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Social (net)work

L’utilizzo di Facebook nel lavoro sociale con bambini, ragazzi e famiglie

Come ricordano gli studiosi McAuliffe e Nipperess: «I social sono un mondo contestato che mette in luce molte sfide, la maggior parte delle quali ricadono nel campo dell’etica». Una critica comune che viene mossa al lavoro sociale è che questo non sia in grado di tenere il passo con i rapidi cambiamenti dei social, creando dei dilemmi etici importanti. Diversi codici etici e deontologici collocano in una «zona grigia» questo utilizzo dei social da parte degli assistenti sociali e la maggior parte di loro afferma che la decisione di accedere ai profili social diventa una scelta individuale che varia da situazione a situazione.

Dove manca un codice e/o politiche al riguardo, i ricercatori suggeriscono di procedere alla loro elaborazione, perché, anche dove sono presenti, a volte non sono sufficienti a contenere possibili pratiche eticamente discutibili. Anche quando un assistente sociale definisce non accettabile l’utilizzo dei social per osservare il profilo di una persona, di fatto potrebbe decidere di farlo, come ha spiegato questa operatrice sociale nella ricerca condotta da Todd Sage e Melanie Sage: «Mi sono ritrovata a cercare degli utenti sui social, soprattutto coloro che avevano interrotto la relazione di aiuto. Sentivo che non era etico, ma ho continuato a guardare il profilo e credo che molti operatori della tutela minori facciano lo stesso». Su questa facilità di accesso alle informazioni gli operatori si dividono tra chi è favorevole e chi è contrario all’uso dei social.

Le posizioni a favore sostengono, ad esempio, che guardare i profili dei genitori di un bambino o dei fratelli o anche dei possibili genitori affidatari fornisce una maggiore tutela del minore. Altri sostengono che in un approccio orientato ai fattori di rischio, l’utilizzo dei social è un ulteriore strumento, tra gli altri disponibili, per effettuare un assessment completo del nucleo familiare, mettendo in secondo piano la privacy e la riservatezza delle persone coinvolte in favore di una maggiore sicurezza per i bambini e i ragazzi.

Dall’altro lato, chi è contrario si focalizza meno su un’azione di controllo e sottolinea come, anche con l’autorizzazione della persona, l’utilizzo dei social possa inficiare l’instaurarsi di una relazione di aiuto basata sulla fiducia e la reciprocità. Infatti, l’assistente sociale attraverso i social potrebbe farsi un’idea sbagliata della persona, in quanto molte volte i post pubblicati possono esagerare o travisare la realtà. Questa realtà virtuale, quindi, può mettere in discussione la veridicità delle informazioni pubblicate e mettere in seria difficoltà la relazione di aiuto tra l’operatore e la persona, o portare l’operatore a utilizzare Facebook come uno strumento di valutazione per verificare la coerenza tra l’utente di Facebook e l’utente conosciuto di persona.

L’articolo completo “Social (net)work” è disponibile sul numero di agosto 2021 della rivista Erickson “Lavoro sociale”

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