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La didattica dell’inglese come lingua franca 1

La didattica dell’inglese come lingua franca

La lingua inglese nel mondo tra passato e presente.

Negli ultimi decenni del XX secolo la lingua inglese è divenuta una vera e propria lingua internazionale, con un numero di parlanti che si aggira intorno ai 2 miliardi. Tale diffusione ha però fatto sorgere alcune questioni importanti relative allo statuto di ‘native speaker’: infatti mai prima d’ora nella storia dell’umanità si era registrato un rapporto così ampio tra parlanti nativi e non nativi (1 a 5, secondo le statistiche) di una lingua.

Tra i modelli che hanno tentato di descrivere la situazione dell’inglese nel mondo emerge quello ‘a cerchi concentrici’ di Kachru (1984). Secondo tale modello, il ‘cerchio interno’ (inner circle) comprende i parlanti nativi, cioè quelli provenienti dai Paesi in cui l’inglese è lingua ufficiale o comunque lingua predominante (Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, ecc…), mentre nel ‘cerchio esterno’ (outer circle) sono compresi i parlanti dei Paesi nei quali l’inglese non è lingua ufficiale ma storicamente riveste un ruolo importante a causa del passato imperiale britannico (India, Pakistan, Bangladesh, Nigeria, Malesia, Tanzania, Kenya, ecc…). All’esterno di entrambi questi cerchi vi sarebbe poi un terzo cerchio (expanding circle) comprendente tutti i Paesi del mondo in cui l’inglese è lingua di studio obbligatoria e viene parlato come lingua straniera (EFL – English as a Foreign Language).

Come sottolinea il Prof. Matteo Santipolo, nonostante questo modello rimanga sostanzialmente valido nelle sue strutture fondamentali, negli ultimi decenni sono mutati in maniera rilevante i rapporti di potere tra i parlanti compresi nei 3 cerchi: infatti, di pari passo con i processi di globalizzazione, anche i parlanti non nativi del ‘cerchio esterno’ e del ‘cerchio di espansione’ hanno acquisito la facoltà di modificare le regole della lingua inglese e di imporre i propri modelli al resto del mondo. Per questa ragione oggigiorno sarebbe giusto parlare, come fa con un pizzico di ironia una celebre pagina Facebook, di ‘English Whirled-Wide’ invece che di ‘English World-Wide’.

I risvolti in ambito glottodidattico.

Ma quali sono le conseguenze in ambito glottodidattico di questo mutato ruolo dei ‘native speakers’ di inglese nel mondo globale?

Innanzitutto occorre osservare quali cambiamenti sono stati apportati dalle varietà non-standard dei Paesi anglofoni e dei Paesi appartenenti ai cerchi più esterni del modello di Kachru. Tali cambiamenti riguardano tutti i livelli di analisi linguistica (dalla fonetica al lessico, alla sintassi, alla morfologia) e, anche grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni e del web, si sono diffusi ad altre varietà o vengono oggi compresi in maniera abbastanza trasparente a tutte le latitudini. Alcuni esempi sono: la diffusione di forme interrogative senza l’ausiliare do, l’utilizzo di lessico di origine non britannica (si pensi alle parole di origine francese in India: es. cantonment), il ricorso a forme di code-mixing e code-switching con lingue creole di matrice non inglese (creolo haitiano) o con lo spagnolo (come accade in Florida), la risemantizzazione di parole inglesi (rotatory per ‘rotatoria’ in India), il diverso spelling di parole della lingua standard (nite ‘night’, thru ‘through’, ya ‘you’ negli Stati Uniti), la mancata diffusione a livello internazionale di forme linguistiche profondamente radicate nella cultura britannica (bitter per beer ‘birra’).

Nonostante sia evidente che andrebbero posti alcuni limiti rispetto all’accettabilità di alcune forme tratte dall’inglese lingua franca o dall’inglese IL (International Language), il docente moderno non può esimersi dal proporre ai propri studenti anche forme riconducibili a queste varietà non standard e dal veicolare un messaggio di tolleranza verso queste forme. Per farlo, deve naturalmente collocare le forme linguistiche all’interno di un quadro sociolinguistico e pragmatico chiaro, e deve rimarcare l’appropriatezza o meno dei registri e degli usi in determinate situazioni comunicative. Nella pratica, è consigliabile che il docente lavori con i propri studenti sulle diverse pronunce e sugli accenti, sul lessico e sullo spelling riconducibili alle diverse varietà, sui costrutti interpolati con parole e frasi di altre lingue e, last but not least, sulla pragmatica cross-culturale. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, risulta ad esempio molto importante la questione della cortesia linguistica, che cambia in maniera sostanziale all’interno del mondo anglofono, anche solo tra il mondo britannico e quello nord-americano.

Riflessioni sul futuro ruolo dell’inglese in un mondo plurilingue.

Il mondo odierno si caratterizza per il crescente plurilinguismo, e anche le istituzioni, specialmente quelle europee, cercano di promuovere e supportare l’educazione plurilingue dell’individuo. Quale ruolo può ricoprire l’inglese in questo scenario?

Oggi in ambito educativo si tende a promuovere la prospettiva del translanguaging, secondo cui lo studente deve ricorrere a tutto il patrimonio verbale e non verbale a sua disposizione per favorire la comunicazione. Tale prospettiva implica una rimozione della gerarchia tra le lingue, ma nonostante questo (e nonostante vicissitudini storiche quali la Brexit) l’inglese continua a essere la lingua straniera più studiata e più utilizzata in Europa.

L’inglese da solo non può favorire una vera e propria comunicazione interculturale: l’ideale sarebbe che mantenesse un ruolo di preminenza ma che lasciasse alle altre lingue uno spazio maggiore di quello attuale. All’interno della nuova cornice del plurilinguismo e del translanguaging anche l’inglese come lingua franca potrebbe essere una delle varietà a disposizione del parlante: non più una varietà caratterizzata dal suo scarto rispetto alla lingua standard, bensì una varietà caratterizzata da una certa complessità e da una natura mutevole e viva. All’interno di questa cornice la differenza tra la nozione di ‘native speaker’ e di ‘non-native speaker’ tenderebbe a essere sostituita da quella tra ‘parlante monolingue’ e ‘parlante plurilingue’.

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