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La dignità dell’anziano nell’era della pandemia 1

La dignità dell’anziano nell’era della pandemia

Punti di forza e debolezza, opportunità e minacce dell’assistenza agli anziani attraverso la robotica

L’uso dei robot nell’assistenza agli anziani si sta estendendo in tutto il mondo. Tanti Paesi, Giappone, Stati Uniti, Cina stanno esportando robot. L’Italia ancora non li utilizza, ma è nel nostro futuro. Il problema è capire questi robot a che cosa serviranno. Rispettano la dignità dell’anziano? Sono veramente utili? Possono in qualche modo supplire a certe carenze nell’assistenza e nel sistema sanitario?

La pandemia ci ha mostrato quella che io chiamo l’epifania delle relazioni, cioè una manifestazione dell’importanza delle relazioni. Le relazioni sono la vita e la stoffa del sociale, in tutti gli ambiti, nel lavoro, in famiglia, in ospedale, nelle comunità religiose, in una casa di riposo. In tutti i luoghi e in tutte le attività. Senza relazioni non viviamo. Però, esiste una ambivalenza nelle relazioni: ne abbiamo un assoluto bisogno, ma portano anche virus, non solo quelli sanitari. L’anziano ha bisogno di relazioni umane come nessun altro. Allora, che ruolo può giocare il robot?

Abbiamo bisogno di analizzare i punti di forza e debolezza, le opportunità e le minacce che la tecnologia robotica produce. Non si può negare che i punti di forza siano molti. Per sintetizzare, il robot è preciso, supera l’errore umano, fornisce delle prestazioni standardizzate. Per questo, dal punto di vista della sua programmazione, il robot è affidabile. I punti deboli invece consistono nella sua incapacità di provare delle emozioni autentiche, nonostante ci sia una linea di robotica che cerca di empatizzare i robot. Ma fino ad ora, il robot non è capace di dare risposte empatiche, non riesce a mettersi nei panni dell’anziano.

Per l’anziano dare fiducia al robot è un problema, perché in molti casi lo reputa solo una macchina e perché l’insicurezza di fronte all’agire del robot provoca un senso di incertezza e di disorientamento.

Questo è un punto debole forte. Le opportunità sono sicuramente positive: il robot svolge tutta una serie di compiti di assistenza, soprattutto nei casi di malattie gravi; si può occupare della pulizia; svolge attività di monitoraggio della vita quotidiana, occupandosi ad esempio della giusta nutrizione e idratazione; monitora l’attività fisica; può assolvere compiti di terapia e riabilitazione, di somministrazione dei farmaci, consentendo una maggiore scelta nelle cure.

Il lato problematico rimane quello sociale. Il robot fa compagnia? Certamente può favorire l’autonomia fisica, ma non la compagnia in senso stretto. Ecco che passiamo allora alle minacce che la tecnologia robotica può produrre. E queste si legano al problema della relazionalità: il rischio è che le relazioni robotiche antropomorfiche possano confondere l’anziano. L’anziano sente che il robot non è un essere umano. Nel fatto di non capire chi ha di fronte, si palesa una minaccia per l’anziano. Inoltre, ci sono dei problemi etici, di responsabilità per le azioni non etiche del robot. E non dimentichiamo che sussiste sempre una possibilità di inganno e truffa perché la robotica non è ancora sicura da questo punto di vista.

L’articolo completo “La dignità dell’anziano nell’era della pandemia” è disponibile sul numero di febbraio 2021 della rivista Erickson “Lavoro sociale”

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