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Che cos’è la speranza e perché è una risorsa importante nella nostra vita 1

Che cos’è la speranza e perché è una risorsa importante nella nostra vita

Daniela Lucangeli approfondisce il tema della speranza dal punto di vista della psicologia spiegando quanto sia prezioso il suo ruolo, in particolare in questo periodo di pandemia

Durante l’autunno del 2020, mentre cercavo di fare un po’ di luce sulla «mente che sente» in relazione al periodo di pandemia, mi è arrivata una lettera meravigliosa da un signore di nome Giovanni, che mi ha spinta ad approfondire il tema della speranza.

«Cara Prof., io sono un anziano disabile, non mentale. Da sempre sono in carrozzina, anzi credo di essere nato con questo mio prolungamento. Non ho mai camminato. L’esperienza del camminare non ce l’ho, eppure io ho fatto tanta strada. Non ho avuto figli ma sono stato maestro per 35 anni e ho accompagnato ogni mio allievo a essere se stesso, a imparare a fare da solo. Oggi purtroppo, ahimè per età, sono solo un osservatore alla finestra. Vedo la vita passare, la vedo inciampare e la vedo perdersi. Allora io, cara Daniela, le regalo la mia analisi: il malessere, il dolore della mente di cui lei parla, io lo conosco bene. L’ho temuto, ne sono scappato tante volte, l’ho affrontato e riaffrontato, ho lottato e ho vinto. Sotto e ancora più sotto, alle fondamenta di questo dolore sta la mancanza di speranza. È lì che si deve cercare la causa del vuoto di luce che ci sta disorientando tutti. Accenda un po’ di consapevolezza nuova sulla speranza!»

Ho accolto volentieri l’invito accorato di Giovanni e ho cercato di indagare sull’argomento. Molte sapienze si sono occupate della spes, la parola latina per chiamare la speranza.

Nella ricerca scientifica non c’è, invece, una definizione univoca del concetto di speranza. C’è anzi una sorta di diatriba: che cos’è la speranza? Perché noi la proviamo? È un’emozione?

Diremmo che ci assomiglia, in effetti; eppure gli studi che se ne occupano da un punto di vista neurofisiologico dicono che non si tratta di una vera e propria emozione, perché non ha le caratteristiche tipiche di attivazione neurofisiologica. Potremmo in un certo senso dire che i sentimenti (come l’amore o l’amicizia) indicano uno stato del sentire che si prolunga per tanto tempo nella nostra vita, mentre le emozioni uno stato del sentire istantaneo.
Potrebbe sembrare, allora, che la speranza sia un sentimento. Ma anche ammettendo che sia così, questa classificazione è davvero sufficiente?

Negli anni Novanta anche Charles Richard Snyder, esponente degli studi di Psicologia positiva, ha cercato (forse per primo) di fare un po’ di ordine negli studi sulla speranza, lavorando alla Theory of hope. Secondo questo ricercatore, la speranza appartiene al costrutto della motivazione, il che equivale a dire che la speranza è una molla che ci spinge ad agire, ma non come se noi fossimo passivi: ci attrae a sé in maniera proattiva. Secondo Snyder, le due qualità principali della speranza sono l’agentività (io sono agente della mia speranza) e il potere di procedere: io non soltanto agisco per raggiungere la speranza di qualcosa, ma so cambiare strada se vedo che mi sto allontanando dall’obiettivo, perché non posso perdere la speranza.

Dopo esserci domandati che cosa sia, dobbiamo chiederci: come ci fa sentire la speranza? Mary, una bambina di sette anni, risponde con queste parole: «Quando le speranze mi finiscono capita che piango di tristezza, ma quando ritornano capita che mi sento guarita». Noi, in sintesi, assumendo un punto di vista psiconeurobiologico, possiamo rispondere affermando che chi spera è più resistente alla frustrazione, è più resiliente, prova meno stress, ha maggiore flessibilità psichica e comportamentale, ha maggiore adattabilità, ha maggiori capacità prosociali ed è più facilmente benvoluto dagli altri, oltre a piacere a se stesso…

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