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Ragazzi del liceo alla loro prima prova come insegnanti alla scuola dell’infanzia con il Metodo analogico

L’esperienza di un gruppo di ragazzi di un liceo scientifico di Novara che hanno condotto dei laboratori di matematica con bambini di 4-5 anni con l’utilizzo degli strumenti ideati da Camillo Bortolato

Mettersi alla prova come insegnante non è un’esperienza che capita proprio tutti i giorni, per un ragazzo della scuola superiore. Nemmeno avere dei ragazzi “grandi” come maestri di matematica è un’esperienza comunissima, per dei bambini della scuola dell’infanzia.

Questo particolare connubio di adolescenti-docenti e bambini della scuola dell’infanzia-discenti si è realizzato in queste settimane a Novara, dove due classi del liceo scientifico “Carlo Alberto” hanno proposto dei laboratori di matematica a 45 bambini di 4-5 anni della scuola dell’infanzia “San Giuseppe”

Questi laboratori di matematica si sono svolti da gennaio fino a metà febbraio 2020, per un totale di 12 ore, presso la scuola dell’infanzia “San Giuseppe” nell’ambito del progetto PiIL (Percorsi Integrati di Inclusione e Lavoro), una versione sperimentale dei PCTO (i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), che hanno sostituito la “vecchia” Alternanza Scuola-Lavoro.

L’obiettivo del progetto – promosso dall’Associazione Territorio e Cultura in provincia di Novara, in collaborazione oltre che dell’Istituto Convitto Carlo Alberto, anche dell’Istituto Pascal di Romentino e dell’Istituto ITI Omar - è quello di offrire agli studenti una possibilità concreta di sperimentarsi in azioni che, attraverso un percorso motivante, possa condurli a sperimentare e a raggiungere competenze trasversali utili a contribuire alla maturazione di una cittadinanza consapevole.

I laboratori sono stati condotti secondo il Metodo Analogico Bortolato, che la scuola dell’infanzia San Giuseppe già utilizza nelle attività con i bambini, sotto la supervisione di Marisa Bono, pedagogista e formatrice, che ha condotto anche il corso di formazione sul metodo utilizzato in aula dai ragazzi del liceo.

Proprio a Marisa Bono abbiamo chiesto di raccontarci come si è sviluppato questo esperimento didattico che ha suscitato tanto interesse anche fuori dal Piemonte.

«Si è sviluppato in più fasi. Un primo step ha visto gli studenti del liceo impegnati in un Laboratorio di progettazione partecipata che ha consentito di introdurre gli studenti alla dimensione progettuale con una modalità interattiva, stimolando processi di condivisione di idee, analisi collettiva, problem solving. Un secondo step è stato quello della formazione al metodo MAB degli studenti e degli insegnanti, con un’introduzione alle modalità di relazione e comunicazione con i bambini; la descrizione del Metodo Analogico Bortolato applicato all’apprendimento della matematica nell’età prescolare e infine un’ esercitazione pratica, durante la quale gli studenti hanno potuto mettersi alla prova nel concreto, simulando i vari momenti e passaggi del laboratorio didattico. Tutto questo si è svolto nell’anno scolastico 2019-2020 ancora in corso. Un quarto step ancora da realizzare sarà l’organizzazione del materiale di documentazione un prodotto finale con l’obiettivo di comunicare all’esterno l’esperienza e infine la preparazione di un evento conclusivo che veda coinvolti tutti i protagonisti dell’iniziativa e anche le famiglie dei bambini e degli studenti».

Perché è stato scelto proprio il metodo Bortolato per avvicinare i bambini della scuola dell’infanzia all’apprendimento della matematica?

«Il metodo Bortolato è stato scelto perché è un metodo che porta a riflettere sulla epistemologia della matematica e a valutare lo scarto che a volte si produce quando si insegna una disciplina tra il livello teorico formalizzato a posteriori e le operazioni naturali e concrete di scoperta dei primi rudimenti della disciplina matematica, cioè del numero e del modo di operare con esso.
Il metodo Bortolato è già stato adottato da quattro anni nella scuola dell’infanzia San Giuseppe perché è rispettoso dei bambini (sia del loro modo di apprendere che del loro grado di sviluppo), è inclusivo, non è competitivo, si adatta bene sia al lavoro di gruppo che al lavoro individuale, è attivo, operativo, creativo e non ripetitivo, basato sul movimento del corpo e basato su dati scientifici riguardanti il modo spontaneo con cui la nostra mente si approccia alle quantità, al numero e alla seriazione.
Un’altra caratteristica di questo metodo è che necessita di una formazione continua da parte delle insegnanti, che devono applicarlo sapendolo modificare ed adattare alle esigenze della classe e del bambino».

Come è stato accolto dai bambini questo metodo di insegnamento da parte di ragazzi più grandi?

«I bambini hanno reagito positivamente fin da subito. C’è stata solo qualche piccola timidezza iniziale del tutto comprensibile. Il rapporto con i ragazzi è stato molto positivo. Anche se le ragazze si sono dimostrate più esperte nelle relazione e più propositive, l’incontro con il maschile ha avuto un effetto molto positivo, soprattutto con i maschietti. I bambini hanno verbalizzato la loro contentezza di vedere dei ragazzi grandi e di poter giocare con loro. Questo ci ha fatto riflettere sull’importanza, in questa fascia di età, del rapporto con entrambi i sessi, che permette con più facilità, dei momenti di identificazione e di dis-identificazione, ottimi per un sano sviluppo del sé».

