Se avessi una bacchetta magica per rendere la scuola inclusiva sostituirei la parola uguaglianza con equità, toglierei la differenza tra docente di classe e di sostegno, ed eviterei le ormai troppe etichette (104, DSA, BES ecc.).
L'uguaglianza è un principio costituzionale fondamentale che però non trova completo riscontro nella realtà, perché di fatto siamo tutti unici e diversi. Ognuno di noi riesce meglio in una cosa piuttosto che in un’altra e anche senza certificazione siamo diversamente abili. Grazie alla ricerca e alle nuove conoscenze si è potuto capire meglio come uno apprende, così, anche per chiarezza si sono classificati i cosiddetti bisogni educativi speciali che se da un lato a livello didattico hanno consentito interventi mirati, dall'altra hanno sovraccaricato i docenti nell'individuazione di strategie didattiche e nella predisposizione dei relativi P.E.I, P.E.P, P.D.P., creando ansie e timori, talvolta aumentando il divario tra docente di classe e docente di sostegno. Quest'ultimo spesso considerato di serie B nonostante la specializzazione.
Di conseguenza la possibilità che l'insegnante di classe possa essere anche insegnante di sostegno (come avviene nella scuola dove insegno) permette di comprendere meglio come articolare il lavoro in classe o con gli studenti che necessitano del sostegno.
La classificazione clinica dovrebbe aiutare a migliorare la didattica e non a etichettare gli studenti per i quali a volte si lavora al di sotto delle proprie capacità o si trattano con un certo pietismo.
La scuola, per essere inclusiva, dovrebbe riconoscere la diversità di tutti valorizzando i punti di forza, migliorando i punti di debolezza, ponendo al centro la persona in un progetto più ampio che favorisca le autonomie ed il futuro inserimento lavorativo.
La scuola funziona se vi è un'azione condivisa e partecipata sia con gli attori interni (consiglio di classe, dirigenza, ass. educatore ecc.) che con quegli esterni (famiglia, Servizio sociale, Azienda sanitarie, Centri per l'impiego ecc.) mediante azioni didattiche, socializzanti, laboratoriali ed esperienziali che non lasciano indietro nessuno.
La scuola e la società cambierebbero in meglio se imparassimo a vederci con occhi diversi, imparando ad accettare che siamo diversi e che la classe non è altro che un piccolo mondo.