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Costruire relazioni “a distanza” con gli adolescenti ai tempi del Covid-19

Di fronte a storie così complesse gli operatori devono essere creativi, costruire spazi di ascolto, saper accogliere rabbia e abbandono. Soprattutto in questo periodo.

Lavorare con i ragazzi adolescenti nell’ambito dei servizi che si occupano di tutela minori significa, molto spesso, avere a che fare con minori che si proiettano verso l’età adulta con alle spalle delle storie complesse e dolorose, caratterizzate da abbandoni, trascuratezza e traumi non sempre completamente curati. Sono ragazzi che reagiscono alle diverse esperienze di vita passata con rabbia, tristezza, apatia o nervosismo e che, anche nei casi in cui riconoscono che un aiuto potrebbe garantire loro dei benefici, faticano ad accoglierlo senza prima aver messo a dura prova chi tenta di offrirglielo.

A questo si è inoltre aggiunta, negli ultimi mesi di emergenza sanitaria, la sfida connessa alla necessità di costruire delle relazioni con i ragazzi attraverso contatti “a distanza” e spesso mediati da uno schermo.

Costruire una relazione, tra passato e futuro

Anche quando ci sono dei familiari autenticamente preoccupati per loro, che cercano di sostenerli nel ricevere un aiuto esterno, quella spinta all’autonomia che è propria dell’adolescenza rischia di vanificare lo sforzo. Come possono gli operatori sociali entrare in relazione con questi ragazzi? Come possono sperare di costruire con loro un’autentica relazione d’aiuto che possa sostenerli nel fronteggiare la sfida del futuro, riparando alcuni eventi del loro passato?

La storia di Marta

Marta era una ragazza di 15 anni per la quale la scuola aveva segnalato al servizio una forte preoccupazione relativa ai suoi comportamenti: alternava infatti giornate in cui era particolarmente provocatoria nei confronti dei professori e dei compagni; ad altri in cui era quasi completamente apatica o, addirittura, interrompeva la frequenza delle lezioni. Quando ho incontrato Marta per la prima volta, ricordo che il colloquio presso il mio ufficio era durato pochissimo ed era stato costellato di insulti e parolacce nei miei confronti. Dopo quella volta Marta non si è più presentata ai colloqui e solo saltuariamente rispondeva alle mie telefonate. Non sapendo come poter entrare in relazione con lei, ho quindi iniziato, in accordo con la sua mamma e a fronte di un flebile assenso che mi aveva dato Marta telefonicamente, ad andare a casa sua per incontrarla. Sono stata a casa di Marta tutte le settimane per sei mesi. Inizialmente mi accoglieva in pigiama, con le tapparelle abbassate e la televisione accesa. Parlava molto poco e in alcuni momenti si arrabbiava molto e mi invitava ad uscire. Avevo quindi fatto un patto con lei: avrebbe potuto interrompere il colloquio nel caso in cui non si sentisse di portarlo avanti, ma avrebbe continuato a farmi salire in casa. Dopo circa due anni da quel primo incontro, Marta durante un colloquio in ufficio in cui mi raccontava della scuola superiore che stava frequentando e delle attività svolte presso il centro diurno, mi ha riportato quanto per lei fosse stato importante che io fossi andata a casa sua quando ci siamo conosciute. È stato faticoso entrare in relazione con Marta, aveva una storia complessa alle spalle e costruire dei rapporti di fiducia per lei era molto difficoltoso. Tante volte nei primi sei mesi di conoscenza con lei, mi sono ripetuta che avrei potuto segnalare in tribunale le mie preoccupazioni e proporre per lei degli interventi, ma sapevo che nessuno di questi avrebbe potuto sortire degli effetti senza che lei ci credesse.

Uno spazio di ascolto autentico

Lavorare con gli adolescenti significa riconoscerli, accoglierli in tutti gli aspetti (anche contraddittori) del loro carattere, offrire loro uno spazio di ascolto autentico, di vicinanza e accompagnarli nel vedere che gli adulti possono essere un supporto, un riferimento ed un sostegno, anche quando le loro storie li portano a pensarla diversamente. Bisogna essere operatori creativi nell’avere a che fare con i ragazzi adolescenti, uscire dagli schemi e immaginarsi delle strategie per costruire con loro una relazione che sia accogliente e che rispetti le loro esigenze.

In questo periodo, anche l’utilizzo delle piattaforme per i contatti a distanza può diventare un’occasione per entrare in relazione con loro, in maniera differente dal passato.

Raggiungerli nei loro spazi domestici, comunicare con loro rimanendo nella propria stanza o alla propria scrivania di casa, potrebbe rappresentare un’occasione per sperimentare vicinanza, senza essere intimoriti dalla possibilità che vedano il nostro animale domestico che ci si avvicina mentre parliamo.

Tanti casi diversi

Nel lavoro in Tutela Minori questa è forse una delle maggiori sfide che gli operatori sociali possono incontrare e che necessariamente richiede un notevole sforzo anche quando le energie e il tempo a disposizione sono pochi, mentre è alto il rischio di vivere dei fallimenti. Le modalità con cui le storie dei ragazzi arrivano ai Servizi sono estremamente differenziate: per alcuni l’autorità giudiziaria si sta occupando di valutare quanto i genitori siano in grado di prendersi cura di loro, per altri invece si sono aperti dei procedimenti di tipo amministrativo o penali, per comportamenti a rischio o per reati che hanno commesso; altri ancora invece arrivano su segnalazione delle scuole, dei vicini di casa, dei medici o dei servizi specialistici i quali, preoccupati per i loro comportamenti hanno ritenuto potesse essere necessario un supporto.

Parola d’ordine: reciprocità

Qualunque sia la cornice, rimane il fatto che gli operatori sociali siano chiamati ad avviare un lavoro che deve necessariamente coinvolgerli e renderli protagonisti dell’aiuto. Tanto è importante infatti che i minori vengano sempre coinvolti nei percorsi di presa in carico da parte dei professionisti, quanto risulta fondamentale che questo avvenga se i minori in questione sono degli adolescenti. Perché è solo attraverso la costruzione di una relazione di fiducia e fondata sulla reciprocità che con loro sarà possibile costruire un percorso che possano sentire come proprio e dal quale possano farsi coinvolgere.

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