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Infertilità, procreazione medicalmente assistita e salute mentale perinatale

In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale Materna, il punto su una sofferenza psicologica nascosta di cui poco si parla

L’infertilità è un problema rilevante in tutto il mondo. L’OMS stima che nei paesi industrializzati una coppia su quattro viva un problema di infertilità definita come l’impossibilità di raggiungere la gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali non protetti. In Italia la diagnosi di infertilità riguarda il 15% delle coppie (ISS, 2015).

L’infertilità viene vissuta principalmente come un problema medico da risolvere e se ne ignora per lo più la portata psicologica e sociale.

Le coppie che stanno attraversando questo difficile momento della propria vita vivono un drastico cambiamento nella visione di sè, nei comportamenti, negli atteggiamenti verso se stessi e gli altri nonché nelle relazioni sociali. In particolare si evidenziano spesso diversi disturbi psicologici che possono colpire sia gli uomini che le donne, in queste ultime però l’impatto è più pervasivo sia sul benessere psicologico individuale, sulla relazione di coppia e sessuale, e in generale sulla qualità della vita.

Sappiamo che in Italia esiste un grave problema di denatalità: con frequenza crescente le coppie arrivano tardi a decidere di avere un figlio e sempre più spesso le donne e le coppie stesse cercano una gravidanza ad un’età in cui il potenziale procreativo è già in forte calo. A questo si aggiungono rilevanti fattori di stress legati allo stile di vita odierno che incidono sulla fecondità. Il risultato è quello di una situazione di crescente richiesta di aiuto medico per arrivare ad avere un figlio. Tutto ciò ha però dei costi non solo economici e medici, ma anche psicologici e sociali.

Se la diagnosi di infertilità è già di per sé una “doccia fredda” che sconvolge gli equilibri individuali e di coppia, il ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) è un’esperienza altrettanto faticosa e sfidante sia per il corpo che per la mente.

Le tecniche di PMA oggi proposte in ambito medico con sempre più facilità e disinvoltura come la soluzione a tutti i problemi di infertilità, se possono portare al “risultato” tanto agognato di avere un figlio, non è detto che poi portino a benessere e felicità.

I percorsi di PMA (di primo livello –inseminazione intrauterina- e secondo livello –fivet, icsi) così come l’intervento eventuale di un donatore nella fecondazione eterologa, hanno un impatto da non sottovalutare sulla salute non solo fisica ma anche psicologica. I trattamenti spesso sono molto complessi, emotivamente stressanti e arrivano dopo la destabilizzante diagnosi di infertilità.

Iniziare un percorso di PMA ha un forte impatto sui pensieri e le emozioni che circondano l’attesa, l’arrivo di un figlio e le conseguenti modalità di cura e accudimento. Un tempo si parlava di “feto prezioso“ e di “gravidanza preziosa” per indicare la strada in “salita” per arrivare ad avere tra le braccia il proprio bambino. Possiamo quindi immaginare la condizione mentale ed emotiva a cui una donna e una coppia può andare incontro e con cui può vivere il periodo perinatale .

In questa ottica capiamo bene come non sia corretto proporre o pensare alla PMA come la panacea di tutti i mali, senza considerarne le conseguenze sulla salute psicologica e sulle funzioni genitoriali. Già durante la fase della ricerca della gravidanza il campo delle fantasie, dei vissuti e delle sensazioni legati alla sessualità e al progetto procreativo vengono invasi da un terzo (la tecnologia, il ginecologo, il farmaco ecc..) che si insinua nella vita dell’individuo e della coppia portando con sé fatica e programmazione, ma anche privando l’avventura procreativa di spontaneità, naturalezza, poesia, tenerezza, sensualità e calore.

Le fantasie dei singoli e della coppia di avere una soluzione concreta al problema, si scontrano poi con lo stress, spesso la delusione e con il vuoto che le basse percentuali di successo della PMA portano con se. Solo per dare dei numeri va sottolineato che in Italia nel 2018 le coppie che hanno fatto ricorso alla PMA hanno avuto una percentuale di successo del 28.4%.

La letteratura scientifica ci mostra in particolare come le tecniche di PMA siano molto faticose dal punto di vista psicologico e siano spesso accompagnate da vissuti di colpa, vergogna, frustrazione, dolore, paura, ansia e depressione.

Il bisogno delle donne e delle coppie di essere ascoltate nei loro timori, di essere aiutate nei diversi momenti di snodo e di decisione, di essere accolte dopo una fecondazione che non è andata a buon fine, prevederebbe spazi di ascolto e di cura psicologica che purtroppo non sono previsti dai centri PMA, se non in maniera estremamente limitata. 

Tante sono oggi le donne e le coppie che ricercano un aiuto psicologico per affrontare questo difficile momento. La risposta è solo però per coloro che possono permettersi ed hanno le risorse economiche, psicologiche e sociali per chiedere aiuto psicologico a professionisti psicologi psicoterapeuti che svolgono la loro attività in ambito privato.

Una recente ricerca pubblicata sugli Annali dell’Istituto di Sanità (2022) evidenzia come i Centri italiani per la PMA a tutt’oggi spesso non forniscono un'assistenza psicologica adeguata, nonostante la legge 40/2004 preveda il supporto psicologico in tutte le fasi della PMA (prima e durante il trattamento così come in caso questo fallisca). Il problema presente nel nostro Paese è che non esistono dei protocolli psicologici, comuni ed omogenei in tutti i centri (almeno quelli pubblici). In questo stesso studio è inoltre emerso che anche quando il servizio psicologico-psicoterapico è presente all’interno del Centro PMA spesso non è integrato effettivamente all’interno delle procedure di PMA previste.

La mancanza di percorsi strutturati di accompagnamento/supporto psicologico e di psicoterapia, laddove necessario per le donne, gli uomini, le coppie che devono affrontare questi impegnativi percorsi di genitorialità, è una carenza grave non solo per le conseguenze sulla salute mentale/qualità della vita del singolo. 

Tentativi ripetuti, eventualmente con gravidanze che terminano in uno o più aborti spontanei, possono avere un impatto significativo anche sulla mente della madre e sui vissuti delle eventuali gravidanze successive, con il rischio che poi ciò si ripercuota anche sul rapporto con il neonato/bambino. Come psicologi clinici ascoltiamo le storie delle nostre pazienti, dense di sofferenza, di ambivalenza, di rifiuto che non può essere espresso, in un clima di oblatività dove le donne spesso farebbero e fanno qualsiasi cosa pur di avere un figlio. Alla fine capita di avere la sensazione che, per le donne e per le coppie, la PMA rischi di diventare un labirinto in cui si perde di vista il senso di ciò che si sta’ facendo.

La complessità della tematica richiederebbe una riflessione ampia e condivisa: coinvolgendo prima di tutto chi propone questi percorsi, ma anche chi - come coppia - si accinge ad intraprenderli.

In altre parole si ritiene che sia sempre più necessario e urgente prestare attenzione in maniera autentica non solo al corpo che “non funziona a dovere”, ma anche al groviglio di emozioni e di difficoltà relazionali e sociali ad esso associate. In termini concreti ciò significa prendersi cura delle donne e degli uomini, della coppia e della famiglia nella sua interezza in modo che anche nelle difficoltà ci sia spazio per un progetto vitale, di riflessione profonda e di crescita per tutti.

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