Sono innumerevoli i contributi che indagano le ragioni per cui una posizione tanto temuta, dibattuta, condannata sia ancora così influente nel mondo della linguistica. Anche nota come ‘Ipotesi della relatività linguistica’, l’Ipotesi di Sapir-Whorf è al centro del discorso linguistico- filosofico da secoli. E, proprio all’interno dell’universo delle scienze cognitive, ha sempre dovuto lottare contro gli sguardi critici e i giudizi sprezzanti di chi l’ha sempre considerata nulla più che “psicologia folkloristica” (Wolff and Holmes, 2010:253).
Eppure, quasi ironicamente, la linguistica non è ancora riuscita a sbarazzarsi dello spettro di Sapir- Whorf, che, come vedremo, sembra peraltro aver “infestato” non soltanto l’ambiente più puramente accademico, ma anche quello, più accessibile, dei media.
L’ormai nota Ipotesi è diventata una tappa obbligatoria nel viaggio attraverso e oltre la lingua e la cognizione, un passo che è inevitabile compiere se si vuole provare a conoscere più a fondo i meccanismi che regolano la lingua e il pensiero.
Oltre la Linguistica. Sapir-Whorf nel cinema: il caso di Arrival
La proposta relativista gode di un posto ormai onorario in quello che è il discorso sul nesso tra lingua e pensiero e, come si è anticipato, sembra oggi essere arrivata a molti, anche al di là dell’ambiente accademico.
Questo rinnovato interesse, peraltro, potrebbe incarnare una tra le innumerevoli declinazioni del revival cui la dottrina relativista è andata incontro negli ultimi anni (Reines and Prinz, 2008). Il cinema, in questo senso, sembra aver contribuito ad un processo di diffusione e popolarizzazione dell’Ipotesi. Emblema di questo è senza dubbio l’acclamato Arrival, film del 2017 tratto da Storie della tua vita di Ted Chiang.
Raccontando di un primo contatto tra il mondo umano e quello extraterrestre, Arrival è un prodotto in cui “la fantascienza è un meraviglioso pretesto per parlare d’altro” e nel quale la linguistica surclassa le altre scienze, assumendo, nello scambio tra la specie umana e quella aliena, un ruolo cruciale (e forse inatteso) (Suozzo, 2017).
La pellicola, infatti, si sviluppa attorno a un assunto viscerale: le lingue, nel nostro mondo, rivestono un ruolo determinante, divenendo “collante che tiene insieme i popoli”; ma le lingue, oltre che un dono, possono essere un’arma: Chiang questo lo sa bene, e, per dimostrarlo, chiama in causa proprio l’intrigante e complessa Ipotesi di Sapir-Whorf.
La posizione relativista fa da sfondo alla trama del film fin dal principio, divenendo, poi, motore e spiegazione degli eventi. È la stessa protagonista, Louise Banks, linguista di successo, a spiegare gli assunti dell’Ipotesi ai suoi collaboratori e, indirettamente, a noi spettatori. Secondo Sapir-Whorf, la lingua che si parla incide sul modo di pensare e di interpretare la realtà circostante (Hussein, 2012). Ma se l’Altro, come nel caso di Arrival, si serve di una lingua diametralmente opposta rispetto alla nostra, quali potrebbero essere i risvolti neurolinguistici di un tale scambio?
Gli Eptapodi – così vengono definiti gli alieni per via della loro forma fisica – comunicano con Louise attraverso una scrittura semasiografica, che, essendo svincolata dalla fonetica, non rappresenta i suoni, ma traccia direttamente i concetti.
La loro è - non solo a livello di scrittura - una lingua circolare, fuori dal tempo e dallo spazio, che esprime simultaneamente tutto il pensiero che si intende comunicare. Una lingua, dunque, opposta a quelle umane, “vincolate a svolgersi ‘nel tempo’ (attraverso la pronuncia di un suono dopo l’altro) o ‘nello spazio’ (il susseguirsi di lettere o ideogrammi)” (Suozzo, 2017).
