Che cos’è il bullismo

Che cos’è il bullismo

Secondo lo psicologo svedese Dan Olweus «uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, ad azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni». Parafrasando le parole di Olweus, possiamo definire il bullismo una forma di comportamento aggressivo, ripetuto nel tempo e caratterizzato da uno squilibrio di potere tra una persona e una o più persone. L’asimmetria di potere può essere dovuta a fattori differenti fra loro: la forza fisica, l’età, la popolarità, il numero di persone che compie gli atti di violenza. Il bullismo può inoltre essere diretto o indiretto e alle volte assumere la forma di cyberbullismo. Il bullismo diretto si esprime attraverso violenze fisiche (spinte, pugni, schiaffi, ecc.) o verbali (insulti, ricatti, intimidazioni, ecc.); nel bullismo indiretto la finalità del bullo consiste nell’isolare la vittima dal gruppo, diffamandola o calunniandola; si parla invece di cyberbullismo quando gli atti di intimidazione o di violenza vengono effettuati attraverso mezzi elettronici come i social network, l’email, le chat, i blog, i telefoni cellulari, i siti web o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile a internet.

Non si possono invece considerare atti di bullismo tutti quegli episodi che non rispondono a criteri di intenzionalità, reiterazione nel tempo e asimmetria di potere. Non è bullismo, ad esempio, un episodio di violenza isolato tra pari o uno scontro verbale tra persone che hanno stessa forza o potere.

I soggetti coinvolti 

I bulli sono solitamente descritti come studentesse o studenti aggressivi, con problemi di relazione, poco empatici e con una bassa autostima. Recentemente si sono aggiunti nuovi elementi che hanno arricchito questa definizione, evidenziando che a volte il bullo (soprattutto durante l’adolescenza) si muove con un obiettivo preciso e cioè quello di mantenere o affermare uno status di potere all’interno del proprio gruppo, che nel caso della scuola può essere identificato con la classe o il gruppo di amici. Nella maggior parte dei casi i bulli e le bulle cercano di avvicinare studenti che hanno caratteristiche simili, in modo da sentirsi più forti e rafforzare le dinamiche di bullismo che hanno innescato.

Le caratteristiche delle ragazze e dei ragazzi che hanno maggiori probabilità di diventare vittime di bullismo sono estremamente differenti: possono essere ragazze o ragazzi con difficoltà nelle relazioni interpersonali, appartenenti a gruppi vulnerabili, semplicemente insicuri e timidi, ma anche studenti molto bravi a scuola o di bell’aspetto che possono suscitare le invidie di quei bulli che mirano a migliorare la propria posizione di potere all’interno del gruppo. Di solito chi subisce atti di bullismo non ha una rete amicale forte o amicizie popolari, ma tende a frequentare altre studentesse o studenti vittime di bullismo. 

Accanto a queste due categorie, esiste una percentuale (seppure bassa) di studenti che rivestono entrambi i ruoli e rientrano in una categoria definita «vittima/bullo». Le ragazze e i ragazzi che appartengono a questo gruppo, nella maggior parte dei casi, provengono da contesti sociali disagiati o da condizioni familiari complesse.

Le ricerche più recenti sul fenomeno del bullismo hanno posto l’attenzione sull’importanza di una terza categoria, i cosiddetti testimoni o astanti. In un’ottica di gruppo, infatti, non esistono solo i bulli e le vittime, ma una maggioranza di persone che assistono agli episodi di bullismo e che possono assumere comportamenti e atteggiamenti diversi. Chi è testimone di un atto di bullismo, consciamente o inconsciamente decide da che parte stare: se ride o incoraggia le prepotenze diventa automaticamente un sostenitore del bullo o della bulla; se invece mostra disapprovazione verso la violenza o tenta di proteggere e consolare la vittima si schiera dalla parte di quest’ultima e ne diventa un difensore. La maggioranza dei testimoni tende però a ignorare quello che gli accade intorno e a non fare nulla. Questo comportamento viene interpretato sia dai bulli sia dalle vittime come un segno di assenso e di accettazione delle violenze. 

Autrice

Chiara PacificiChiara Pacifici

Chiara Pacifici

Autrice
Head of Formal Education Unit, Amnesty International — Sezione Italiana