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Il lavoro dell’insegnante è un lavoro artigiano  - Erickson 1

Il lavoro dell’insegnante è un lavoro artigiano

Che cos’è l’innovazione didattica? Si può trasformare la didattica in un’intera scuola? È possibile rivoluzionare le prassi di lavoro di un Collegio docenti? Rispondono Roberta Passoni e Franco Lorenzoni

Roberta: «Negli ultimi anni spesso si è scambiata l’innovazione didattica con l’introduzione di nuove tecnologie. Le tecnologie sempre più sofisticate di cui si può dotare una scuola possono certamente offrire supporti significativi alla didattica e, in particolare, possono offrire supporti e strumenti assai utili per rispondere a bisogni educativi speciali, ma è assai riduttivo pensare che l’innovazione didattica si possa misurare sulla quantità di tecnologia che introduciamo nelle nostre aule. È ciò che sta dietro e prima di ogni strumento che lo rende efficace e realmente innovativo». 

Franco: «Talvolta vedo il rischio, per noi insegnanti, di prendere l’abitudine di scaricare molti materiali da internet, senza troppo criterio. Dovremmo porci qualche domanda sulle differenze tra tecnologia come possibilità e tecnologia come pigrizia. Se non si ha la necessità di mettersi in gioco, sperimentare, pensare in proprio, come possiamo dare a bambine e bambini, a ragazze e ragazzi, la fiducia che nasce dal pensare che di fronte a ogni oggetto di conoscenza tutti abbiano il diritto di dire la loro e di confrontarsi con ciò che pensano gli altri con grande libertà?».

 Roberta: «Il nostro è un lavoro artigiano e credo non si possa crescere — soprattutto crescere insieme — senza quel corpo a corpo che permette a noi insegnanti di scambiarci esperienze, condividere materiali, progettare percorsi comuni. I materiali di lavoro, così necessari per ogni innovazione didattica, vanno costruiti e possibilmente condivisi tra docenti, non utilizzando esclusivamente il libro di testo come unico strumento a cui attingere o scaricando passivamente materiali già confezionati nel web. Altrimenti l’enorme ricchezza che potenzialmente la rete ci offre si trasforma in povertà». 

Franco: «Il progetto lettura, promosso da 18 anni nell’Istituto comprensivo di Attigliano-Guardea, è un esempio concreto di come, a partire dal grande problema del rendere la lettura dei libri un territorio stimolante e appassionante per tutti, si possa costruire un luogo concreto di ricerca comune e di incontro tra insegnanti che lavorano con allievi di diverse età». 

Roberta: «Il progetto lettura è stato pensato fin dall’inizio come esperienza verticale, per cercare di nutrire e favorire la continuità educativa. Credo abbia innescato ricerche interessanti perché lo scegliere un libro da leggere per tutto l’anno insieme, insegnanti della scuola dell’infanzia e della prima classe primaria, così come docenti della quinta primaria con professori della prima classe secondaria di primo grado, ha permesso incontri e 14 contaminazioni reciproche sul terreno della didattica concreta. Trovare strategie e sperimentare metodi per un avvicinamento lento e significativo alla lettura di un libro ha stimolato a scambiarsi esperienze e confrontare percorsi durante il cammino, ed è stato particolarmente significativo che i bambini andassero regolarmente in visita ai loro compagni che frequentano un altro grado di scuola sull’onda di una lettura e di un percorso comune».

Franco: «Accorciare le distanze tra livelli diversi di scuola è uno dei compiti che abbiamo e il miglior alleato sta sempre nella cooperazione tra colleghe e colleghi. Da diciotto anni il progetto lettura è certamente il luogo che maggiormente ha aiutato a trasformare la nostra scuola in un Istituto realmente comprensivo. Il percorso di formazione che qui desideriamo condividere nasce proprio dal tentativo di incontro nella sperimentazione tra docenti di diverse scuole e diversi gradi di istruzione». 

Roberta: «Territori a confronto è stata un’esperienza di formazione per alcuni versi esemplare, che ritengo abbia arricchito molti docenti delle scuole in cui lavoriamo. Un progetto fortemente voluto da Stefania Cornacchia, Maria Elisabetta Mascio e Patrizia Fioretti, tre Dirigenti scolastiche che l’hanno cominciato a ideare contando sulle proprie forze dall’autunno del 2013, appena sono entrate in vigore le Indicazioni nazionali. Fin dall’inizio, mi sono resa conto delle grandi difficoltà che ci si trova ad affrontare nell’immaginare e progettare una formazione capace di coinvolgere tutti». 

Franco: «Come membro del Comitato Nazionale per l’accompagnamento delle nuove Indicazioni nazionali, sono stato chiamato a giocare un ruolo di osservatore e amico critico di questo progetto e la prima cosa che tengo a sottolineare è che l’esperienza vissuta da tanti docenti nella provincia di Terni dimostra che si può costruire un percorso di formazione ricco, articolato e capace di durare nel tempo, a partire dalle risorse che i diversi istituti hanno già al loro interno, valorizzando qualità e professionalità presenti nelle nostre scuole». 

Roberta: «Di più. Penso che questo percorso di formazione abbia permesso di scoprire e mettere in luce pratiche e capacità presenti nella scuola che troppe volte restano nascoste. Per me, ad esempio, partecipare a questo lungo processo ha costituito una grande risorsa a cui continuo ad attingere. Certo, all’inizio ho dovuto compiere un notevole sforzo, che tuttavia ho ritenuto necessario perché sento che uno dei compiti, come educatrice che lavora all’interno di un’istituzione pubblica, stia nell’impegno a migliorare la scuola in cui mi trovo. Man mano che sono cresciuta nel mio lavoro di insegnante ho infatti pensato che fosse un mio dovere allargare il concetto di equità delle opportunità, che ho sempre cercato di garantire all’interno della mia classe, provando a estenderlo al plesso in cui lavoro e all’intero Istituto comprensivo in cui mi trovo a operare».

 

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