Che cos'è l'educativa domiciliare

Di che cosa stiamo parlando e quali sono i principali ambiti di intervento

Che cos'è l'educativa domiciliare

Quando parliamo di educazione o educativa domiciliare o di servizio educativo domiciliare e/o territoriale, ci riferiamo a un approccio al lavoro con le famiglie all’interno del loro ambiente domestico, o comunque nel loro contesto di vita, finalizzato a promuovere un ecosistema positivo per la crescita dei bambini.

Gli interventi di educazione domiciliare possono diversificarsi a seconda dei profili e dei bisogni delle famiglie coinvolte e riguardare aspetti come la gestione del comportamento dei bambini e dei loro percorsi scolastici, la comunicazione in famiglia, il sostegno alle abilità genitoriali, l’accesso ai servizi sociali, sanitari, educativo-scolastici, l’integrazione della famiglia nelle reti sociali formali e informali della comunità locale, ecc.

L’espressione educazione o educativa domiciliare richiama da subito il contesto in cui si svolge prevalentemente l’intervento, che è, in primis, ma non solo, l’abitazione della famiglia. Tale espressione è probabilmente impropria, ma molto diffusa nel Paese, anche se conosce diverse declinazioni e accezioni, quali ad esempio: educativa territoriale, assistenza familiare, assistenza domiciliare educativa, educativa domiciliare e territoriale, educativa familiare, home maker, ecc.

Nel Nomenclatore degli interventi e servizi sociali (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Conferenza della Regioni e delle Province Autonome e CISIS, 2013) l’educativa domiciliare è definita all’interno della categoria F «Interventi e servizi educativo-assistenziali e per il supporto all’inserimento lavorativo», denominata nella categoria F2 come «Sostegno socio-educativo domiciliare», a sua volta descritto come «Interventi di sostegno destinati ai soggetti a rischio di emarginazione e alle relative famiglie, erogati a domicilio per il raggiungimento della massima autonomia personale e sociale. Vi sono comprese persone con disagio mentale».

Inoltre, essa è in parte richiamata all’interno della categoria G «Interventi volti a favorire la permanenza al domicilio», denominata nella categoria G1 come «Assistenza domiciliare socio-assistenziale» e descritta come «Servizio rivolto a persone con ridotta autonomia, o a rischio di emarginazione, che richiedono interventi di cura e di igiene della persona, di aiuto nella gestione della propria abitazione, di sostegno psicologico, di assistenza sociale e/o educativa a domicilio». 

Cosa significa "domiciliare"

Come si può notare, l’espressione educativa domiciliare rimanda a un insieme di interventi molto ampio, con finalità diverse, caratterizzato dal movimento dell’andare verso le persone, recandosi al loro domicilio, garantendo un’«assistenza» sociale e/o educativa a un target riferito a famiglie «con ridotta autonomia o a rischio di emarginazione», portatrici di diversi tipi di bisogno.

Da queste definizioni risulta evidente che l’educatore professionale sia il professionista vocato alla realizzazione di questa pratica.

Ciò non significa che l’educativa domiciliare sia intesa come una professione a sé stante, ma piuttosto che l’educazione nei contesti domiciliari sia una pratica professionale d’elezione per l’educatore professionale socio-pedagogico laureato nel corso di laurea triennale nella classe L-19 (Scienze dell’educazione e della formazione). Nonostante, infatti, gli educatori che si occupano di interventi educativi a domicilio siano la stragrande maggioranza degli educatori, questo non si configura come un motivo sufficiente a giustificare l’introduzione di una denominazione che identifica non la funzione, quanto una professione ad hoc. Molte altre professioni, infatti, svolgono parte del loro lavoro nel domicilio dei diversi beneficiari della loro azione professionale: pensiamo ad assistenti sociali, medici, ostetriche, infermieri, ecc., ma nessuna di queste professioni
ha considerato questa come una ragione per frammentare la professione, identificandone una nuova. Il medico è sempre un medico, al di là della funzione e del contesto in cui la svolge: solo per l’educatore si è pensato di differenziare le figure a seconda dei contesti socio-pedagogico o sanitario (Decreto Ministro della Sanità 08/10/1998, n. 520), con esiti che nel tempo si rivelano via via più problematici.

Per questo, identificare nell’«educatore domiciliare» un professionista altro sembra contribuire all’indebolimento ulteriore della figura, mentre invece, in questo contesto storico-sociale in cui la professione conosce una fase di crisi senza precedenti, l’urgenza è quella di rafforzare il profilo e l’identità dell’educatore professionale socio-pedagogico mediante il rafforzamento teorico e metodologico delle pratiche che costituiscono il core della sua azione professionale (Cadei, Simeone, Serrelli e Abeni, 2022).

L'educativa domiciliare entra nei servizi sociali

A partire dai primi anni Duemila, l’educazione domiciliare si è ulteriormente consolidata come parte integrante del sistema dei servizi sociali in Italia. Sono stati sviluppati approcci più definiti per sostenere le pratiche, con un’enfasi sempre maggiore sulla personalizzazione in base alle esigenze specifiche e alle circostanze che portano ogni famiglia a poter o dover beneficiare di questo tipo di intervento, sulla qualità degli interventi, sul coinvolgimento attivo delle famiglie nel processo decisionale e nell’individuazione delle sfide come nella progettazione delle strategie
per affrontarle.

Nell’attuale momento storico, e soprattutto dopo la pandemia, tempo nel quale gli educatori sono stati pressoché gli unici operatori del sistema dei servizi a mantenere contatti frequenti e regolari con le famiglie, l’educativa domiciliare è forse la pratica più capillarmente diffusa nel sistema dei servizi sociali dedicata ai bambini e alle famiglie.

Nonostante questo, anche a causa della regionalizzazione del sistema di welfare italiano, essa non è regolata da una legge nazionale, anche se esiste un corpus legislativo importante che ne indica chiari punti di riferimento: Legge 285/1997, Legge 328/2000, Legge 184/1983, Legge 149/2001.

 

 

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