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I mini gialli dei dettati 2
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Comprendere il lutto e riprendere a vivere

Il lutto è lo strappo lacerante di un legame affettivo, non l’accettazione della morte, ma piuttosto un processo che permette di adeguarsi alla perdita

Il lutto consegue alla perdita definitiva, dovuta alla morte, di una persona a cui si è profondamente attaccati e che rappresenta una figura insostituibile.

La morte è l’avvenimento più incredibile della vita, insieme alla nascita. Ma, mentre la nascita è un inizio, la morte conclude un’esistenza, interrompe quel flusso di momenti a volte meravigliosi, a volte banali, che costituiscono la vita di una persona.

Nel lutto, il problema che si pone non è la morte, ma la perdita della persona cara, poiché la morte è un avvenimento, mentre la perdita è un processo.

Il lutto può essere inteso come una storia d’amore tra due persone, interrotta dalla morte dell’una o dell’altra. Di questa storia, rimangono l’immenso vuoto dell’assenza e i ricordi che rivivono nel pensiero; ma non ha più né lo stesso significato, né la stessa possibilità di evolvere. Soltanto i ricordi conservano il gusto delicato e dolce dell’affetto e la tenerezza della premura reciproca.

Chi muore ci lascia anche un’immagine di noi stessi, come una sorta di specchio rivelatore. L’immagine che ci ha rimandato ha contribuito ad arricchire la nostra identità, a definirci meglio.

Tale processo di crescita e di sviluppo ci appare nella sua evidenza in quei coniugi che si scambiano quotidianamente le reciproche opinioni sulle loro esperienze immediate e sui loro progetti. L’altro ci ha plasmato, influenzato, modellato, consigliato e fatto evolvere.

Tuttavia, il miglior esempio di rapporto d’amore e d’affetto è sicuramente quello che abbiamo con i nostri genitori: ci hanno appoggiato incondizionatamente e spesso sono state le persone più costantemente disponibili per noi, quelle su cui abbiamo potuto fare affidamento più a lungo. Dove le relazioni familiari sono state conflittuali o addirittura ostili, il lutto sarà diverso, ma non certo indolore, perché la relazione con un genitore è comunque sempre molto forte, per quanto, magari, ambivalente.

La morte ha bruscamente modificato questo «essere insieme». In realtà, la persona scomparsa rimane sempre presente alla nostra memoria, ma ormai ciò che è cambiato è il modo di stare assieme. Tuttavia, poiché pensiamo a lei, poiché ne evochiamo il ricordo nelle nostre azioni e nei nostri pensieri, poiché ci manca, è sempre con noi. Quello che ci è venuto a mancare getta luce su ciò che siamo. La storia d’amore non è terminata: sono la simultaneità e la concomitanza, l’evoluzione mutua e reciproca — in una parola la complicità — a essersi interrotte. 

Perché dunque la morte di una persona cara è così dolorosa? 

Perché il lutto non è solo una storia d’amore che si interrompe: il lutto è anche uno strappo, la perdita lacerante di un affetto. 

È perciò importante parlare di questa funzione psicologica e fisiologica, che è interessata al processo del lutto.

Sarà utile ripeterlo: il problema non è la morte, poiché è un evento che non incontreremo mai. Quello che invece si incontra è la perdita nel momento in cui muore qualcuno. Pertanto, il lutto non è l’accettazione della morte, ma l’adeguamento alla perdita: e questo adeguamento è un processo, che si può scontrare a volte con degli ostacoli.

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