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Sicurezza sul lavoro e qualità degli ambienti di lavoro: per migliorarle, è fondamentale il dialogo tra conoscenze diverse  1

Sicurezza sul lavoro e qualità degli ambienti di lavoro: per migliorarle, è fondamentale il dialogo tra conoscenze diverse

Alcuni principi guida utili a livello di prevenzione e per migliorare la qualità di vita di chi ha avuto un incidente sul lavoro

Il sistema di sicurezza sul e del lavoro deve includere chi lavora. Chi opera, rischia. Il rischio zero è un obiettivo che dovrebbe essere sostituito dallo “zero incidenti”. Quotidianamente, giornali e televisioni informano di incidenti, sovente mortali, sul lavoro. Suggeriscono maggiori controlli, aumentando il numero degli ispettori. Riteniamo che l’obiettivo “zero incidenti” meriti un’altra logica.

Le storie delle vite di chi ha avuto un incidente sul lavoropossono essere un deposito di conoscenze da intrecciare con altre conoscenze. Può accadere che chi ha le altre conoscenze ritenga invece di avere la conoscenza, tutta. Di conseguenza, le conoscenze dei contesti concreti sono azzerate. Chi le ha si convince di avere conoscenze inutili, senza alcun valore. Se siamo convinti che le cose siano così, andiamo pure avanti. Se invece abbiamo anche solo un piccolo dubbio, interroghiamoci e interroghiamo le conoscenze dei contesti concreti. Ne potrebbero derivare informazioni e conoscenze per migliorare la qualità degli ambienti di lavoro; e la qualità della vita di chi è stato protagonista di un incidente sul lavoro.

Migliorare la qualità degli ambienti di lavoro: prevenzione. Migliorare la qualità della vita di chi ha un incidente sul lavoro: cura.

Dal dialogo di conoscenze possono derivare alcuni principi-guida:

  1. Combattere la propria inerzia entrando in contatto con altre situazioni.

  2. Attivare le reti di scambio dei “tesori nascosti in casa”, cercando l’elemento che permette di evitare la perdita di identità, di riconoscimento, di connessioni.

  3. E quindi guardare la realtà con il gusto dell’impegno, della comprensione profonda, vivendo lo scambio non come un dovere che si assolve nel tempo libero ma come impegno professionale.

  4. Fare in modo che i punti precedenti non siano risolti sul piano personale – del singolo – ma abbiano un riscontro reale e percepibile nell’organizzazione istituzionale.

  5. Riconoscendo l’importanza dei mediatori, individuare i mediatori efficaci in funzione della prospettiva inclusiva.

  6. Individuando le buone prassi nella società complessa, rendere leggibili le tracce – tracciabilità - non facendo confusione.

Il dialogo fra conoscenze diverse. La mappatura dei rischi.

Il dialogo fra conoscenze diverse, come quelle fra chi ha vissuto un’esperienza traumatica e quella di chi ha studiato l’organizzazione del trattamento post traumatico. 

Il linguaggio, dialogando, cambia, attraversando fasi di salutare incertezza. Il vocabolario di chi è stato vittima esce dal vittimismo. Quello di chi è attivo nell’organizzazione del trattamento post traumatico esce dal tecnicismo.

È possibile che entrambe abbandonino il gergo come barriera protettiva.
Il linguaggio può aprire delle finestre che permettono di vedere un paesaggio prima sconosciuto. Percorre la strada dell’assunzione di responsabilità. Ciascuno deve assumere la responsabilità, e quindi la conoscenza e la coscienza, dei rischi che corre.

Chi inciampa e rischia di cadere si appoggia a quello che trova a disposizione.

  • Coinvolgiamo chi ha un bisogno nella realizzazione del progetto della mappatura dei rischi.

  • La mappa dei rischi può essere realizzata individuando, nei percorsi abituali di ciascuno, le zone e gli orari in cui possono più facilmente essere presenti dei pericoli. Un angolo di strada alle 10 del mattino può essere tranquillo, e dieci ore dopo no.

  • La mappa dei rischi è completabile e integrabile con l’aggiunta di nuovi percorsi, e con l’inserimento delle terre di mezzo. Ha una caratteristica fortemente personalizzata. Non riguarda rischi generali, ma i rischi che corre una singola persona, con le sue originalità, i suoi tempi di reazione, i suoi ritmi che producono il suo affaticamento e la sua capacità di organizzarsi. Ha inizio dall’esame dettagliato compiuto da una persona di una sua giornata qualunque. Quali sono i momenti e i luoghi, gli spazi, le funzioni, che comportano dei rischi? Dopo aver risposto, costruendo una vera e propria mappa, alla domanda, proviamo, magari avendone fatto delle copie, a variare i giorni della settimana, le stagioni dell’anno … scoprendo che il tal giorno, grazie alla presenza della tal persona, i rischi cambiano. Cambiano anche secondo che faccia freddo o caldo. Ciascuno ha i suoi gusti. E ciascuno ha i suoi rischi. Che possono essere affrontati ciascuno a suo modo. Ciascuno avendo le sue terre di mezzo, che non hanno niente a che fare, probabilmente, con le terre di mezzo di Tolkien.


Riferimenti bibliografici

  • Cfr. D. CECCARELLI E. COCEVER (2019), Storie sulla pelle. Vivere (e raccontarsi dopo un infortunio, Erickson, Trento.
  • Cfr. D. CECCARELLI E. COCEVER (2019), Storie sulla pelle. Vivere (e raccontarsi dopo un infortunio, Erickson, Trento.
  • Cfr. DAMASIO A.R. (1995 ; 1994), L’erreur de Descartes. La raison des émotions, Ed. O. Jacob, Paris. L’edizione italiana è presso l’editore Adelphi.
  • La mappa dei rischi è frutto dell’impegno di Ivar Oddone (1923-2011). L’INAIL, nel 2006, ha ristampato la dispensa sindacale L’ambiente di lavoro, da lui curata, uscita per la prima volta nel 1969. Ivar Oddone, medico del lavoro e docente universitario a Torino, riteneva di avere conoscenze mediche che dovevano incontrare le conoscenze empiriche dei singoli operai. La mappa dei rischi era uno dei modi di rappresentare le conoscenze.
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