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I mini gialli dei dettati 2
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Un’assistenza più umana - Erickson 1

Un’assistenza più umana

“Il modo in cui una persona soffre di demenza dipende in misura determinante dalla qualità della care.” Tom Kitwood

Gli operatori sociali, nel loro gergo, parlano di «peso assistenziale», di «presa in carico», di stress dei caregiver e così via. Tale linguaggio è espressivo ma sintomatico di un sentimento ingenuo, pregno di senso comune. Voltaire definisce il senso comune come «una via di mezzo tra la stupidità e l’acume». Coglie nel segno e allo stesso tempo non coglie. 


Tom Kitwood ci porta per mano a riflettere. Ci dice che la gravità oggettiva dei disagi esistenziali cui gli operatori o i familiari debbono far fronte dipende non solo dalle caratteristiche oggettive di quei disagi bensì anche, nello stesso tempo, dalle caratteristiche delle misure atte a rispondervi. 


Dipende circolarmente da quale e quanta care viene agita, o non agita, nelle situazioni, dalla intrinseca sua razionalità o irrazionalità (organizzativa, tecnica, emotiva, ecc.). La «risposta» influenza la «domanda». Il «dopo» influenza il «prima».  La «soluzione» crea/mantiene il «problema». Kitwood ci sta dicendo: la care non sempre... è care. 


Un’assistenza magari meccanicamente efficiente ma non adeguata umanamente non solo — dice Kitwood — non risponde ai bisogni degli assistiti, lasciandoli per così dire «irrisolti». Può incistarsi nella situazione che la richiede e divenire — in misura determinante — parte di essa, un elemento della sua gravità. 


Io operatore, o io Organizzazione assistenziale, dovrei sempre riflettere prima di «incolpare» questo o quel caso di essere «troppo complesso» o «intrattabile», ecc. Dovrei chiedermi: non è che forse, quando misuro quella gravità o quel peso, calco sulla bilancia, inavvertitamente, con il mio piede? 


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