L’ atelier, in ambito pedagogico, è un’innovazione introdotta da Loris Malaguzzi nelle scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia nella seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, oggi diffusa in molte parti d’Italia e del mondo. L’idea era di costruire un luogo, affidato a una persona con formazione artistica, l’atelierista (è stato dato il nome di «atelierista» alle figure professionali con formazione artistica presenti in ogni scuola comunale dell’infanzia di Reggio Emilia e negli Atelier Cittadini del Centro Internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia), che valorizzasse i «cento linguaggi dei bambini». Si affidava all’atelier anche il ruolo di stimolo a provare nuove strategie didattiche per valorizzare i modi che i bambini, e gli esseri umani, hanno nel costruire conoscenza.
A differenza del laboratorio, che è uno spazio specializzato per l’acquisizione di una tecnica, l’atelier è un luogo aperto all’invenzione nel quale le bambine e i bambini, ma anche ragazzi e adulti, indagano e visualizzano concetti o immagini con strumenti e materiali diversi. Provano, trafficano, immaginano, producono idee e le rendono visibili con tutti i linguaggi che hanno a disposizione, lavorano da soli e in gruppo, si confrontano con i coetanei e con gli adulti che coordinano il lavoro. Le opere che escono possono essere soggettive o collettive.
Gli atelieristi debbono avere occhi e orecchie come antenne sempre tese a percepire le idee e i processi che si stanno formando e sostenerne l’evoluzione. L’atelier è uno spazio nel quale non entrano schede pre-confezionate, modelli da imitare o schemi da seguire acriticamente, perché sono il contrario della creatività che l’atelier cerca di promuovere.
Lo spazio dell’atelier deve essere gradevole, bello, seduttivo, deve attrarre, deve essere un luogo nel quale ci si sente accolti e dove si sta bene. L’ambiente deve essere ben progettato, tutti gli spazi debbono avere una connotazione riconoscibile, un’identità specifica, e debbono essere pensati per suggerire azioni concrete o sollecitare interessanti immaginari. In tutto questo ha un ruolo importante la documentazione visiva dei progetti realizzati in quell’atelier che deve cercare di evidenziare le motivazioni delle scelte, esporre i concetti affrontati e narrare i processi che hanno accompagnato la loro realizzazione.
L’articolo completo “Ritratto di un atelier” è disponibile sul numero di maggio 2021 della rivista Erickson “DIDA”