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Educazione alla gentilezza: creare un futuro migliore 1

Educare alla gentilezza

È possibile educare alla gentilezza? Certamente è un compito e una sfida complessa, ma non impossibile. Quindi gentili si può nascere, ma si può anche diventare, seguendo la raccomandazione di Seneca che “ovunque ci sia un essere umano, vi è la possibilità per una gentilezza”.

Essere gentili implica un’apertura e un’attenzione all’altro per comprenderlo empaticamente, ma anche capacità di riflettere su se stessi cogliendo i propri bisogni e quelli altrui, per essere poi in grado di pensare, agire e comunicare attraverso parole e azioni gentili.

Educare bambini/e, ragazzi/e ad essere gentili nella vita di oggi contribuirà a fare di loro degli adulti migliori nella vita di domani. Potremmo dire che la gentilezza non passa mai di moda, anche se oggi sembra sempre più rara e poco praticata.

Il 13 novembre si celebra la “Giornata mondiale della gentilezza” nata in Giappone nel 1988 ad opera del gruppo Small Kindness Movement sulla scia del Movimento mondiale per la gentilezza. Da lì si è rapidamente diffusa in tutto il mondo e viene festeggiata proprio in questa data. Ovviamente si tratta di una data celebrativa, in quanto siamo chiamati a praticare e ad educare alla gentilezza ogni giorno dell’anno.

L’attenzione e il rispetto dell’altro, l’accoglienza e la valorizzazione di tutte le differenze che caratterizzano le persone, praticare con pazienza la cura e l’ascolto dei bisogni degli altri, sono tutte “posture” e azioni che siamo chiamati ad agire ogni giorno, partendo proprio dalle piccole cose che caratterizzano il nostro quotidiano nei nostri vari e diversificati contesti di vita. Si tratta quindi di assumere un approccio altruistico che non solo fa bene agli altri ma anche a noi stessi.

Parole come grazie, prego, scusa, per favore, ecc. non devono appartenere a frasi fatte e convenzionali di buona educazione, quanto piuttosto far parte di un’attenta pratica relazionale verso l’altro basata su un sentimento di generosità altruistica, una disponibilità a porsi in ascolto, per poter poi agire e comunicare in modo adeguato.

Ma come è possibile educare bambini/e, ragazzi/e alla gentilezza? Ci sono strategie e indicazioni metodologiche utili per coloro che ricoprono ruoli educativi nella scuola, nell’extrascuola e in famiglia?

Una prima indicazione ci proviene dalla teoria dello psicologo Albert Bandura che si potrebbe riassumere nel motto “se vuoi educare un bambino ad essere gentile, sii gentile tu stesso”.

Con i suoi studi a partire dagli anni Sessanta nell’ambito dell’apprendimento sociale, Bandura ha evidenziato come l’apprendimento di determinati comportamenti e modi di agire non implichi esclusivamente il contatto diretto con determinate situazioni specifiche, ma avvenga anche attraverso esperienze indirette, sviluppate tramite l’osservazione e la successiva imitazione del comportamento di altre persone.

Si può quindi imparare anche in situazioni e attraverso esperienze indirette, in cui non si agisce in prima persona, ma si osserva un’altra persona in azione. Si tratta dell’imitazione di un modello di riferimento e del successivo modellamento del proprio comportamento sulla base del comportamento osservato in altre persone e tramutandolo, poi, in azioni e atteggiamenti ben precisi.

Le persone apprendono quindi tramite modelli di comportamento; solitamente tale modello è rappresentato dalle persone di riferimento più importanti e salienti in un determinato contesto.

Grazie a questi studi oggi sappiamo con certezza che il comportamento di una figura adulta è una delle principali fonti di apprendimento per bambine/e e ragazzi/e. Questo fa assumere quindi una posizione di ancora maggiore responsabilità alle figure di riferimento educativo che possono realmente fare la differenza, proprio a partire dal loro agire quotidiano che fungerà da esempio.

Un esempio molto semplice in questa direzione è quello di prediligere sempre un dialogo pacato e rispettoso piuttosto che grida e atteggiamenti aggressivi.

Allargando lo sguardo a quelle che possono essere le metodologie educativo-didattiche da utilizzare a scuola per promuovere la gentilezza e lo sviluppo di competenze prosociali c’è indubbiamente il cooperative learning (apprendimento cooperativo).

Creare un ambiente di apprendimento cooperativo e collaborativo, in cui gli altri sono accolti, rispettati e con i quali ci si relaziona con gentilezza è alla base di un apprendimento significativo anche sul piano emotivo, sociale e interpersonale.

L'apprendimento cooperativo è un approccio che si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di alunni/e che collaborano al fine di raggiungere un obiettivo comune, attraverso un lavoro di co-costruzione, responsabilità e interdipendenza reciproca. Ogni studente è quindi indispensabile per la realizzazione del lavoro complessivo e il raggiungimento degli obiettivi di tutto il gruppo.

Quasi certamente un alunno/a che ha avuto modo di partecipare ad esperienze di lavoro cooperativo nel suo percorso scolastico, sarà un adulto maggiormente predisposto a cooperare nella vita lavorativa e sociale, e a relazionarsi con rispetto e gentilezza.

Inoltre, sarà importante anche impostare un intervento educativo-didattico mirato allo sviluppo delle social skills (competenze sociali), tanto richieste oggi praticamente in tutte le professioni lavorative.

Si tratta dell’insieme di abilità e competenze personali riconducibili alla sfera sociale e relazionale, che usiamo per comunicare e interagire verbalmente e non verbalmente (attraverso i gesti e il linguaggio corporeo).

Anche queste sono fortunatamente competenze che possono essere insegnate e apprese e che vanno adeguatamente sviluppate e “allenate” fin da piccoli.

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