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I mini gialli dei dettati 2
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Quando dire “Stai attento!” non basta

Esistono diversi tipi di attenzione e capire come funzionano permette di aiutare bambine e bambini disattenti a sviluppare le loro capacità

Se siete genitori di bambini disattenti non farete fatica a ricordare quella volta in cui avete detto a vostro figlio: “Stai attento alla macchina che sta arrivando! Stai bene attento mi raccomando anche se attraversi sulle strisce bisogna sempre guardare a destra e a sinistra”. Oppure: “Fai attenzione a dove metti le tue cose non posso comprarti una gomma e un temperamatite nuovi ogni settimana!” E infine qualcosa del tipo: “Fai attenzione quando l’insegnante parla in classe possibile che tu sia l’unico a non avere mai i compiti scritti sul diario?”.

Queste frasi forse vi suoneranno familiari e probabilmente per rimanere in tema è per questo che le avete lette senza dar loro la giusta importanza e senza aver dedicato la necessaria attenzione. Ma vi sarete certamente accorti che i tre esempi citati riportano richieste simili ma non identiche. All’interno di tali richieste infatti il significato attribuito al termine attenzione è estremamente diverso.

Se richiamate vostro figlio perché guardi in entrambe le direzioni prima di attraversare la strada si dice che state orientando i suoi sensi nello spazio. Un’espressione tecnica per dire che state utilizzando la vostra voce per indirizzare il suo sguardo nella direzione desiderata. Se gli dite “Stai ben attento” invece state rimarcando con forza il valore e l’importanza del vostro intervento e quindi sollecitate il bambino a concentrarsi per non trascurare nulla di quello che state per dire. Si tratta di una sottolineatura del vostro intervento. Se lo invitate a prestare maggiore attenzione al suo materiale scolastico in buona sostanza gli state intimando di essere un po’ più ordinato e di avere maggiore cura di tutto quello che si trova nel suo astuccio. In questo caso richiamate quella che dovrebbe essere una sua responsabilità ma prima ancora una sua competenza. Se infine utilizzare la frase “Fai attenzione quando l’insegnante parla” lo invitate a essere consapevole a imporsi di non distrarsi a scegliere volontariamente di non focalizzare la sua attenzione su altro che non sia l’insegnante e quindi a utilizzare una competenza che evidentemente date per scontato che vostro figlio già possieda in maniera consolidata.

Le definizioni di attenzione sono così tante e differenti che pensare di ridurre l’attenzione a un unico concetto risulta davvero poco significativo.

Questa interessante riflessione che ho a mio modo ripreso da alcuni classici dialoghi tra genitori ci ricorda come in realtà l’attenzione non esista, o meglio non esista qualcosa che corrisponda al termine generale di “attenzione”, ma esistano molti aspetti dell’attenzione e ognuno di essi sia il risultato di meccanismi diversi.

Non una singola idea quindi ma tante idee che ci raccontano come si è attenti e che cosa sono le attenzioni. Ne esistono almeno di tre tipi:

  • l’attenzione selettiva, ovvero la capacità di selezionare uno stimolo e di rimanere agganciati a questo;

  • l’attenzione divisa, ovvero la capacità di suddividere su più stimoli la propria attenzione mantenendola contemporaneamente attiva su più fronti;

  • l’attenzione mantenuta, ovvero la capacità di dirigere la nostra attenzione su uno stimolo e di mantenerla anche per un arco di tempo piuttosto lungo.

Non esiste qualcosa che corrisponda al termine generico di disattenzione e quindi non esistono i bambini in generale disattenti di cui siamo abituati a lamentarci. 

Esistono invece molti aspetti legati alle difficoltà di attivare e mantenere attivi i vari meccanismi dell’attenzione quando un bambino si appresta a svolgere un compito.

Capire come funzionano i meccanismi dell’attenzione aiuta a capire meglio come “funziona” vostro/a figlio/a e permette di trovare un’alternativa più efficace al solito “Stai attento!”

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