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Ripensare i servizi di prossimità per aiutare le famiglie in difficoltà in seguito alla pandemia 1

Ripensare i servizi di prossimità per aiutare le famiglie in difficoltà in seguito alla pandemia

Un progetto della Caritas Bergamasca ci parla di una comunità sensibile, in grado di adattarsi rapidamente al nuovo contesto, includendo i diretti interessati

I mesi di lockdown hanno costretto tutti noi a grandi cambiamenti nelle nostre quotidianità, ma alcune persone più di altre sono state colpite da disagi e sofferenze. Si pensi a tutte le persone in condizioni di povertà economica senza un lavoro sicuro o le cui entrate erano basate su lavori occasionali e precari che si sono ritrovate improvvisamente senza un’occupazione. Numerose sono le famiglie che per nutrirsi, vestirsi o accompagnare i figli nel loro sviluppo si appoggiano ai tanti enti pubblici, ecclesiastici o laici, di terzo settore presenti sui nostri territori che offrono distribuzioni di alimenti e vestiti, sussidi economici, servizi educativi, occasioni di socializzazione o percorsi di accompagnamento al ruolo genitoriale. Con l’entrata in vigore delle restrizioni governative questi servizi sono stati sospesi e molte famiglie si sono ritrovate isolate, senza quel supporto da parte di professionisti o volontari su cui prima potevano fare affidamento.

Tuttavia, la grave emergenza che ha colpito il nostro Paese e il mondo intero ha trovato comunità territoriali sensibili e flessibili che sono state in grado in poco tempo non solo di pensare a coloro che si trovavano in una situazione di fragilità, ma anche di attivarsi prontamente per sostenerli pur nel rispetto delle normative vigenti.

Tra i tanti esempi di questo tipo sorti in Italia, vi è stata l’esperienza della Caritas bergamasca che da anni organizzava con il proprio Centro d’Ascolto un servizio di distribuzione di beni di prima necessità. I volontari che prestano servizio in questa realtà hanno iniziato un processo di ri-pianificazione del servizio per pensare a come poter aiutare le famiglie che partecipavano alle distribuzioni prima dei mesi di lockdown. Questo processo è stato particolarmente significativo poiché ha coinvolto anche i diretti interessati nella riflessione .
Tramite la somministrazione di un’intervista semi-strutturata ai volontari, alle persone e ai nuclei familiari che usufruivano abitualmente del servizio di distribuzione delle borse alimentari, si è cercato di dar voce a coloro che erano coinvolti direttamente e a vario titolo nell’attività di prossimità, includendo ogni peculiare punto di vista per il rinnovamento della stessa. Ai volontari, per la maggior parte giovani che hanno prontamente dato la loro disponibilità in fase di emergenza, è stato chiesto come percepissero il proprio ruolo, quali fossero a loro parere i punti di forza e di debolezza del servizio, per poi lasciare spazio a suggerimenti e ipotesi creative che avrebbero potuto arricchire l’azione caritativa. Tramite telefonate, è stato chiesto alle famiglie di esprimere, in libertà, considerazioni personali e qualitative circa il servizio, il rapporto con i volontari e la corrente situazione, nonché riportare riflessioni e consigli per adattare l’iniziativa della Caritas parrocchiale alla nuova situazione di lockdown.

Le voci di una ventina di famiglie e di tredici volontari si sono così espresse con spontaneità non solo nel rispondere a ciò che veniva loro chiesto, ma dando anche la loro disponibilità per ampliare il ragionamento verso una progettazione condivisa in ambito Caritas. Oltre ai feedback riguardo il servizio, i presenti aspirano a migliorare e supportare i legami comunitari, in ottica di continuità e nascita di progetti di carità e sensibilizzazione. Il reciproco desiderio di conoscenza tra volontari e persone beneficiari di alimenti da Caritas si è tradotto in proposte di occasioni di dialogo e incontro. Tra le più rilevanti di quelle poi realizzatesi, si possono qui citare:

  • la creazione di una Scatola di pensieri e consigli posta in sede Caritas per dare la possibilità a chi vi accede di esprimere liberamente riflessioni, opinioni e pensieri;

  • la realizzazione di eventi di ritrovo e socializzazione nei mesi seguenti al lockdown;

  • le visite dei volontari presso i domicili delle famiglie che diventano occasione per un caffè e due chiacchiere;

  • la creazione di uno spazio compiti realizzato nei mesi estivi rivolto ai figli dei nuclei seguiti.

Quest’ultima azione è sorta per dare risposta alle difficoltà dei diretti interessati, colte dai volontari grazie alle relazioni di fiducia e vicinanza sorte in seguito al cambiamento organizzativo dei servizi di prossimità.

L’esperienza della Caritas Bergamasca ha saputo cogliere dal periodo di difficoltà un’opportunità di miglioramento delle attività, andando verso un’ottica partecipativa in grado di riscoprire il valore dell’incontro e del dialogo. Questo è stato reso possibile grazie alla capacità dei responsabili di attivarsi per rispondere alle nuove esigenze, alla disponibilità dei giovani volontari che hanno permesso di implementare le azioni durante il periodo d’emergenza e all’intuizione di far partecipare al ripensamento dei servizi sia le famiglie che i nuovi arrivati.

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