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I mini gialli dei dettati 2
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Perché la mindfulness funziona?

Le tre dimensioni - somatica, emotiva e cognitiva - su cui agisce la meditazione di consapevolezza, una pratica molto diffusa sia a livello terapeutico che nella vita quotidiana

Perché la mindfulness funziona? E perché ha ormai attirato su di sé le attenzioni di clinici di formazione più differenziata? Qual è il punto di congiunzione tra mindfulness e psicoterapia e la ragione della sua efficacia? 

La meditazione implica un’osservazione precisa, puntuale, accurata, complessiva e scevra da giudizio dei nostri stati interni per come essi si presentano nella loro multiformità: sensazioni corporee, emozioni e pensieri. Queste tre dimensioni - somatica, emotiva e cognitiva - interagiscono continuamente fra di loro, determinando istante per istante la qualità della nostra esperienza. Il punto è che il più delle volte non siamo coscienti di questa continua, incessante movimentazione che avviene al di sotto della soglia della nostra consapevolezza. Essa ha però il potere di imprimere forma e colore al nostro sentire generale.

La mindfulness non è - come troppo spesso si crede - l’assenza di pensiero. Non è la sola osservazione del pensiero a scapito del corpo. Non è nemmeno l’osservazione del corpo a scapito del pensiero. Non è neppure l’esclusiva, meticolosa revisione delle nostre emozioni. Benché si possa di volta in volta dedicarsi alla contemplazione dettagliata di specifici domini del vivere, mindfulness in senso lato è guardare il paesaggio nel suo insieme, è un allenamento costante a osservare dall’alto la danza fra tutti quegli aspetti dell’esistere che ci qualificano come esseri umani. Prendiamoli in considerazione uno alla volta.

Mindfulness e corpo

Per molti di noi, però, di fatto il corpo è ancora poco più di un bel supporto alla nostra testa pensante. Esso è un oggetto da esibire, nel migliore dei casi da allenare, da curare nel caso ci si ammali. Raramente il corpo intero (dalla testa ai piedi!) è visto come la manifestazione tangibile del nostro essere viventi e la culla del nostro Sé. La mindfulness, con la più semplice delle azioni - ossia l’osservazione del respiro - da subito ci riporta al corpo, ci riporta a casa. I vantaggi di sviluppare una raffinata percezione interna del corpo nella sua componente scheletrica, muscolare e viscerale sono immensi. Noi tendiamo a ignorare sensazioni fisiche, tensioni o irrigidimenti muscolari, stati di attivazione che costellano continuamente e inevitabilmente la nostra esperienza, a meno che essi non diventino dolore o malattia. Ma il corpo invia di continuo messaggi, come delle lettere d’amore che, se ben lette, possono aiutarci a prenderci cura di noi.

Mindfulness ed emozioni

La mindfulness nei suoi vari formati permette, momento per momento, di accendere una luce sulle costellazioni di sensazioni fisiche indotte dalle emozioni che ci abitano e viceversa. Ci allena a sostare con tutto quello che c’è e quindi a sentire, a nominare, ad accogliere senza giudizio, a osservare con amorevolezza e da una stanza più alta e più ampia qualunque processo emotivo - positivo o negativo che sia - senza sprofondarci. Un’emozione sgradevole, ad esempio la tristezza, può essere quindi nominata, guardata in tutte le sue componenti corporee (una pressione al centro del petto, un pugno nello stomaco, un peso sulle spalle, ecc.), assaporata addirittura per un po’ così da coglierne la coloritura esatta, la ragione, il contesto, e poi lasciata andare per tornare alla nostra àncora, vale a dire l’osservazione del respiro. Così facendo, non soltanto impariamo ad attribuire un nome preciso al nostro groviglio interiore, ma ci abituiamo a non caderci dentro, a portarcene fuori e a modificarne la grammatica di fondo. Non ci identifichiamo più con la tristezza (io sono triste), ma guardiamo la tristezza che è in noi (osservo di essere triste).

Mindfulness e pensiero

Uno degli aspetti salienti della pratica della consapevolezza consiste proprio nel prendere le distanze dai pensieri che vengono riconosciuti come eventi mentali transitori e non come indiscutibili certezze. Mindfulness è infatti l’osservazione - limpida, chiara e possibilmente scevra da giudizio - dei nostri contenuti mentali. Qui è il nucleo della cura, nella nuova libertà, cioè, di guardare ai pensieri non come a dati di fatto indubitabili, ma come a delle costruzioni della mente.

Siamo per cultura così visceralmente affezionati alla concettualizzazione e alla verbalizzazione da valorizzare unicamente questi aspetti a discapito di altre fondamentali dimensioni del vivere, che siano diverse dal pensare. Ma c’è sempre dell’altro, perché l’esperienza - non ci stancheremo mai di ripeterlo - è molto più dei nostri contenuti mentali. L’esperienza si dipana nel costante, sottile e mutevole gioco di equilibri tra pensiero, emozione e corpo. Insieme a quel qualcosa di ineffabile e sacro che è il mistero di esistere e che ci accomuna tutti.

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