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Come utilizzare il peer tutoring in classe con alunni con Bisogni Educativi Speciali

Una metodologia didattica che si è dimostrata utile ed efficace da più punti di vista nei confronti di alunni con DSA, iperattività e problemi emotivo-comportamentali

Il peer tutoring, o tutoraggio tra pari, è stato utilizzato con diverse popolazioni di studenti con difficoltà. In questo articolo, considereremo le esperienze di applicazione con alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, disturbo da deficit di attenzione/ iperattività e difficoltà in ambito emotivo e comportamentale, situazioni frequenti nelle attuali classi scolastiche.

Peer tutoring e Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Le difficoltà a carico di lettura, scrittura e calcolo hanno un’incidenza sempre maggiore all’interno del panorama scolastico italiano, rappresentando ormai una costante con cui gli insegnanti devono quotidianamente interfacciarsi. Se inizialmente alcuni autori ritenevano che i bambini con DSA potessero rivestire solo il ruolo di tutee e non quello di tutor, successivamente si è riscontrato che anche questi alunni possono fare da tutor e con diversi vantaggi: li aiuta a sentire di «avere le redini» del proprio processo di apprendimento, ad aumentare la propria autostima e ad avere una percezione migliore della vita scolastica.
Due studi hanno valutato il funzionamento degli alunni con DSA all’interno di programmi di same-age peer tutoring (Telecsan, Slaton e Stevens, Hughes e Fredrick).

In entrambi gli studi sono state usate le seguenti accortezze, raccomandate da studi condotti in precedenza:

  • formare le diadi in seguito a un’attenta valutazione delle abilità personali di ogni alunno, evitando di mettere in coppia bambini che hanno entrambi difficoltà;

  • fornire al tutor delle istruzioni sistematiche da seguire;

  • definire e condividere preliminarmente con gli alunni l’area di contenuto nella quale si applica la metodologia del ClassWide Peer Tutoring (CWPT), ossia il tutoraggio tra pari di età, e illustrare i materiali da utilizzare;

  • protrarre l’intervento per almeno 6 settimane, con minimo 3 sessioni la settimana di circa 20-30 minuti;

  • fornire un training preliminare in cui si esplicita la strutturazione delle attività;

  • compiere un monitoraggio costante.

I bambini con DSA hanno mostrato di applicare correttamente le indicazioni ricevute sia durante il training sia nell’effettiva sperimentazione, qualunque fosse il ruolo da loro ricoperto. Hanno mostrato anche soddisfacenti risultati di apprendimento; a questo scopo tuttavia è necessaria una partecipazione costante alle attività di tutoraggio, perché in caso di assenze a più incontri il livello di apprendimento degli alunni con difficoltà si riduce.

Le insegnanti hanno inoltre riferito che, lavorando in peer tutoring, gli alunni erano più coinvolti nelle attività e più collaborativi, e miglioravano le proprie abilità comunicative e il proprio livello di comprensione.

È noto come nei casi di DSA siano spesso compresenti anche (comprensibili) problematiche a livello emotivo e sociale: anche su questo piano il peer tutoring può dare risultati positivi. È stato infatti riscontrato che, in seguito al lavoro in coppie, gli alunni con DSA vengono valutati più positivamente dai compagni, hanno relazioni più paritarie e ricevono un numero di feedback negativi paragonabile a quello dei compagni.

Peer tutoring e disturbo da deficit di attenzione/iperattività

L’autore che più si è occupato di sperimentare programmi di tutoraggio tra pari con alunni e studenti con ADHD è stato DuPaul, che ha evidenziato come, per arginare le loro difficoltà, sia essenziale coinvolgerli attivamente nei compiti, rimodulare i comportamenti disregolati in altri più costruttivi, dare feedback immediato e individuale, anziché differito e rivolto all’intera classe, proporre attività adeguate al loro livello di abilità e assecondare il loro ritmo di apprendimento.

DuPaul ha rilevato che, negli alunni/studenti con ADHD, il tutoraggio tra pari di età migliora i comportamenti sul compito, il coinvolgimento e il rendimento scolastico, riducendo al contempo l’agitazione motoria e la percezione sociale negativa da parte dei compagni.

Lavorare in un contesto «uno a uno» facilita gli scambi comunicativi, permette all’alunno/studente con ADHD di ricevere istruzioni individualizzate, adeguate al suo livello di apprendimento, e feedback costante e contingente rispetto alla sua prestazione e limita la messa in atto di comportamenti che potrebbero essere valutati negativamente dai pari.
Un aspetto essenziale ai fini dell’efficacia dei programmi di peer tutoring per gli alunni/studenti è che i compiti e i materiali proposti siano sufficientemente «sfidanti», cioè adeguati alle loro competenze ma anche contenenti elementi di novità e stimolo. Questo insieme di aspetti va a creare un sistema di rinforzi che sembra essere determinante per il successo scolastico degli alunni/studenti con ADHD.

Peer tutoring in ambito emotivo e comportamentale

Tra i Bisogni Educativi Speciali rientrano anche le difficoltà di tipo emotivo e comportamentale, che in classe hanno ricadute importanti sul piano sia degli apprendimenti sia del funzionamento sociale, tanto nella relazione con i compagni quanto con il docente.
Fuchs e colleghi hanno utilizzato la metodologia Peer Assisted Learning Strategies (PALS), in cui nelle diadi di apprendimento tutor-tutee il divario di competenze non deve essere troppo accentuato, considerandola particolarmente adeguata per rispondere ai bisogni degli alunni/studenti con questo tipo di difficoltà grazie all’elevata strutturazione, alle frequenti interazioni, al feedback costante e all’alternanza dei ruoli. Sutherland e Snyder hanno valutato l’efficacia di un programma di peer tutoring nell’ambito della lettura, introducendo anche una componente di autovalutazione, per cui agli studenti era richiesto di tenere traccia dei loro progressi così da avere un feedback immediato e maggiore consapevolezza al riguardo. Questi autori hanno rilevato miglioramenti non soltanto sul piano delle abilità di lettura e di coinvolgimento attivo ma anche in termini di riduzione dei comportamenti dirompenti.
In una rassegna della letteratura, Spencer ha esaminato 38 studi condotti tra il 1972 e il 2002 nell’ambito del tutoraggio tra pari con alunni/studenti con difficoltà emozionali o comportamentali coinvolti come tutor e/o tutee, rilevando che, complessivamente, questi studenti possono trarre vantaggio dal lavoro in peer tutoring in diverse aree di apprendimento, come lettura, scrittura e matematica.

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