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Che cosa ho imparato da Ken Robinson

Un’insegnante di lettere, formatrice e autrice racconta come l’incontro con Ken Robinson ha influenzato il suo lavoro di docente e la sua visione del mondo

La creatività è qualcosa di molto concreto: ha bisogno di strumenti e mezzi adeguati a svilupparla e soprattutto non è innata. Gli studiosi Arthur Costa e Bena Kallick, che parlano delle disposizioni della mente, cioè quelle attitudini indispensabili per sviluppare una competenza, ci ricordano che possono essere insegnate. Tra queste c’è anche «creare, immaginare, innovare»: è una capacità intenzionale e volontaria ed è costituita da strategie e generazione di idee, che possono provenire dall’espansione di idee già conosciute oppure da nuove possibilità. Comprende esplorazione, valutazione, strategia.

Per Ken Robinson la capacità creativa è legata al controllo del mezzo. Non essere in grado di fare qualcosa non vuol dire che non lo si sarà, se veniamo messi nelle condizioni adatte per imparare. Se non conosco profondamente qualcosa, non posso agire in modo creativo. Se sto imparando a suonare uno strumento, dovrò prima acquisire familiarità ed esperienza per provare a improvvisare qualcosa di nuovo. Esistono livelli e fasi diverse della creatività e dello sviluppo creativo: è necessario acquisire spesso prima dimestichezza con i mezzi, dai quali non si può prescindere.

Il punto in cui il talento individuale incontra la passione forse è il momento in cui la creatività ha più probabilità di essere praticata, quindi secondo Robinson anche scoprire il mezzo giusto è la via per esercitare la creatività.

Ho sempre amato disegnare, mio fratello più piccolo a cinque anni era già bravissimo e un po’ lo invidiavo per questo. In seconda media, la mia professoressa di arte mi disse che era meglio se lasciavo perdere. Non sono portata, mi disse. Da allora per almeno due decenni non ho più preso una matita o un pennarello in mano. Poi è arrivato il digitale e ho cominciato a usare quello e ho scoperto che non è vero che non posso essere creativa col disegno: mi serviva il mezzo e direi anche la motivazione. Mi avrebbe fatto piacere avere il supporto di un esperto, ma quello a dodici anni non l’ho avuto, anzi.

Oggi mi ritengo una persona che esercita la sua creatività: nella didattica, nell’uso del digitale per imparare, nelle relazioni educative. Questo credo di averlo imparato da Ken Robinson.

Ho letto tutti i libri di Ken Robinson, guardato i suoi Ted, l’ho ascoltato dal vivo. Quello che ho imparato da lui sono la passione e la forza della determinazione, l’ironia (non il sarcasmo) di chi dolcemente, ma con enorme potenza, ti regala la sua prospettiva, ti indica una strada, non la percorre al tuo posto. Carismatico, testimone credibile, competente studioso e insegnante, ha corroborato anche i miei pensieri sulla scuola, mi ha fatto pensare che cambiare era possibile e che non sarei stata sola in questo percorso di cambiamento. Mi ha svelato i miei limiti e mi ha invitato ad accettarli, per superarli. Questo è quello che ho capito e imparato da lui e dall’esperienza come docente e come progettista di percorsi di apprendimento. Il docente fa accadere le cose, anzi predispone ambienti, strategie e strumenti per permettere a ogni studente di far accadere qualcosa: quel qualcosa è l’apprendimento. Quegli ambienti, il clima relazionale, i progetti, gli strumenti e l’intenzionalità pedagogica e educativa del docente sono ciò che compone la didattica. Passione, creatività e tanta determinazione possono cambiare il mondo. Almeno il mio.

L’articolo completo “Che cosa ho imparato da Ken Robinson” è disponibile sul numero di marzo 2021 della rivista Erickson “DIDA

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