Ma a poco a poco, nel corso del XVIII secolo… l’alienato (il cosiddetto «folle»; NdR) ha interamente perduto la verità: è abbandonato all’illusione di tutti i sensi, alla notte del mondo; ogni sua verità è un errore, ogni sua evidenza un fantasma; egli è in preda alle forze più cieche della follia.
Michel Foucault, Storia della follia nell’età classica, Milano, Bur, 2012, p. 557
In ogni relazione di aiuto, non solo in psichiatria, scatta spesso un inconscio confronto tra l’operatore che sta bene (è lucido, sano, sicuro di sé, morale, ecc.) e la persona vulnerabile che sta male (è confusa, malata, insicura, degradata, immorale, ecc.).
L’operatore professionale tende spesso sovrappensiero a calcare la mano, esagerando la portata delle negatività che incontra. Finisce spesso a dare quasi per scontato che le persone davanti a lui, in virtù di tutti i suoi problemi e a volte dei suoi evidenti sproloqui, siano incapaci di esprimere alcun senso.
Perciò si prendono in cura sottoponendole a precisi trattamenti, anziché ascoltarle.