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I mini gialli dei dettati 2
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Il racconto realistico nel Writing and Reading Workshop

Non basta essere esposti a un genere letterario per padroneggiarlo, è importante capirne i meccanismi profondi per dare la libertà a scrittori e scrittrici di esplorare la realtà con lo strumento della fantasia.

Il racconto, inteso nella sua forma primigenia di «arte del raccontare», è un genere antico e ampiamente rappresentato in varie forme nelle letterature vicine e lontane, sia nel tempo sia nello spazio: la dimostrazione più chiara dell’ampiezza della forma racconto sta nella difficoltà di dargli una definizione.

Il racconto è folgorante e crea tensione, sin dal suo incipit, è una narrazione per forza incompleta, che però richiama la complessità in cui si inserisce l’episodio intravisto.

Quando si parla di scrittura narrativa a scuola, o fiction, la nostra esperienza ci mette di fronte a due realtà evidenti e opposte: da un lato, molto spesso la scrittura narrativa libera è quella che più appassiona e diverte i nostri studenti e le nostre studentesse; dall’altra, essa viene considerata come una sorta di genere minore.

È un’idea ingenua, che tutti abbiamo avuto, che il solo fatto di essere esposti a un genere letterario ci renda capaci di scriverlo: il lavoro delle antologie propone spesso l’accoppiata «leggere-scrivere», nella forma «leggere horror-scrivere horror», «leggere gialli-scrivere gialli», ecc. 

Nel Writing and Reading Workshop si indagano invece i meccanismi profondi della narrazione, lasciando più liberi lo scrittore e la scrittrice di esprimersi secondo le forme e le convenzioni di genere che preferiscono.

Si scrive fiction per esplorare la realtà. Scrivere è una forma di indagine sul piano del potenziale: lo scrittore si interroga, attraverso la finzione del personaggio, su ciò che proverebbe in quella situazione e su come agirebbe in quel contesto. Non esistono, infatti, argomenti belli o brutti per un racconto: l’argomento è semplicemente l’evento o l’aneddoto che si sceglie per entrare in quella porzione di esperienza umana, per esplicitare l’interrogativo che ha suscitato in noi. Un racconto è brutto, invece, se non attrae dalle prime righe, se non crea tensione attorno a un focus sul quale certo non darà risposte, perché la caratteristica del racconto è irradiare la tensione ben oltre il fatto che mostra, lasciando al lettore il lavoro di farsi domande su cosa ha preceduto quel fatto e cosa accadrà in seguito e fissare la nostra attenzione su un momento ordinario, attribuendogli un significato straordinario, grazie alla capacità di muovere il nostro interesse dalla vicenda individuale alla condizione umana in senso lato.

Infatti possiamo generare idee partendo dalla vita quotidiana, dagli interessi, da ciò che conosciamo molto bene. È naturale per autori e autrici osservare la realtà intorno a sé, annotare ciò che li colpisce e, infine, rielaborare in chiave fiction il materiale raccolto.

Fin dalle prime fasi, la raccolta delle idee e la pianificazione, possiamo modellare con il nostro esempio come cogliamo spunti di scrittura dalla realtà, senza che poi quella persona reale o quel fatto accaduto a noi risultino riconoscibili sulla pagina. 

Nel caso in cui le nostre classi incontrino autori o autrici, saranno loro stessi a fornire aneddoti sul loro processo di scrittura, ma potremo collezionarne anche dalle loro autobiografie di scrittura o da interviste.

In un triennio di scuola secondaria di I grado il racconto realistico può essere proposto tutti e tre gli anni con il metodo del WRW, di solito sempre dopo l’unità relativa al racconto autobiografico, da cui per alcuni aspetti si ricavano i meccanismi della narrazione, attraverso una stretta osservazione delle caratteristiche specifiche di ciascun genere.

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