E quali sono state le impressioni dei ragazzi del liceo?

«La docente che ha coordinato i ragazzi del liceo Carlo Alberto ci ha riferito delle impressioni globalmente positive, soprattutto per chi è riuscito, nel breve tempo a disposizione, a entrare in confidenza coi bambini e a diventare per loro una guida da seguire, trovando il giusto equilibrio tra gioco e apprendimento. Alcuni studenti si sono meravigliati inoltre del fatto che l’apprendimento da parte di alcuni bambini, soprattutto tra i più piccoli, non fosse immediato; è stata quindi un'occasione utile anche per poter osservare con mano le differenze di tempi e di metodo che tra esistono tra persone diverse per arrivare allo stesso risultato».

Qual è la parte del metodo analogico che risulta più coinvolgente per i bambini?

«Sicuramente la parte motoria. I giochi con le sedie e con i cerchi e le situazioni in cui si riusciva a generare un gioco di tensione e di allerta. In quei momenti l’attenzione era massima. In generale le proposte sono state tutte accolte con attenzione e con soddisfazione. Il riuscire a contare e denominare i numeri è molto gratificante per i bambini di questa età che sentono di far una cosa da “grandi”. Il risultato inatteso è stato che i bambini si sono poi organizzati autonomamente in piccoli gruppi ed hanno ripreso e rifatto giochi proposti durante i laboratori. I genitori hanno segnalato alle insegnanti che i giochi sono stati riproposti anche a casa nel contesto famigliare».

I commenti e le impressioni dei bambini

Infine, ecco le risposte dei bambini della scuola dell’infanzia alla domanda “Cosa ti è piaciuto di più dell’esperienza che abbiamo fatto con i ragazzi del Liceo?”

Bambini di 4 anni

Gregorio: Mi piaceva tanto contare con le sedie

Cristian: I ragazzi ci insegnavano dei giochi con i cerchi e con le sedie per imparare i numeri

Marta: Mi piacevano tanto i ragazzi, erano bravi e ci insegnavano la matematica cinque spazio cinque

Matilde: Ci facevano contare, erano bravi, mi piacevano le ragazze erano carine

Gaia M.: Ci facevano fare tanti giochi, tipo contare dentro ai cerchi

Romina: Era molto bello giocare e contare insieme ai ragazzi del Liceo, tutto era divertente. Abbiamo imparato i numeri con la linea del 20

Martina: Ho imparato a contare

Ginevra: Mi piaceva tanto il gioco dei cerchi per contare fino a 10

Alex: Mi piaceva contare dal numero 1 fino al 10

Tommaso: Mi piacevano qui ragazzi perché ci aiutavano ci facevano fare il gioco delle seggiole per imparare i numeri

Sergio: Erano bravi perché ci facevano fare tanti lavori per imparare la matematica

Gaia L.: I ragazzi erano bravi e ci facevano fare il gioco delle sedie, ho imparato a contare fino al cento con i tappi. Ci aiutavano a volte quando non riuscivamo.

Gabriele: Mi piacevano i maschi quando usavano la linea del 20, quando ci salutavano con la palla

Alessandra: Mi è piaciuto contare e disegnare le mani e poi i ragazzi ci facevano le foto

Isabel: Ero contenta quando i ragazzi arrivavano, perché ci aiutavano con la line del 20 con i tappi

Bambini di 5 anni

Giorgia: Mi è piaciuto fare la casa del cento

Lorenzo: Era bello il gioco della Palla, ci mettevamo in cerchio e lanciavamo la palla

Giorgia M. : Quando saltavo nei cerchi e dovevo dire il numero mi è piaciuto perché abbiamo fatto delle cose belle insieme ai miei amici e ai ragazzi grandi

Noemi: Quando facciamo il gioco dei tappi mi piaceva perché si faceva un riga di tappi da cinque uno spazio poi un alata riga di tappi sempre da cinque

Amy: Mi piaceva perché i ragazzi erano molto bravi

Leonardo: Mi è piaciuto tutto ma soprattutto il gioco con la palla

Filippo: Quando facevamo il gioco delle sedie. Mi è piaciuto perché i ragazzi erano carini ed erano grandi. È stato proprio bello, è difficile da spiegare ma non tutti i giorni succede che vengano all’asilo i ragazzi grandi. Nel nostro gruppo erano tre il primo giorno ma l’ultimo giorno è arrivata una ragazza molto carina.

Aurora: Mi è piaciuto contare con i ragazzi, ho imparato a contare fino al cento, con i cerchi abbiamo giocato a metterci davanti e a contare.

Patrick: Mi ricordo che abbiamo fatto il gioco con la palla e con i tappi.

Federico: Mi è piaciuto il gioco dei cerchi, perché ho imparato a contare quanti cerchi c’erano davanti e quanti ce ne sono dietro.

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