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I mini gialli dei dettati 2
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La comunicazione giusta per un mondo inclusivo

Per creare una società veramente su misura di tutte e di tutti è necessario comprendere il valore della parola e usare un linguaggio consapevole

Si può dire: «Ci vediamo domani!» a una persona cieca, oppure: «Andiamo a fare due passi?» rivolgendosi a qualcuno in carrozzina. Si può, anzi si deve dire! Normalizzare significa anche parlare liberamente: modificare il linguaggio o censurarsi se si parla o di una persona con disabilità, o quando questa è comunque presente, sarebbe un «riguardo» discriminatorio.

Per non incappare in questo tipo di errore è importante tenere a mente quattro semplici promemoria.

#1 – La «persona» prima di tutto

La disabilità, di per sé, non esiste. La disabilità nasce dall’interazione con un ambiente sfavorevole, per questo è una «caratteristica» come qualunque altra. Non dobbiamo mai evidenziare la disabilità senza anteporre la persona!

Un soggetto, anche se disabile, non è rappresentato dalla sua carrozzina o, in generale, dalle sue difficoltà, ma da un nome: è una persona con emozioni e sentimenti, con un carattere fatto di pregi e difetti che non possono essere ignorati, sostituiti o annullati da una cartella clinica o una certificazione.

Quindi è sbagliato dire: un disabile / un handicappato / un sordo / un cieco, ma è corretto dire: una persona con disabilità / una persona cieca o sorda.

#2 – La disabilità non è una malattia

La disabilità è una «condizione» momentanea durante la quale non riusciamo a fare qualcosa: è superabile con i giusti strumenti o facilitatori, come ad esempio carrozzine, ascensori, computer, servizio di assistenza domiciliare, insegnante di sostegno, contributi, sconti e sovvenzioni...

Ciò non significa che si debba negare, sminuire o nascondere le patologie, ma accettare il fatto che esse debbano essere distinte dalla disabilità e trattate in modo individuale: d’altronde ci sono persone disabili che non sono malate e persone malate che non hanno una disabilità!

#3 – Vietato il politicamente (s)corretto

Usare il termine «diversamente» o la negazione «non» non addolcisce niente né migliora certe condizioni, bensì discrimina ulteriormente la persona interessata, girando intorno a un qualcosa che, così facendo, verrà percepito come un ostacolo da superare o che è meglio ignorare, e non come una caratteristica come qualunque altra. Anziché dire «Diversamente abile» è preferibile «Persona con disabilità», oppure anziché «non vedente», «persona con disabilità visiva».

Infine ricordiamoci che le persone adulte con disabilità... sono adulte! Perciò basta con l’infantilizzazione e trattiamo chi abbiamo davanti esattamente come tratteremmo una persona sua coetanea «normodotata».

#4 – I «disabili» e i «normodotati» non esistono

Chi non ha una disabilità evidente non è detto che non sia una persona con disabilità: in fin dei conti ognuno di noi non sa fare qualcosa o può ritrovarsi in una condizione di svantaggio momentaneo in base al contesto sfavorevole in cui si trova.

Usare il termine normale implica che tutti gli altri non lo siano, e quello di «normalità» è un concetto impossibile da definire in senso assoluto. Mettere delle semplici virgolette alla parola «Normodotati» può sembrare cosa da poco, eppure è già sufficiente per far capire che si tratta di un termine approssimativo, tecnicamente scorretto, di circostanza.

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