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Salute mentale in età evolutiva: l’importanza di promuovere la partecipazione nei percorsi di cura

Il ruolo fondamentale che giocano pazienti e famiglie nei percorsi di cura dei disturbi neuropsichici

Il sistema di cura per i disturbi neuropsichici in età evolutiva in Italia è spesso dispersivo, intempestivo e a corto di risorse. Molti bambini e famiglie non riescono ad accedere agli interventi terapeutici e riabilitativi di cui necessitano e, quando invece ciò accade, succede spesso che si creino incomprensioni e tensioni tra operatori sanitari, da una parte, utenti e famiglie dall’altra, che finiscono con l’interferire sia sul processo di cura che sui suoi esiti.

Non stupisce che i dati internazionali evidenzino che la maggior parte dei percorsi nell’ambito della salute mentale infantile si interrompe per decisione unilaterale della famiglia o del soggetto, molto prima che il percorso possa essere considerato concluso dal punto di vista dei clinici.

Di fronte a criticità tanto rilevanti, sembra chiaro che il sistema di cura debba cambiare, mettendo al centro i bisogni e i valori degli utenti e delle famiglie. Per fare questo è necessario che il sistema si doti di strategie attive per la promozione della partecipazione da parte del paziente e della sua famiglia.

La partecipazione è cruciale nell’ambito della salute mentale poiché i processi trasformativi che avvengono in questo campo sono sempre legati a cambiamenti attivi di qualche aspetto rilevante della vita del paziente e della sua famiglia.

Nell’ambito della salute neuropsichica la terapia non è qualcosa che semplicemente ricevi o che ti è somministrato, ma qualcosa che fai. Ciò implica che le terapie più efficaci siano anche quelle che si accompagnano a un coinvolgimento attivo, libero, consapevole e responsabile degli utenti e delle famiglie. Promuovere partecipazione dunque è già promuovere un esito positivo poiché senza un coinvolgimento attivo nella cura è assai probabile che la cura sarà inefficace.

Una lunga tradizione di studi in ambito sanitario e psicosociale ha ormai posto in evidenza con estrema chiarezza che la promozione della partecipazione non può essere affidata alla sensibilità dei singoli professionisti. Essa richiede un preciso mandato di sistema, attiene a un modo di concepire il rapporto tra il sistema di cura e gli utenti, non banalmente (o comunque non solo) allo stile relazionale e comunicativo degli operatori e degli utenti.

Un sistema che operi dando scarso valore alla partecipazione degli utenti sarà governato dalla convinzione che il valore che nel contatto con l’utente definisce sempre la migliore opzione trattamentale è il principio di beneficialità in base a criteri sanitari (per esempio il profilo di efficacia di un farmaco o l’indicazione per un certo percorso trattamentale standardizzato). Su questo valore infatti si radica l’idoneità di una certa cura o intervento psicosociale sulla base delle linee guida e delle buone pratiche.

Un sistema che tenti di operare in una chiave partecipativa riconosce invece che il valore della beneficialità in base a criteri sanitari è solo uno dei valori in campo, che intrattiene una dialettica attiva con altri valori cruciali.

La promozione della partecipazione riguarda dunque la ridefinizione della gerarchia in base alla quale operiamo scelte in ambito sanitario, poiché effettuare percorsi di cura significa attraversare processi di conoscenza nei quali devono essere prese decisioni, per aiutare le persone a orientarsi verso una trasformazione attiva di qualche aspetto rilevante della loro vita.

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