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I mini gialli dei dettati 2
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Se non riusciamo a uscire di casa?

I ritirati sociali, pur avendone l’opportunità, non escono di casa. Che cos’è il ritiro sociale e come si manifesta in bambini e ragazzi

Siamo all’inizio di maggio, il sole e la natura inseguono la primavera, stagione ideale per gite ed escursioni, e noi? Le indicazioni governative ci parlano di fase 2 dell’emergenza Coronavirus, una graduale ripresa delle attività, con prudenza riprenderemo a uscire di casa. Alcuni, finalmente, si scuotono dal torpore dell’isolamento sociale, e, tra mille incertezze, riprendono a considerare il ritorno alla vita sociale e lavorativa.

L’essere umano, in generale, non ama essere costretto a vivere in isolamento sociale, è spontaneamente motivato a dirigersi verso gli altri, sia per riprendere le sue abitudini ma soprattutto perchè è animale sociale come ci ricorda il filosofo greco Aristotele (IV sec A.C.) nella “Politica”. Se ciò è consueto per molti, abbiamo chi fa eccezione.

Esistono, infatti, persone che pur avendone l’opportunità non escono di casa: sono i ritirati sociali.

Una complessa condizione con implicazioni biologiche, psicologiche e sociali studiata da decenni in psicologia evolutiva. Infatti, ci sono bambini che prediligono astenersi dal contatto sociale.

Tre possibili profili di ritiro sociale nei bambini

Le ricerche ci consegnano almeno tre profili possibili di ritiro sociale nell’infanzia:

  • Vorrei ma non posso”: ci riferiamo a quei bambini con motivazione sociale che reagiscono inibendosi al contatto con gli altri, oppure, entrano in ansia all’idea di incontrare gli altri. Per anni abbiamo parlato di fobia scolare per definire quei bambini che all’entrare in classe (pensiamo alla materna) iniziano a piangere e chiedere alla maestra di tornare a casa dalla mamma. Esperienza abbastanza diffusa ma che distingue chi, nel tempo, nonostante gli sforzi congiunti di genitori e insegnanti mantiene questo atteggiamento. La timidezza è l’aspetto temperamentale che accompagna queste situazioni, molte delle quali fortunatamente, si risolvono abbastanza presto.
  • Vorrei ma mi sento inadeguato”: ci riferiamo a bambini con minore motivazione sociale e che al contatto con gli altri si inibiscono, perdendo presto la motivazione all’incontro. Sono più problematici nell’inserimento scolastico e richiedono un adeguato sostegno da parte delle famiglie e degli insegnanti. L’evitamento è l’aspetto comportamentale che li caratterizza, motivo per cui spesso si rifugiano nel gioco solitario, non riuscendo proprio a inserirsi nelle attività di gruppo. La reazione degli altri bambini è spesso di giudizio e di scherno, cosicché questi ragazzi presto imparano il valore semantico della parola diverso, e tali si sentiranno per tutta la vita, attribuendosi così la propria inadeguatezza a stare con gli altri.
  • Sono solo e... punto”: ci riferiamo a bambini solitari con nessuna motivazione sociale e che si astengono dal contatto con gli altri. Prediligono il gioco solitario, pur seguendo le attività scolastiche proposte e prediligono eseguirle minimizzando i contatti con gli altri. L’anedonia è l’aspetto caratteristico: non provare interesse particolare nel partecipare alla quotidianità e ai rituali sociali.

Se queste, ci dicono gli studiosi, sono le condizioni di partenza, quali saranno le traiettorie di sviluppo per questi bambini? Gli studi ci parlano per il primo gruppo di una possibile evoluzione verso quadri clinici di ansia sociale, per il secondo gruppo di quadri clinici di depressione, per il terzo gruppo rimane la curiosità di vedere l’evoluzione di individui asociali non tutti sofferenti di quadri clinici. Ma il clinico spesso perde queste importanti tracce evolutive e si affida a quadri clinici già consolidati ma successivi

Il ritiro sociale negli adolescenti

Prima di questo, e recentemente, ci sono evidenze di forme di ritiro sociale nell’adolescente. Il termine, ormai di casa nei social, è Hikikomori, dal giapponese “hiko” ovvero tirare, e “komoru” ovvero ritirarsi, che descrive individui, spesso giovani, che hanno scelto di isolarsi dalla società, per motivi personali e/o ambientali.

Se l’isolarsi, magari per periodi brevi,corrisponde a forme di esperienza che l'adolescente fa rispetto al mondo degli adulti e delle loro consuetudini (anche educative), in questi casi, ci dicono i ricercatori, si va oltre i 6 mesi: le consuetudini e le attività sociali si perdono, si rimane a casa, ci si confina attivamente nella propria stanza e si rimane in contatto con il resto del mondo tramite il PC, Tablet, Smartphone collegato alla rete. Lo studio di queste situazioni, ormai presenti in tutti i Paesi, da parte dei ricercatori e dei clinici, fa sì che i terapeuti stanno ricevendo maggiori richieste di familiari per aiutare i loro figli ad uscire di casa, “possono ma non vogliono” è la frase ricorrente in questi casi.

Quando dobbiamo pensare al ritiro sociale come manifestazione di un disturbo psichico?

Esistono quadri morbosi dove questo è un aspetto importante e parte della gravità della patologia: psicosi e disturbi dello spettro autistico.

Nel primo caso, ci riferiamo, a condizioni in cui la manifestazione dell’esordio psicotico è legata a forme di distacco, anedonia, apatia, piuttosto che a idee deliranti e allucinazioni. La perdita di interesse sociale è spesso una delle manifestazioni iniziali di questi quadri clinici e solo il riconoscimento di questi, insieme ad alcuni sintomi di deficit cognitivi, possono indirizzare alla diagnosi di psicosi.

Nel caso dei disturbi dello spettro autistico, le forme tipiche di autismo (perdita del contatto oculare, della comunicazione e comprensione sociale) sono, in alcuni individui, associate a manifestazioni di inibizione nel rapporto sociale, e questo può avvenire sia nell’infanzia sia nella giovane età adulta. Altre manifestazioni del ritiro sociale le possiamo ritrovare in alcuni quadri clinici di depressione come manifestazione connessa sia alla perdita di uno status sociale e di un legame importante a cui non si riesce a reagire, sia alla perdita brusca di interessi perseguiti prima dell’evento morboso.

La nostra esperienza clinica ci ricorda anche le forme di ansia sociale, di cui si parlava all’inizio, per alcune situazioni d’esordio in età adulta. Infine, ultimi nella descrizione ma non ultimi per importanza, i quadri clinici di disturbi di personalità. La personalità evitante, così vicina alle manifestazioni del ritiro sociale, ci conduce a individui con costante percezione soggettiva di estraneità nelle relazioni e di non appartenenza sociale: sono coloro che percepiscono sé stessi negativamente (“diverso, inadeguato”) e degli altri temono il giudizio, il rifiuto e l’esclusione dal gruppo.

Il distacco sociale è la regola che non gli impedisce di provare una gamma di emozioni (“paura, imbarazzo,rabbia, tristezza”) a conferma di doversi rassegnare a vivere una vita grama. La condizione umana, inoltre, li rende negativi al confronto con gli altri per la minore participazione sociale ma, sopratutto, l’impossibilità di raggiungere, con soddisfazione, gli obiettivi comuni di vita nell’ambito sentimentale, lavorativo, amicale.

Il riconoscimento e l’opportuna valutazione del ritiro sociale nei diversi quadri clinici descritti orientano il clinico nell’approntare specifici interventi terapeutici e di gestione migliore del problema: uscire di casa a questo punto sarà possibile.

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