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Il ruolo dell’auto/mutuo aiuto nell’assistenza agli anziani non autosufficienti - Erickson 1

Il ruolo dell’auto/mutuo aiuto nell’assistenza agli anziani non autosufficienti

Una risorsa preziosa sia per chi presta aiuto, sia per gli anziani assistiti

Chi si prende cura di un anziano non autosufficiente, oltre all’impegno fisico, va spesso incontro a vissuti di smarrimento, solitudine, isolamento. Talvolta, quando l’anziano non autosufficiente è un familiare, può essere necessario anche fare delle scelte drastiche, come ad esempio lasciare o ridurre l’attività lavorativa, ed è molto difficile riuscire a mantenere legami amicali e relazioni sociali.
Le stesse persone anziane, nel momento in cui si rendono conto di perdere l’autonomia, soprattutto se questo avviene in maniera graduale, possono provare sentimenti di grave smarrimento, rabbia, rifiuto dei supporti, oppure depressione.

In questi casi, sia per i caregiver che per le persone anziane, può essere molto utile la partecipazione a gruppi di auto/mutuo aiuto, ossia a quei gruppi in cui persone che si trovano ad affrontare la stessa problematica si incontrano per condividere le proprie esperienze.

La forza di questi gruppi consiste principalmente nel fatto che le persone che si incontrano per condividere le proprie esperienze, oltre ad essere «portatori» di una difficoltà, diventano al contempo portatori di un sapere che può diventare prezioso per altri che vivono una condizione simile.  

Nei percorsi con gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie, il gruppo risponde al fondamentale bisogno di non sentirsi soli di fronte al dolore e alla sofferenza, aiuta il caregiver a prendersi cura dell’anziano e, al contempo, si prende cura di lui.

I benefici che sia i caregiver che le persone anziani non autosufficienti possono ricavare dalla partecipazione a gruppi di auto/mutuo aiuto sono numerosi. Qui di seguito abbiamo provato a riassumere i principali:

  • Nel gruppo ciascuno può esprimere liberamente i suoi sentimenti, anche quelli ritenuti «inconfessabili» (rabbia, vergogna, disperazione ecc.) perché si trova in un ambiente rispettoso e non giudicante

  • Nel gruppo ci si sente accolti e compresi profondamente, dal momento che si vive una condizione simile («Tu mi puoi capire davvero»)

  • Nel gruppo è possibile stabilire nuovi legami, che spesso si trasformano in esperienze molto profonde di amicizia e supporto reciproco, talora anche molto concreto

  • Il gruppo consente uno scambio di informazioni su percorsi, procedure, servizi, di cui non è sempre facile venire a conoscenza e, in tanti casi, l’esperienza pregressa può davvero essere una fonte preziosa di notizie per altri

  • Il gruppo aiuta a compiere scelte, anche difficili, relative alla gestione dei propri familiari e/o a tutto ciò che comporta la condizione di non autosufficienza

  • Il gruppo valorizza le «competenze esperienziali» che si sono acquisite nel corso del tempo: infatti, chi è davvero esperto della non autosufficienza se non chi quotidianamente sperimenta e affronta questa situazione

L’articolo completo a cura di Francesca Corradini (Gruppo di Ricerca Relational Social Work Università Cattolica di Milano) è disponibile sul numero di febbraio 2018 della rivista Erickson Lavoro Sociale.

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