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L’insegnante e il processo di femminilizzazione 1

L’insegnante e il processo di femminilizzazione

Una riflessione sulle implicazioni della preponderante presenza femminile nell’insegnamento in Italia

La professione dell’insegnante ha subìto un processo di progressiva femminilizzazione, trasversale a tutti i Paesi industrializzati, ma con dimensioni mediamente più significative nel nostro Paese. Secondo il rapporto Gender imbalances in the teaching profession, nel 2014 in Italia le donne rappresentavano l’83% del corpo docente, rispetto a una media complessiva del 68% nei Paesi OCSE. L’asimmetria appariva particolarmente elevata nei primi gradi del percorso (le insegnanti donne della scuola d’infanzia sono il 99,3%) e andava riducendosi in quelli successivi (nella scuola primaria la loro presenza era pari al 96,4%, alle medie al 78%, negli istituti superiori al 66%).

Se inizialmente il processo di femminilizzazione dell’insegnamento ha rappresentato anche un’opportunità di emancipazione per le donne, nel tempo questa connotazione è venuta progressivamente meno e l’insegnamento si è trasformato per molte di esse in una scelta occupazionale residuale, dettata più dalle aspettative di genere definite dalla società e più dalla possibilità di conciliare il lavoro con altri vincoli che non da un’effettiva scelta vocazionale. Al contempo, la presenza maschile è andata progressivamente assottigliandosi, restando significativa solo nei gradi più elevati della filiera educativa. Va tuttavia rilevato che, in anni più recenti, la presenza delle donne è cresciuta anche tra i ruoli dirigenziali, dove è oggi pari ai due terzi del totale, così come nei contesti decisionali (negli ultimi anni il Ministero dell’istruzione ha visto una presenza significativa di ministre).

Riflessioni a margine della pandemia

Come è successo anche su altri versanti, la pandemia ha di fatto rappresentato una lente di ingrandimento rispetto a contraddizioni già esistenti nella società, anche sul piano delle asimmetrie di genere, e in questo caso all’interno del sistema scolastico italiano.

La scuola ha rappresentato un tema centrale nel dibattito di questi ultimi mesi, ma è stata di fatto un ambito poco considerato, se non dimenticato, dalla politica italiana.

L’Italia è stata tra i primi Paesi a chiudere le scuole e sarà probabilmente tra gli ultimi a riportarle a regime. Con significative ricadute sia sugli squilibri educativi che su quelli di genere all’interno delle famiglie e del mercato del lavoro.
Con lo home schooling l’impegno di accompagnamento dei figli ricaduto in modo massiccio sulle famiglie e in particolare sulle madri, cui resta delegata in prevalenza la responsabilità educativa e di cura dei figli. Ma , che si sono improvvisamente trovati a gestire lezioni a distanza su piattaforme informatiche, spesso senza avere alcuna preparazione in merito (il che ci sollecita anche a una specifica riflessione sul tema del digital divide di genere) e in molti casi dovendo gestire al contempo l’impegno di cura con i propri figli e le proprie famiglie. Anche in questo caso, dunque, la pandemia ha portato in evidenza, inasprendoli, le criticità e gli squilibri che caratterizzano non solo la società più in generale, ma anche il sistema scolastico, in relazione al genere. Quanto avvenuto, se fatto oggetto di analisi e riflessione, potrebbe pertanto rappresentare uno stimolo a adottare politiche e azioni più incisive sul piano del riequilibrio di genere, sia all’interno dei percorsi educativi, formativi e orientativi, che su quello della valorizzazione della professione di insegnante.

L’articolo completo “L’insegnante e il processo di femminilizzazione” è disponibile sul numero di marzo 2021 della rivista Erickson “DIDA”

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