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Il saper essere del docente: dal Quadro Comune Europeo alla certificazione CEdAL

Il panorama odierno

La realtà educativa odierna si caratterizza per una certa complessità di fondo: tale complessità scaturisce dai rapporti dinamici e mutevoli tra le diverse variabili coinvolte nel processo formativo, quali l’apprendente (‘sujet’), l’insegnante e i supporti didattici (‘agent’), il contenuto trasmesso (‘objet’) e il contesto dell’apprendimento (‘milieu’).
Nonostante a partire da fine Novecento vi sia stato uno slittamento di paradigma che ha portato gli studiosi e gli educatori a concentrare le proprie ricerche e osservazioni sull’apprendente e sull’ambiente di apprendimento, la figura dell’insegnante, specie in ambito glottodidattico, rimane centrale. Ne è una prova la diffusione capillare, nel corso degli ultimi vent’anni, di strumenti dedicati alla formazione e all’aggiornamento degli insegnanti di lingua, quali il Profilo europeo (Kelly e Grenfell, 2004) e il PEFIL (Newby at al., 2007).

Le competenze dell’insegnante di lingua

Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER, 2001) elenca, attraverso i suoi descrittori, le competenze che un apprendente deve acquisire per poter padroneggiare una lingua straniera a un determinato livello. Uno dei promotori di tale acquisizione è proprio l’insegnante, il quale non solo deve essere in grado di proporre un modello di lingua corretto, variegato e pragmaticamente appropriato, ma anche possedere e favorire nell’apprendente lo sviluppo delle cosiddette competenze generali. Tali competenze fanno parte del bagaglio personale ed esperienziale dell’individuo e nel QCER vengono così suddivise: sapere (conoscere un determinato argomento), saper fare (essere in grado di discutere di tale argomento), saper essere (essere sciolto e spontaneo nell’interazione) e saper apprendere (essere in grado di imparare in autonomia).

La CEdAL e il saper essere

La certificazione CEdAL (Certificazione di Esperto dell’Apprendimento Linguistico) promossa dal gruppo di ricerca Elicom dell’Università di Parma si ispira sia ai descrittori delle competenze del QCER che al modello bio-psico-sociale proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICF-CY, 2007).
Durante il corso di preparazione e nell’esame di certificazione (la quale è rivolta non solo agli insegnanti, ma in generale a tutti gli educatori) viene data rilevanza sia alle competenze teoriche e operative che a quelle relazionali ed emotive. Queste ultime possono essere inserite tra le competenze del saper essere (QCER, 2001) del docente, e vengono a costituire un elemento di capitale importanza nel caso in cui gli studenti presentino un DSA o, come accade più frequentemente, dei Bisogni Linguistici Specifici (BiLS - Daloiso, 2013).
In questi casi l’Esperto dell’Apprendimento Linguistico può usufruire di appositi strumenti per l’analisi dei bisogni dell’apprendente, tra cui il Profilo Glottomatetico Funzionale (PGF - Daloiso, 2015). Nel Profilo una parte della griglia di osservazione è dedicata proprio ai fattori ambientali e personali che influiscono sullo stato emotivo del discente e sul suo atteggiamento nei confronti dell’apprendimento.
Si può dire che il saper essere del docente che la certificazione CEdAL cerca di promuovere passa soprattutto attraverso l’attenzione a questi fattori e la capacità di rispondere con empatia ai bisogni del singolo apprendente.

L’Esperto dell’Apprendimento Linguistico (EdAL) all’opera

Nella primavera 2020 ho avuto modo di mettere in atto le conoscenze teoriche e le competenze operative che ho acquisito durante il corso di formazione “Diventare un Esperto dell’Apprendimento Linguistico”. In particolare, lavorando con studenti universitari con DSA in qualità di esercitatore di lingua inglese, ho compreso l’importanza degli aspetti relazionali ed emotivi nella pratica didattica quotidiana.
Nel mio caso la necessità di stabilire un rapporto empatico con gli apprendenti è emersa sin dalle prime fasi del corso. Per ottenere la fiducia degli studenti, ho dovuto dimostrare di essere a conoscenza degli ostacoli che essi incontrano quotidianamente nel loro apprendimento (sapere). In seguito, per incentivare la loro motivazione, ho cercato di promuovere delle specifiche strategie volte all’abbattimento di tali barriere (saper fare). Infine, per creare un ambiente di apprendimento efficace, ho agito da facilitatore incoraggiando l’interazione e il confronto tra gli studenti stessi (saper essere).
Le attività del corso che più hanno favorito l’incontro tra sapere, saper fare e saper essere sono (non casualmente) quelle focalizzate sul quarto tipo di sapere, il saper apprendere. In effetti la riflessione sulle strategie indirette di tipo metacognitivo (ad es. le strategie di ascolto di un brano, quelle di memorizzazione del lessico, la progettazione di un’interazione in lingua tramite un prompt o la creazione di mappe mentali e concettuali) e l’esplicitazione delle stesse hanno consentito l’abbassamento del filtro affettivo degli studenti e hanno favorito il confronto tra di loro. Ognuno ha condiviso con i compagni le proprie strategie di problem-solving e ha dato e ricevuto consigli sulle tecniche più adatte al superamento di determinate difficoltà.
Alla luce di questa esperienza, mi sento di ribadire ancora una volta come l’apprendimento e l’insegnamento risultino più efficaci quando passano attraverso lo sguardo dell’altro, i suoi bisogni specifici e il suo modo di imparare talvolta diverso e talvolta simile al nostro.

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