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I mini gialli dei dettati 2
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Le nostre storie iniziano nel corpo

La Teoria Polivagale chiarisce la maniera in cui il Sistema Nervoso risponde agli input di sicurezza o pericolo rilevati nell’ambiente, determinando come ci sentiamo e le nostre narrazioni sulla realtà.

Cosa fa sì che alcune persone reagiscano con efficacia e creatività alle sfide della vita? Cosale rende capaci di riemergere dal dolore e dalle difficoltà? La risposta è: la flessibilità del sistema nervoso.

Per quanto possa sembrarci difficile da credere, il modo in cui viviamo, cadiamo, ci rialziamo e amiamo dipende dalla maniera in cui la nostra fisiologia ha imparato, nel tempo, a reagire a determinati stimoli e dalla sua capacità di riportarsi rapidamente in uno stato di regolazione. In breve, le storie che ci raccontiamo su di noi, come pure le nostre narrazioni sul mondo, iniziano nel corpo. I nostri sentimenti, la paura, l’ansia, la tristezza, ma anche la serenità, addirittura la gioia hanno origine nelle nostre viscere, nei nostri organi, nei nostri muscoli, nelle nostre giunture.

Oggi possediamo una lente che ci consente di comprendere meglio la stretta relazione che esiste tra biologia e mente. E questa lente si chiama Teoria Polivagale.

Elaborata dal neuroscienziato e psichiatra americano Stephen Porges a partire dalla metà degli anni Novanta, la Teoria Polivagale fornisce una nuova mappatura del sistema nervoso. Chiarisce il ruolo che il Nervo Vago, il X nervo cranico che dal cervello corre giù sino all’intestino, svolge nella specie umana come principale sistema di processamento degli indizi di sicurezza o pericolo rilevati nell’ambiente. A partire da queste informazioni, il nostro Sistema Nervoso Autonomo (SNA) prepara il corpo a reagire in base a dei pattern di comportamento prevedibili: la connessione, l’attacco e la fuga (mobilizzazione) e lo spegnimento, sino al collasso (immobilizzazione). Queste risposte, che l’evoluzione ha selezionato per noi lungo il corso di centinaia di migliaia di anni, forniscono la base organica del nostro sentire complessivo — somatico, emotivo e cognitivo — momento per momento. Rispondono a domande ancestrali del tipo: Quel suono che percepisco in lontananza segnala l’avvicinarsi di un potenziale predatore? Posso restare o è meglio scappare? Dovrei fingermi morto per salvarmi? Posso fidarmi di te? Posso affidarmi?

Ancora oggi tutti noi esseri umani, nessuno escluso, condividiamo questa impronta.

La buona notizia è che la Teoria Polivagale non è soltanto teoria. 

Il costrutto elaborato da Stephen Porges è stato, infatti, tradotto in una serie di strumenti operativi, grazie alla cooperazione dello stesso scienziato con altri specialisti della salute mentale.

Il programma Wired to connect organizza questo insieme di conoscenze e competenze in un percorso strutturato per gruppi. L’obiettivo è quello di promuovere la penetrazione di una forma di coscienza polivagale all’interno di piccole e grandi comunità: scuole, case famiglia, comunità terapeutiche, carceri, ospedali, ecc. 

La diffusione di questo insieme di risorse teoriche e pratiche nella società può aiutare a promuovere il benessere personale e collettivo e alleviare il disagio di questo nostro tempo sofferente di paura, aggressività, isolamento e povertà relazionale.

Wired to connect prende le persone per mano e le accompagna a dirigere l’attenzione verso il proprio Sistema Nervoso Autonomo, così da arrivare a comprenderne il funzionamento, decifrarne il linguaggio e utilizzarlo per tessere da protagonisti le trame delle proprie esistenze.

Si parte dal familiarizzare con l’organizzazione di questo straordinario apparato e con i suoi meccanismi di attivazione. Si prosegue con l’acquisire una comprensione della successione di stati che sono la culla della nostra esperienza istante per istante: la connessione / la mobilizzazione / l’immobilizzazione.

Questa comprensione non è solo mentale, è un processo embodied, che riguarda, cioè, il sentire profondo, il percepire dall’interno, con ogni cellula del nostro corpo. Successivamente si usa tale consapevolezza per la realizzazione di attività che rieduchino il sistema nervoso a reagire con duttilità alle richieste ordinarie (e straordinarie!) del quotidiano. 

Il punto è dimorare, quanto più possibile, in una condizione di base di calma e serenità e imparare a ritornarci quando ce ne allontaniamo.

La percezione di sicurezza corrisponde all’accensione di specifici pattern neuronali. La ripetuta e volontaria attivazione di queste connessioni sinaptiche è essenziale. Attraverso di essa si sedimenta l’esperienza della regolazione, la si trasforma in apprendimento e la si rende più disponibile per il futuro. Si tratta di un processo che apre progressivamente la strada a un modo diverso di abitare la propria pelle. Da qui è possibile godere dei propri spazi di solitudine, gioire della bellezza declinata nelle sue varie forme e nutrirsi dello sguardo degli altri senza barriere.

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