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Essere educatori in tempo di pandemia: cercare la libertà dentro nuovi confini 1

Essere educatori in tempo di pandemia: cercare la libertà dentro nuovi confini

La ripartenza scolastica 2021-2022 rappresenta una grande occasione per rafforzare le competenze che riteniamo più importanti, imparando a declinarle nei modi più variegati

The time is out of joint. O cursed spite
That ever I was born to set it right!
Il mondo è fuor di sesto
sorte maledetta, dover esser nato per rimetterlo a posto!

Amleto, Atto I, scena 5

Lungi dal sentirsi investiti da questioni di dimensioni amletiche, possiamo certo dire di aver vissuto un tempo fuor di sesto in questa ultima annata. È stata davvero una sorte da maledire il trovarsi a essere docente in questo tempo? Si può affermare che, senza semplificare o minimizzare, insegnare ai tempi del Covid è stata indubbiamente una grande sfida, che ha però comportato un tratto inaspettato: la libertà, in almeno due declinazioni cruciali per gli ambienti di apprendimento.

Per quanto sembri paradossale parlare di libertà in un contesto caratterizzato da restrizioni, distanziamento sociale e lockdown, è anche vero che nel momento in cui il mondo è andato fuor di sesto, son crollati muri e parametri, mezzi e metodologie che ritenevamo impensabili sono diventati all’ordine del giorno e all’improvviso, tra mille differenze, novità e difficoltà ci siamo trovati più liberi rispetto ai vincoli di programmi, scadenze, esami, richieste.

La prima declinazione di questa libertà è stata nel poter ammettere a tutto il nostro pubblico di educandi, che gli insegnanti non avevano esperienze, risposte o idee chiare più di loro, che la pandemia aveva travolto anche chi, nel mondo della scuola, tiene la barra del timone e sa i passi da compiere, la direzione, spesso le risposte. È stata una libertà poterlo ammettere, ed ha portato ad un’occasione di crescita enorme e inaspettata.

Abbiamo potuto far toccare con mano che essere adulti non significa avere risposte, ma imparare ad assecondare le domande, capire i tempi e la scelta delle domande migliori, più efficaci, più dinamiche.

È stata la libertà di poter finalmente mostrare quanto è vero che sbagliare si può e si deve mentre si apprende, perché per una volta chi stava dietro alla cattedra non si limitava a sostenere che l’errore non è un problema, e poteva mostrare come si impari solo vedendo l’errore, valutandolo, imparando da questo e cercando strade nuove. Durante la prima esperienza di DaD da marzo 2020, così come in questo anno di alternanza tra presenza distanza, siamo andati per prove ed errori, abbiamo adattato e riadattato contenuti e tipologie di lezioni: condividere questo processo con gli studenti, chiedere feedback ed elaborarli insieme e mostrare che uso farne in un’ottica di crescita è stato un apprendimento preziosissimo. L’errore ed il riadattamento sono così diventati parte della quotidianità di tutta la comunità educante, docenti e discenti. E in questo modo, al di là di schermi, distanziamenti, volti intuiti solo a metà da sopra le mascherine, abbiamo potuto fare comunità, e crescere insieme in un momento nuovo per tutti.

La seconda declinazione di libertà è in realtà qualcosa che pone un interrogativo profondo a noi educatori.
Il radicale decentramento di prospettiva imposto dalla pandemia al mondo scolastico ha aperto a rivisitazioni di concetti e ridefinizione di priorità, a spazi e momenti che riteniamo importanti, ma poi finiamo per perdere tra esami, richieste, valutazioni nazionali e pressioni varie.

Abbiamo avuto la libertà di ripensare la valutazione, il modo di programmare, gli obiettivi trasversali, la dimensione affettiva, il bilanciamento tra tutti questi fattori.

Per quanto riguarda in particolare la valutazione, come ben racconta Daloiso nell’articolo “La valutazione linguistica a distanza”, abbiamo l’occasione per dare dignità a dimensioni di questa pratica che spesso vengono trascurate e che invece risultano le direttrici cruciali nel processo di apprendimento, permettendo al discente di imparare ad imparare, competenza finalmente vista come espressione concreta di un processo strutturato. Possiamo recuperare ed inserire valori umani che spesso scompaiono nel numero, ma che abbiamo visto fare la differenza in questo periodo: la capacità di adattarsi, di collaborare, la motivazione, i processi di apprendimento invece del risultato.
Inoltre, le attività suggerite nell’articolo per permettere di avere valutazioni valide anche dal punto di vista degli adempimenti burocratici sono improntate sulla dinamicità, sui processi motivazionali, sulle competenze e possibilità reali che l’apprendimento della lingua può offrire, integrato in una dimensione comunicativa più ampia, più creativa, supportata e stimolata da tecnologie e metodologie (video, storie fotografiche, vision board…) che vengono immediatamente associate dagli adolescenti ad una necessità comunicativa.
Infine, chi ha avuto l’opportunità di utilizzare attività del genere, ha apprezzato quanto permettano di uscire dalle dinamiche conflittuali e dicotomiche legate alla valutazione dalle due parti della cattedra: valutare ed essere valutati comporterà probabilmente sempre ansie, timori e conflitti, ma questa modalità ci permette di muoverci in un ambito di condivisione di un percorso co-costruito, in cui docenti e discenti sono davvero investiti di ruoli e responsabilità diverse ma ugualmente importanti, in cui la motivazione e la curiosità possono alleviare il peso di valutare ed essere valutati da entrambe le parti. A win-win situation, si dice in inglese.

La domanda cruciale è: siamo stati in grado di coglierla, questa opportunità, e di rimodularla nella nostra scuola da settembre, quando anche la pandemia è diventata quotidiano quasi ordinario? E quali strumenti sarebbero stati un supporto per permetterci di farlo?
Il primo passo sarebbe ripensare alle competenze che abbiamo identificato come irrinunciabili quando i tempi e le possibilità sono stati contingentati come non mai. Ogni insegnante ha dovuto fare delle scelte ed ha avuto modo di verificarne l’opportunità e la valenza. Da molte testimonianze lette, la maggior parte se non la totalità è riuscita ad arrivare in fondo a questo anno con un bagaglio di competenze e conoscenze diverso, ridotto ma valido.

Forse allora può essere questa la grande opportunità per dedicarci, in tempi di normalità, a rafforzare determinate competenze e imparare a declinarle in modi più variegati, affrontandole da sfaccettature diverse e costruendole in modo più inclusivo, più efficace e insistendo tramite spunti differenziati per tipologia e provenienza.

Snellire non equivale automaticamente a semplificare o ridurre, anzi permette una focalizzazione più approfondita ed inclusiva, oltre a tempi più dilatati in cui lo stimolo può sedimentare e gli studenti possono sviluppare maggior autonomia.

Non è stato un tempo facile, è molto complesso vivere in un tempo fuor di sesto e sarebbe ingiusto negarne le fatiche e le pesantezze, ma come appassionati di lingua e comunicazione siamo forse un po’ abituati, poiché la lingua per sua natura è dinamica, si muove e si evolve con i tempi, con gli eventi, descrive il mondo e con esso cambia. E se la libertà è partecipazione come cantava Gaber, partecipare mostrandoci con i nostri strumenti, in onestà e con domande sincere, è stata forse una strada per scoprire risorse preziose.

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