Seguendo la logica causale dell’Ipotesi relativista (Brown and Lenneberg, 1954 in Niyekawa- Howard, 1972), gli Eptapodi si esprimono in maniera differente rispetto agli umani e, proprio per questa ragione, organizzano i loro meccanismi di pensiero attraverso strutture che gli umani non sono in grado di cogliere.
La circolarità della lingua degli Eptapodi permette loro di conoscere passato e futuro simultaneamente; proprio attraverso l’esposizione alla loro lingua, allora, Louise comincerà, come direbbe Whorf, a “dissezionare la natura” in maniera differente, adottando il loro modo di “vedere” le cose e di percepire il tempo, in una distinzione tra le dimensioni temporali per lei non più così nitida (Whorf, 1940 in Carroll, 1959:212).
Arrival sembrerebbe sostenere, allora, che il contatto con una lingua “altra” modificherebbe i pattern di pensiero abituali di colui che la sperimenta. Ma è davvero così che funziona?
Oltre la lettura fantascientifica: i risvolti di Sapir-Whorf nel nostro mondo
Arrival abbraccia una postura certamente radicale, sostenendo un determinismo linguistico per il quale, oggi, non sembra più esserci spazio1. Eppure, la scelta di Chiang non sembra dettata da un errore di valutazione, ma piuttosto dal desiderio di sfruttare gli assiomi più drastici della dottrina per riportarla al nostro tempo.
Parlare di Sapir-Whorf, allora, potrebbe avere decisamente ancora senso: d’altronde, nella nostra realtà, non conviviamo forse con “specie” a noi “aliene” ogni giorno? Non ci confrontiamo con le loro lingue costantemente?
La letteratura tende ad individuare due versioni del relativismo stesso, una radicale (anche nota come determinismo linguistico) e una più debole. La prima postura sostiene che le lingue determinano il modo in cui i parlanti pensano; la seconda afferma che le lingue si limitano ad influenzare, ma che non determinano, i meccanismi di pensiero dei parlanti (Penn, 1972).
Il film di Chiang si avvale dunque dell’Ipotesi relativista per diffondere un manifesto di tolleranza, e lo fa riconoscendo la centralità delle lingue in questo processo tanto travagliato. In questo modo, Arrival svela una verità difficile da contestare: l’Ipotesi di Sapir-Whorf sembra voler insegnare molto più dei meri tecnicismi, dimostrandoci come l’incontro con l’Altro sia per ciascuno di noi occasione di imparare a parlare con le sue parole e, attraverso la sua lingua, ampliare lo spettro degli strumenti con i quali ci affacciamo al mondo, lo interpretiamo e lo pensiamo.
Bibliografia
HUSSEIN, B. A., (2012), “The Sapir-Whorf hypothesis today”, Theory and Practice in Language Studies, 2(3), 642-646.
NIYEKAWA-HOWARD, A. M., (1972), “The Current Status of the Linguistic Relativity Hypothesis”, Working Papers in Linguistics, 4(2), 1-30.
PENN, J. M., (1972), Linguistic relativity versus innate ideas: The origins of the Sapir-Whorf hypothesis in German thought (Vol. 120), Berlin, Walter de Gruyter. [First edition:1966].
WHORF, B. L., (1959), Language, Thought, and Reality: Selected Writings of Benjamin Lee Whorf, Carroll, J. B., Levinson, S. C., & Lee, P. (eds), Cambridge, The MIT Press. [First edition:1956].
WOLFF, P., & HOLMES, K. J., (2011), “Linguistic relativity”, Wiley Interdisciplinary Reviews: Cognitive Science, 2(3), 253-265.
Sitografia
BAGHRAMIAN, M., & CARTER, A.J., (2015), “Relativism”, The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Spring 2022 Edition), Zalta, E.N. (ed.). Disponibile al sito https://plato.stanford.edu/archives/spr2022/entries/relativism/. Ultimo accesso 31/08/2024.
SUOZZO, M. F., (2017), “La teoria linguistica in Arrival: l’Ipotesi di Sapir-Whorf”, La Cooltura, Disponibile al sito https://www.lacooltura.com/2017/04/relativita-linguistica-arrival/. Ultimo accesso 31/08/2024.