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Il valore del corpo e del gioco nel contesto educativo del nido d’infanzia

Nella fascia d’età da 0 a 3 anni, il bambino è già un soggetto attivo nelle scelte che lo riguardano: il ruolo dell’adulto è quello di mettersi in ascolto per co-costruire un percorso di crescita originale

Molteplici sono gli studi e le ricerche che nell'ultimo periodo hanno coinvolto la fascia di età 0-3 anni, ed in particolare l'aspetto dello sviluppo del corpo, inteso come corpo saputo, ma soprattutto come corpo vissuto. La centralità del corpo e del movimento veniva infatti già sottolineata da Piaget, il quale sosteneva che il pensiero e il linguaggio non sono altro che «azione corporea interiorizzata», ovvero il prodotto dell’esperienza di essere un corpo, dell'esperienza del bambino che gioca.

Negli ultimi decenni, la ricerca in ambito di sviluppo neuropsicomotorio in età evolutiva ci ha portato a vedere un bambino «competente», ricco di potenzialità comunicative, con una dimensione intersoggettiva che è intrinseca nella sua natura. Tale potenziale, presente in ciascun bambino, deve però essere "attivato" da un contesto relazionale che sia facilitante.

Ancor prima che all'asilo nido, nel contesto di un ambito di cura genitoriale che sia sano, protettivo e strutturante, il bambino si mostra come bambino «agente», dotato d’intenzionalità: ci stiamo allontanando dall'idea di un bambino «dipendente» e da un adulto che gli offre le cure necessarie alla crescita. Il soggetto fin dalla nascita interagisce collaborando con i caregiver agli eventi che lo coinvolgono.

In quest'ottica, il bambino nella fascia 0-3 anni ha un'intenzionalità comunicativa ancor prima delle parole. Questa si esprime infatti tramite le ragioni del corpo e del movimento come prima dimensione dell’essere soggetto psichico, dell’azione e del gioco come costruzione del Sé.
Perché quindi dare così tanta importanza al gioco? Come dice Ferruccio Cartacci, "perché nel gioco il cucciolo dell’uomo esercita e mette a frutto le sue precoci e fertili competenze, a condizione che l’adulto non lo ostacoli sovrapponendogli il suo sapere sul corpo."
In un quadro di necessità per il bambino di conoscere attraverso il corpo vissuto, ancora prima del corpo saputo, il lavoro educativo all'asilo nido si struttura in questa direzione, a partire dagli spazi, organizzati in modo tale da essere sensibili al corpo di chi li abita (il bambino).

Durante l'epoca dell'asilo nido, vengono strutturate e consolidate le fondamenta del soggetto in crescita, con la costruzione di un primo basilare stadio dell’identità. In contrasto con l'idea che il nido sia un luogo di delega, questo spazio è in realtà un posto privilegiato di socializzazione, di incontri e condivisione per l’intera famiglia, uno "spazio di scambio di un sapere educativo più incarnato nelle relazioni e nelle storie concrete."
Come riporta Cartacci nel suo testo Movimento e gioco al nido, "il fatto che le azioni contengano informazioni è una caratteristica obiettiva, per cui si abbandona l’idea che le informazioni non abbiano realtà psicologica finché non vengono rappresentate simbolicamente. Nella visione basata su percezione e azione, le azioni sono considerate sistemi dinamici, risultati di una interazione dinamica tra organismo e ambiente, che produce una riorganizzazione continua istante per istante, molto sensibile al contesto"

Tutte le competenze simboliche che emergono successivamente nel bambino trovano la loro base nell'esperienza che egli ha fatto durante i primi anni di vita attraverso il suo corpo.

Nel contesto esperienziale dell'asilo nido, l'adulto gioca un ruolo centrale di educazione e accompagnamento del bambino nella crescita: l'accudimento del piccolo si svolge attraverso uno straordinario dialogo evolutivo tramite la comunicazione con un interlocutore (il bambino) attivo nelle scelte che lo riguardano. La prospettiva che l'adulto/educatore assume è quella di un dialogo che sostenga il bambino nella percezione di se stesso come persona, dotata di una sua soggettività e personalità, preso in considerazione anche nelle scelte che riguardano il suo corpo (es. "Vuoi mangiare ancora un boccone di pappa o preferisci riposarti un attimo?"). L’adulto è come un regista flessibile, in ascolto attivo delle risorse di ciascuno, e attraverso il suo stesso corpo «empaticamente» riconosce, contiene e trasforma.

L'invito del Prof. Cartacci è quello di porre al centro "il corpo come «entità bio-culturale produttrice di senso e organizzatrice dell’esperienza del mondo», l’azione, «quale manifestazione primaria della soggettività e della costruzione della realtà», l’intenzione implicita in ogni iniziativa dei bambini, le motivazioni e le emozioni che la colorano". Il cervello è plastico, a sostegno delle competenze adattive del bambino, ma è anche creativo e autoregolativo: nel palcoscenico relazionale in cui si colloca il gioco e la sperimentazione attraverso il movimento, l'azione educativa deve porre il focus sulla co-costruzione (con ogni bambino, soggetto unico) del suo originale processo di crescita.

Bibliografia
Berti E. e Comunello F. (2011), Corpo e mente in psicomotricità, Trento, Erickson
Berti E., Comunello F. e Savini P. (2001), Contratto terapeutico in terapia psicomotoria, Bergamo, Junior
Carli L. e Rodini C. (a cura di) (2008), Le forme di intersoggettività: L’implicito e l’esplicito nelle relazioni interpersonali, Milano, Raffaello Cortina
Cartacci F. (2013), Movimento e gioco al nido, Trento, Erickson
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