si sente legati per nascita, lingua familiare, cultura, storia o tradizioni.
D’altra parte, il sentimento di appartenenza ad una comunità dipende anche dall’uguaglianza dei diritti tra i suoi membri e, come sappiamo, nelle scuole italiane non tutti hanno la cittadinanza italiana, né possono ottenerla per il fatto di avere concluso un ciclo di istruzione in cui è prevista l’educazione civica italiana. Tenendo conto di questa varietà è auspicabile che, parlando di patria, si sottolinei la bellezza di potersi incontrare, conoscere e rispettare – a scuola e non solo – tra bambine e bambini, tra ragazze e ragazzi che hanno diverse terre dei padri e terre delle madri, poiché la percezione della bellezza di tale opportunità nel rispetto reciproco è un buon antidoto a quei modi d’intendere l’appartenenza alle comunità nazionali che alimentano i nazionalismi.
Tanti temi, ma manca qualcosa di fondamentale.
Le nuove Linee guida individuano moltissimi altri temi da affrontare e direzioni da seguire, sottolineando tra l’altro, fin dall’inizio, l’importanza dell’educazione civica per affrontare «emergenze educative e sociali» come bullismo, cyberbullismo, violenza contro le donne, dipendenza dal digitale, incidentalità stradale ecc.: ne risulta un quadro molto ampio, utile per la varietà degli aspetti considerati, ma anche difficile da percorrere nel suo insieme. I punti infatti sono talmente tanti che è arduo pensare di affrontarli tutti senza correre il rischio di essere in più parti superficiali. Sarà dunque opportuno individuare dei nuclei tematici capaci di aggregare più contenuti che possano, per così dire, illuminarsi a vicenda.
Nonostante l’abbondanza delle direzioni e dei temi proposti, tuttavia, in queste come nelle precedenti Linee guida c’è qualcosa che manca o che non è abbastanza evidenziato, tenendo conto delle sfide cruciali per le democrazie del XXI secolo. Viviamo in un’epoca in cui – per garantire la qualità della democrazia e la sua tenuta alle spinte autocratiche – è necessario che i cittadini siano sempre più capaci non solo di individuare le fake news, ma anche di riconoscere le principali tecniche della propaganda e del marketing elettorale per non subirle passivamente, di porsi sistematicamente il problema del fact-checking (in primis, in relazione alle dichiarazioni di chi fa politica), di essere esigenti nel valutare la coerenza tra promesse e azioni degli eletti e di difendersi con l’esercizio del pensiero critico dalle mosse tipiche della retorica populistica, che iper-semplifica i problemi, confonde intenzionalmente i piani del discorso, deforma deliberatamente le posizioni degli “avversari” per non affrontarle seriamente e prospera sulle dichiarazioni divisive.