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Tutela dei minori: è l’ascolto che fa la differenza

Il coinvolgimento di bambini e ragazzi nei procedimenti di tutela che li riguardano risulta indispensabile per il loro benessere emotivo e per la buona riuscita dei percorsi di aiuto

La tutela dei minori è uno degli ambiti più complessi del lavoro sociale. Chi opera nel campo della tutela minorile, infatti, è chiamato a mettere in atto interventi che incidono notevolmente sulla vita delle persone coinvolte, minorenni e adulti. Spesso gli operatori si trovano a cercare di andare incontro a bisogni e diritti di difficile conciliazione e a prendere decisioni controverse.

In qualsiasi processo di aiuto che veda la presenza di un minore, è importante adottare un approccio che promuova il coinvolgimento attivo del minore stesso, bambino o ragazzo che sia, oltreché della famiglia di provenienza, in modo da arrivare alle soluzione più adatte per quel bambino e quella famiglia. Ma cosa dicono i bambini e i ragazzi a proposito delle loro esperienze di partecipazione? Ricerche empiriche condotte a livello internazionale mostrano che la maggior parte dei bambini e ragazzi intervistati ha riferito di aver avuto ridotte possibilità — in alcuni casi nulle — di partecipare alle decisioni che riguardavano la loro vita durante il percorso di presa in carico presso i servizi sociali e di tutela minorile. I bambini hanno riportato di essersi sentiti poco informati rispetto a quanto stava accadendo, di non aver compreso i motivi per cui si era reso necessario l’intervento degli operatori sociali e quali cambiamenti avrebbero dovuto aspettarsi nella loro vita. Solo in pochi casi i bambini e ragazzi hanno riferito di essersi sentiti ascoltati e di aver avuto l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista, nonostante ciò hanno avuto la sensazione che il loro contributo non fosse stato opportunamente valorizzato e tenuto in considerazione nelle decisioni prese successivamente.

Studi teorici e dati di ricerca confermano che i bambini e ragazzi desiderano partecipare attivamente ai momenti in cui gli adulti, a maggior ragione se operatori, sono chiamati a prendere delle decisioni che potrebbero incidere sulla loro vita ed essere informati in merito a quanto deciso e alle motivazioni alla base di tali scelte.

Quando i bambini e i ragazzi hanno la percezione che il loro punto di vista sia stato preso seriamente in considerazione dagli operatori riferiscono di sentirsi bene, più tranquilli e più valorizzati. Questa sensazione positiva è confermata anche nei casi in cui i loro desideri non siano stati considerati realizzabili dagli operatori, che però si sono premurati di ascoltare il punto di vista dei più piccoli e spiegare loro le ragioni che hanno condotto a un’altra scelta.

La possibilità di dire la propria opinione e di partecipare ai processi decisionali che li riguardano ha un effetto positivo non solo sui più piccoli in termini di incremento di autostima ed empowerment ma anche sulla definizione e implementazione di interventi più rispondenti ai bisogni del bambino o ragazzo per cui sono stati pensati.

In questo modo, i progetti avranno esiti migliori e le azioni messe in atto saranno maggiormente accettate dai bambini e dai ragazzi stessi.

Quando questo non viene garantito, i bambini e ragazzi riferiscono di sentirsi tristi, esclusi, ignorati e trascurati dagli adulti che dovrebbero occuparsi di loro e garantire il loro benessere. Bambini e ragazzi che hanno avuto la sensazione che le questioni per loro importanti venissero messe in secondo piano o addirittura ignorate hanno riferito di aver tentato di esercitare comunque le proprie scelte, ribellandosi alle decisioni prese e boicottando gli interventi attivati. In una ricerca condotta nel 2011, i giovani intervistati hanno riportato la percezione che, se fossero stati ascoltati in merito al proprio progetto di vita, ci sarebbero state maggiori possibilità di una buona riuscita del collocamento scelto per loro, di una migliore relazione con i propri operatori ed esiti più positivi in ambito scolastico.

I bambini e i ragazzi quindi chiedono di partecipare, di essere informati e di poter dire la loro opinione quando gli operatori sono chiamati a prendere importanti decisioni che potrebbero avere un impatto sulla loro vita.

Le modalità di partecipazione dovrebbero tenere in considerazione l’età dei bambini, il loro grado di maturità e le loro competenze comunicative.

Anche i più piccoli possono avere uno spazio di coinvolgimento e partecipazione; è importante però individuare strumenti e modalità per facilitare l’espressione del loro punto di vista, in base all’età.

La buona relazione tra bambino/ragazzo e operatore sembra essere l’elemento più importante per garantire la fattiva partecipazione dei più piccoli: dal punto di vista dei bambini e dei ragazzi una buona relazione dischiude spazi per sentirsi liberi di esprimere ciò che si pensa, sapendo che quanto detto verrà preso seriamente in considerazione, mentre dal punto di vista degli operatori è utile per avere più elementi per valutare e comprendere la situazione di benessere/malessere in cui si trova il bambino o il ragazzo.

Nonostante l’elevato livello di discrezionalità tutt’oggi presente nelle prassi di lavoro con bambini e ragazzi, riflessioni teoriche, studi empirici ed esperienze sul campo testimoniano che i bambini e i ragazzi hanno una certa competenza riguardo alla propria situazione di vita e hanno importanti cose da dire agli adulti in merito a cosa li fa stare bene, ai rischi che corrono e alle preoccupazioni che hanno, nonché ai progetti e agli interventi pensati per loro.

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