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Fare filosofia con i bambini alla scuola dell’infanzia

Perché fare conversazioni filosofiche con i bambini è utile fin dalla scuola dell’infanzia e qual è il modo migliore per approcciarsi a questi argomenti con i più piccoli

È davvero possibile fare filosofia nella scuola dell’infanzia? Volendo rispondere in estrema sintesi, potremmo dire così: ebbene sì, ci sono domande, storie ed esperienze che fin dalla scuola dell’infanzia permettono di fare conversazioni «cariche» di meraviglia e di una tensione filosofica che le rende differenti da altri tipi di conversazione.
Naturalmente nella scuola dell’infanzia non si può fare filosofia come al liceo o all’università, ma si possono fare conversazioni in un certo qual modo filosoficamente ispirate.

Perché fare filosofia con i bambini alla scuola dell’infanzia?

Per rispondere a questa domanda è utile ricorrere a una metafora: fare filosofia con bambine e bambini è come invitarli a esplorare sentieri e paesaggi che, per essere attraversati, richiedono di sperimentare andature nuove, di camminare lungo salite e discese più ripide del solito e di trovare connessioni tra quel che si sa (o si crede di sapere) e quel che ancora non si sa. Così facendo, giocando a esplorare i confini di ciò che sono in grado di pensare, anche i più piccoli si allenano ad affrontare il dubbio e l’incertezza. La domanda allora diventa: perché non farlo, dal momento che lo si può fare con grande coinvolgimento e divertimento sia per i bambini, sia per l’insegnante?

Cosa rende filosofica una conversazione?

A rendere filosofica una conversazione contribuiscono il punto di partenza, il tipo di domande che vengono fatte e la capacità dell’adulto di accompagnare i movimenti dei bambini, lasciando tempo e spazio all’esitazione e al dubbio, senza sedare la meraviglia e l’incertezza con risposte «tappabuchi». Il punto di partenza (un frammento filosofico, un esperimento mentale, un albo illustrato, ecc.) traccia, per così dire, i contorni del campo da gioco in cui ci si muoverà. La capacità dell’adulto di accompagnare i movimenti senza imporli corrisponde a lasciare «libero» lo spazio di gioco.

Da dove partire

La scelta del punto di partenza è fondamentale: metaforicamente è il momento in cui si traccia il contorno del campo di gioco e si invitano i giocatori a entrare. La storia della filosofia insegna che la meraviglia può nascere sia dal considerare domande e fenomeni che appaiono nuovi e lontani dall’esperienza ordinaria, sia dal guardare in modo nuovo, «con altri occhi», le esperienze ordinarie e le cose che abbiamo tutti i giorni sotto il naso.
I punti di partenza per fare conversazioni filosofiche possono essere molto diversi tra loro: può trattarsi di frammenti di antichi filosofi, oppure di esperimenti mentali «classici», o ancora di favole, quadri, albi illustrati, esperienze, proverbi e così via. Facciamo un esempio di conversazione filosofica a partire da un frammento filosofico.

Un esempio di conversazione filosofica: «Nulla di troppo»

«Nulla di troppo» è un frammento di antica sapienza, inciso sul tempio di Apollo a Delfi e attribuito, tra gli altri, a Solone. Come proporlo a bambine e bambini della scuola dell’infanzia? Potrei dire di avere trovato una frase attribuita a un antico sapiente e di avere bisogno dell’aiuto dei bambini per interpretarla e per rispondere ad alcune domande che mi sono venute in mente leggendola. Le domande che aggiungerò al frammento sono decisive nel creare le condizioni per una buona e coinvolgente conversazione. Procediamo con ordine. La formulazione «nulla di troppo» è probabilmente troppo difficile per essere afferrata e compresa da bambine e bambini di 5 anni. Posso concedere del tempo ai bambini per le loro ipotesi sul significato del frammento, ma devo avere pronta anche una nuova formulazione, che sia più comprensibile. Ad esempio: forse Solone vuole dire che non bisogna esagerare «in nessuna cosa», cioè che «in tutte le cose» c’è una linea del troppo che non va superata. Il frammento potrebbe essere letto come un invito a non esagerare, a non superare mai la «linea del troppo».

Fin qui abbiamo chiarito il significato del frammento, ma servono ancora delle domande che possano funzionare come semi per fare germogliare la conversazione. Due domande particolarmente efficaci sono le seguenti: Solone dice che in tutte le cose e in tutto quel che si fa c’è una «linea del troppo» a cui stare attenti e da non superare. Ma voi siete d’accordo? Vi vengono in mente degli esempi? Mi è venuto in mente un altro problema. Solone ci dice di stare attenti a non superare la linea del troppo, ma non dice come si fa. È facile o difficile accorgersi che ci si sta avvicinando alla linea del troppo? Voi ve ne accorgete prima o dopo averla superata? Ci si accorge, strada facendo, che le «linee del troppo» sembrano davvero essere ovunque: c’è la goccia di troppo che fa traboccare il vaso e la parola di troppo che offende; ci sono le piante che hanno bisogno di acqua per vivere, ma ci sono anche qui il «troppo» e il «troppo poco» che possono fare male; quando si cucina c’è una linea del troppo nella quantità dei singoli ingredienti, superando la quale la ricetta non riesce; c’è una linea del troppo a cui fare attenzione quando si costruisce una torre di cubetti di legno, con l’intenzione di farla alta il più possibile e così via. Allenandosi a riconoscere le linee del troppo e a parlarne si allena al tempo stesso il senso del limite e il senso dell’equilibrio nelle relazioni che legano persone e cose.

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