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I mini gialli dei dettati 2
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A che punto è l’inclusione nella scuola italiana?

Per descrivere, comprendere e gestire un processo altamente complesso come l’inclusione scolastica, è indispensabile averne una visione affidabile, completa e dinamica.

L’inclusione scolastica in Italia è il prodotto di un lungo percorso storico, politico e sociale, che l’ha resa parte integrante del sistema di istruzione, un diritto concesso universalmente e riconosciuto trasversalmente, dal nido all’università.

È un risultato da non dare per scontato, che tutt’oggi ci pone all’avanguardia nel settore. 

A rendere l’esperienza un vanto nazionale non è solo la lunga tradizione, più che quarantennale, ma è la capacità di rendere il principio etico e morale un imperativo nazionale, l’aver costruito una forte legittimazione tra insegnanti, genitori e alunni, e l’essersi mantenuti saldi su questa linea pur andando, in molti casi, controcorrente. Questa scelta — in primo luogo politica e normativa e, successivamente, istituzionale — non ha vacillato di fronte ai tentativi di critica all’«integrazione selvaggia» dei primi anni Ottanta e Novanta e neppure a seguito delle critiche sull’assenza di dati empirici a sostegno del modello. Mentre in altri Paesi il sistema di istruzione speciale e separato sopravviveva e, in molti casi, si espandeva, da noi «l’attrazione speciale» — come l’ha denominata Giovanni Merlo (2015) — è rimasta un tema marginale e poco rilevante, non una reale minaccia per il sistema.

Tessere le lodi non può essere, tuttavia, un atto di pura retorica, lontano da qualunque autoanalisi e critica.

Vale la pena di «mettere il dito nella piaga» di questa caratteristica meravigliosa della nostra scuola? Quell’inclusione scolastica che ha fatto scuola in tutto il mondo, e che qui, nelle nostre scuole, fa acqua? Certamente, e a vari livelli: cercare di definire i problemi,le cause, le responsabilità, i possibili rimedi e sviluppare una forte e rigorosa attività di ricerca, esaminando dapprima quello che la ricerca italiana ha espresso in questo campo.

Sul terreno della valutazione dell’inclusione scolastica il nostro Paese gioca una partita importante, rappresentando essa un’opportunità di arricchire e diversificare le tradizionali modalità di valutazione del sistema di istruzione generale e di dimostrare, con evidenze empiriche, le ricadute positive del modello italiano per l’inclusione. 

L’inclusione scolastica si costruisce su più piani: dei principi, organizzativo, metodologico-didattico e dell’evidenza empirica. Le dimensioni dei concetti, delle prassi, della ricerca e della valutazione risultano tra loro interconnesse e contribuiscono — tutte — a realizzare un sistema inclusivo di qualità. Una normativa inflessibile che trascura i cambiamenti socio-culturali, le scuole che si barricano di fronte ai tentativi di rilevazione e valutazione, una ricerca metodologicamente debole e un sistema di valutazione che fornisce dati poco affidabili e con uno scarso impatto sulla realtà sono tutte questioni che ostacolano il cambiamento. Per favorire l’inclusione scolastica bisogna curare le relazioni tra le varie dimensioni. I principi mal interpretati o non tradotti in prassi concrete, generano insoddisfazione e frustrazione tra gli insegnanti, gli alunni e le famiglie; l’assenza di evidenze mette in discussione le fondamenta stesse del modello; l’incapacità di offrire un quadro esaustivo del sistema attraverso la valutazione ne riduce la credibilità.

Per quanto concerne i principi e la normativa, l’avanguardia italiana è stata a più riprese notata oltreconfine (si vedano ad esempio Kanter, Damiani e Ferri, 2014; UNESCO, 2020). È il piano della ricerca a richiedere in questa fase, a nostro parere, una maggiore attenzione, un piano dove si possono costruire e sperimentare design e strumenti, e ampliare il patrimonio di conoscenze utile non solo nel panorama nazionale ma anche internazionale.

Il lavoro di ricerca sull’inclusione nasce dall’esigenza di fare chiarezza, mettere ordine, individuare delle linee di pensiero, ricerca e azione entro cui collocarsi, muoversi, dialogare, con la finalità ultima di favorire lo sviluppo del settore, supportare gli ideali con evidenze empiriche e alimentare collaborazioni costruttive a supporto dell’inclusione scolastica.

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