È ormai entrata nell’uso l’espressione «Storia delle donne e di genere», calco dagli anglosassoni Women and gender studies. Ma cosa si intende davvero con questa locuzione?
In questa formulazione si possono leggere, in realtà, tre diverse aree o approcci di ricerca che, pur essendo contigui e spesso intrecciati, hanno caratteristiche proprie: storia delle donne, storia in prospettiva di genere e storia dei generi. Proviamo a fare chiarezza.
La prima, anche in ordine di comparsa, è la storia delle donne che ha come obiettivo introdurre nel racconto e nell’interpretazione del passato la metà degli abitanti del pianeta invisibilizzata in una narrazione storiografica che, per secoli, è stata interamente declinata al maschile. Le poche figure femminili presenti rinforzavano, con la propria eccezionalità, la falsa neutralità di questa narrativa, piuttosto che indebolirla. A partire dagli anni Sessanta del Novecento, all’interno di una temperie storiografica in cui si cominciava ad appuntare l’attenzione sulle classi subordinate ed emarginate, e ancora più dal decennio seguente con l’esplosione del movimento femminista della seconda ondata, le studiose hanno incominciato a lavorare per portare alla luce l’esperienza delle donne nella storia. Questo ha comportato un radicale rinnovamento delle metodologie di ricerca, delle fonti e del loro uso, delle cronologie e delle interpretazioni.
Dalla metà degli anni Ottanta, poi, una parte di questa storiografia ha assunto come strumento di lavoro una nuova categoria, quella del genere. Nonostante le molteplici e mutevoli definizioni del termine, possiamo dire che con «genere» si intende la costruzione sociale di modelli e rappresentazioni che costruiscono gerarchicamente il maschile e il femminile. Il genere, quindi, si distingue dal sesso biologico ma si innesta su questo per definire comportamenti e immagini che una specifica società ritiene appropriate ai diversi sessi. Con l’avanzare delle ricerche, alcune studiose e studiosi hanno messo in discussione la stessa interpretazione del sesso come categoria naturale e mostrato come anch’esso sia il frutto di costruzioni ideologiche. Parallelamente, anche in concomitanza con lo sviluppo degli studi LGBTQ+, si è diffusa anche la tendenza a superare la distinzione binaria tra maschile e femminile e a vedere piuttosto i generi come un arco continuo, all’interno del quale ogni individuo si colloca più o meno vicino a uno dei due estremi.
Al di là delle diverse posizioni, la storia in prospettiva di genere indaga le vicende del passato non dando per scontate le categorie di maschile e femminile ma leggendole come combinazioni variabili di modelli, imposizioni, rappresentazioni e performance soggettive che cambiano nel tempo e nello spazio. Nonostante spesso la storia in prospettiva di genere si intrecci alla storia delle donne, le due aree sono contigue ma non sovrapponibili. Anzi, è un errore di prospettiva usare come sinonimi «storia di genere» e «storia delle donne» come se solo le donne si costituissero come «genere», di fronte a un maschile neutro. Si può, quindi, fare storia delle donne senza usare la categoria del genere così come da ormai alcuni anni esistono ottime ricerche che interpretano anche la storia maschile con uno sguardo attento al genere.
Infine, la storia dei generi. Si tratta di un ambito di studi, fortemente interdisciplinare, che si occupa specificamente di ragionare, solitamente al di fuori di una logica binaria maschile/femminile, sulle modalità in cui società che si sono sviluppate in tempi e spazi differenti hanno prodotto e imposto, con modi e strumenti vari, diversi discorsi sui generi. L’idea, quindi, non è solo di usare il genere come categoria che consenta di raccontare e interpretare più correttamente gli eventi del passato ma di concentrarsi sul genere come specifico oggetto di studio.
Naturalmente, trasferire questa distinzione nella propria pratica didattica, proponendola alle classi, sarebbe una complicazione eccessiva, probabilmente anche infruttuosa. Tuttavia, è bene partire avendo chiare in mente le possibilità e il taglio che si vuole dare al proprio percorso di insegnamento della storia.