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Promuovere una didattica sensibile alle differenze 1

Promuovere una didattica sensibile alle differenze

La complessità del lavoro dell’insegnante è legata alle grandi differenze che allievi ed allieve presentano. È un dato di fatto che quotidianamente, e sempre più, l’insegnante si trova a lavorare con gruppi molto eterogenei, nei quali bambini, bambine e adolescenti manifestano caratteristiche, comportamenti ed anche bisogni diversi che condizionano la loro esperienza a scuola ed il loro impegno e rendimento scolastico. 

In tutte le classi e in ogni grado scolastico è necessario prendersi cura di allievi e allieve difficili, che presentano comportamenti e atteggiamenti di chiusura e indisponibilità alla relazione educativa, e con cui non è facile instaurare un rapporto personale. Ci sono anche allievi ed allieve poco abituati al rispetto delle regole e che manifestano comportamenti inappropriati (turpiloquio, atteggiamenti scortesi, mancato rispetto per compagni, compagne e adulti). Un ulteriore elemento di complessità è dato dalla presenza in classe di allievi e allieve con disabilità (visiva, uditiva, motoria), con deficit intellettivo di vario genere, con deficit di attenzione e di iperattività, con disturbi specifici dell’apprendimento con certificazione e senza attestazione di disturbo ma che richiedono forte attenzione educativo-didattica. 

Infine, un ulteriore elemento di complessità è dato dal fatto che ogni persona ha un proprio modo di apprendere. Ogni bambino, bambina, adolescente ha una propria storia di vita che rende il suo modo di guardare al mondo unico e particolare. Per ciascuno di loro, alcuni linguaggi facilitano l’attenzione, la memorizzazione o la comprensione e altri le rendono più difficili. Ogni bambino, bambina e adolescente ha dei tempi di apprendimento differenti da quelli degli altri e delle preferenze verso certi tipi di spazi. Ha un suo personale stile nel reagire a un input, nell’organizzare informazioni e nell’approcciarsi alla risoluzione di un problema.

L’insegnante si trova quindi a dover costruire un clima ed una vita di classe veramente inclusivi dove ogni allievo e ogni allieva possa trovare un ambiente ricco di esperienze formative, colmo di proposte efficaci, e dove ognuno possa trovare, con l’aiuto di compagni e compagne, le strade per crescere e imparare. 

Dal punto di vista didattico ciò comporta attivare processi di individualizzazione e personalizzazione, cioè adottare un approccio basato sulla differenziazione dei percorsi di apprendimento, per quel che riguarda sia le modalità sia i traguardi da raggiungere.

La differenziazione è però connessa a un rischio: il sovraccarico lavorativo per l’insegnante, che ha la sensazione di non potercela fare a tenere opportunamente conto di tutte le differenze presenti all’interno della classe. Ciò però è vero fino a che l’impostazione tradizionale, trasmissiva e frontale della lezione non è messa in discussione. 

La gestione della grande eterogeneità e di tutte le differenze presenti in classe può diventare più sostenibile solo se l’insegnante si fa un po’ da parte e aumenta invece la partecipazione attiva di alunne e alunni. “Non significa abdicare al ruolo di guida e di adulto rispetto ai soggetti in formazione, ma di farsi regista anziché primo attore e di andare in scena, invece, con l’intero gruppo classe”. 

Presupposto necessario per la differenziazione e personalizzazione è quindi il superamento dell’insegnamento frontale come metodologia didattica prevalente, a favore di altre forme di insegnamento e apprendimento che prevedono una maggiore attenzione alle differenti caratteristiche individuali di alunni e alunne e propongono un’organizzazione degli spazi, dei tempi e dei materiali che le rispettano, favorendo la creazione di percorsi mirati e personalizzati.

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