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I mini gialli dei dettati 2
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Siamo ciò che comunichiamo

Le parole e i gesti che scegliamo per comunicare con gli altri ci rappresentano e rivelano la persona che siamo

Spesso capita di pensare che nella comunicazione ci sia un modo giusto e uno sbagliato di dire le cose o di mostrare i propri sentimenti. Questa idea è figlia della convinzione che ci siano dei comportamenti considerati «universalmente» corretti, ovvero che tutti leggono nella stessa maniera e che quindi non sono fraintendibili. Purtroppo non è così. 

Il nostro modo di parlare, di muoverci nella comunicazione e di ascoltare è frutto di ciò che abbiamo imparato fin da piccoli. Per fare un paragone, potremmo dire che siamo tutti convinti di giocare allo stesso gioco, ma alcuni fanno pallavolo, altri basket e qualcuno invece rubamazzetto. 

Per capirci tra noi, quindi, dobbiamo smetterla di dare per scontato che l’altro legga il mondo esattamente come facciamo noi.

Perché una comunicazione possa esistere, infatti, non basta una persona che parla o scrive (l’emittente), serve anche qualcuno che ascolti o legga il messaggio inviato (il ricevente). L’ascolto è il primo passo per una comunicazione che funzioni: essere capaci di ascoltare con attenzione l’altra persona può fare la differenza in un’interrogazione, quando si chiede un favore e perfino nelle questioni di cuore. Metterci nei panni degli altri a volte è impossibile, non possiamo neppure lontanamente immaginare come pensa, sente e reagisce una persona che ha vissuto una vita completamente diversa dalla nostra. Eppure spesso cadiamo nell’errore di giudicare con il nostro metro situazioni che non conosciamo.

Per poter aprire un dialogo costruttivo con una persona molto diversa da noi, serve essere in una situazione più serena possibile. 

Se vogliamo che l’altro ascolti quello che abbiamo da dire, dobbiamo «scavalcare» le difese che i suoi pregiudizi gli fanno avere nei nostri confronti. Anche noi, a nostra volta, dobbiamo mettere da parte i nostri e spesso non è facile perché neppure riusciamo a riconoscerli!

In psicologia si dice «sospendere il giudizio», ovvero smettere di pensare di essere nel giusto e accogliere il dubbio che l’altra persona possa avere una sua visione altrettanto corretta della nostra. La comunicazione, infatti, è come lo scambio di una palla: ciò che comunichiamo dice all’altro se siamo accoglienti o se rifiutiamo non solo quanto ci viene detto, ma l’intera persona. Un passaggio di palla morbido indica la nostra intenzione a giocare insieme, una schiacciata violenta l’esatto contrario.

Essere accoglienti verso un punto di vista diverso dal nostro non mette a repentaglio la nostra vita, ma, se a prima vista ci fa paura, possiamo considerarla come un’esplorazione in un mondo diverso dal nostro. Magari troveremo un tesoro inaspettato!

La comunicazione si divide solitamente in tre tipi: verbale, cioè il contenuto del nostro messaggio, le parole che nascono dal nostro pensiero; paraverbale, cioè il «come» diciamo le parole, ovvero il nostro tono di voce e l’intonazione che ci mettiamo; non verbale, tutto ciò che non riguarda le parole o come le diciamo.

Le ultime due sono costituite da ciò che non riguarda le parole e neppure da come le pronunciamo. Restano quindi le nostre espressioni, la posizione del corpo, il modo di vestire, il contatto visivo con la persona a cui stiamo parlando.

Per riuscire a fare in modo che il nostro messaggio sia semplice e chiaro, dobbiamo accordare questi tre aspetti.

Per esempio, è più difficile ottenere l’attenzione di qualcuno se parliamo a bassa voce, teniamo lo sguardo basso e facciamo molti giri di parole. Mentre è facile tenere l’attenzione se guardiamo negli occhi una persona, scandiamo bene le parole e magari gesticoliamo per spiegarci meglio.

Allo stesso modo, qualcuno odia essere toccato, altri non amano la vicinanza fisica o si imbarazzano ad essere guardati negli occhi. Quindi, anche se è vero che in media una persona che parla con una postura aperta e lo sguardo sull’interlocutore viene giudicata più espansiva di una persona che tiene le braccia incrociate o che si sdraia su una sedia, non sempre queste caratteristiche sono apprezzate da tutti e non è detto che ti garantiscano sempre un risultato comunicativo ottimo al 100%.Nell’amicizia, come nella buona comunicazione, bisogna sempre ascoltare le esigenze anche dell’altra persona e non dare per scontato che quello che vale per noi valga per tutti.

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