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Come cambierà il lavoro dell’operatore sociale nel prossimo futuro? - Erickson 1

Come cambierà il lavoro dell’operatore sociale nel prossimo futuro?

I cambiamenti possibili che si profilano con l’invecchiamento della popolazione

L’Italia è attualmente uno dei paesi più anziani del mondo, con il più alto tasso di popolazione sopra i 65 anni. È stato stimato che, nell’arco di 9 anni, ovvero nel 2028, si registrerà in Italia una popolazione anziana non autosufficiente pari a 6,3 milioni di persone (Rapporto Osservasalute 2017). Secondo le proiezioni, nel 2028, tra gli over 65 le persone non in grado di svolgere le attività quotidiane per la cura di se stesse  - dal lavarsi al mangiare - saranno circa 1,6 milioni (100 mila in più rispetto a oggi), mentre quelle con problemi di autonomia - preparare i pasti, gestire le medicine e le attività domestiche - arriveranno a 4,7 milioni (+700 mila).

Questa situazione demografica avrà degli importanti riflessi anche sul piano sociale.
Molte dinamiche che già conosciamo e vediamo in atto diventeranno sempre più diffuse nella nostra società.
Già oggi molte persone anziane vivono con figli lontani da loro. Alla mobilità dei figli si combinano più realtà come calo demografico e flussi migratori. Se figlie e figli, per ragioni di lavoro o per altre cause, vivono lontane e lontani, è possibile che la funzione di caregiver sia assunta da chi arriva da lontano, dalle persone che comunemente chiamiamo “badanti”.

Questo significa molto per gli operatori sociali. Soffermiamoci su due aspetti.

LA PERSONA ANZIANA POTREBBE AVERE UNA RETE SOCIALE, E IL CAREGIVER NO. 

Un operatore sociale dovrebbe curare il possibile intreccio fra chi conosce le risorse della rete sociale e chi ha le risorse per le cure quotidiane. È un’intermediazione che può avere bisogno di coinvolgere mediatori culturali. Questi potrebbero integrarsi nella rete sociale. Questa dinamica può superare la polarizzazione di chi può e chi non può più. Ciascuno ha risorse diverse: combinandosi e intrecciandosi, permettono a chi è anziano di sentirsi vivo e in qualche modo attivo; alla o al «badante» di uscire dall’isolamento di chi, venendo da lontano, non ha rete sociale.

Il compito di chi è operatore sociale è impegnativo e appassionante: si tratta di far crescere un nuovo paesaggio sociale, in cui chi occupa un ruolo professionale e sociale collabora e attiva diverse competenze di chi occupa ruoli sociali multifunzionali.


LONTANANZE DA SUPERARE E VICINANZE DA RIPENSARE

Figlie e figli lontani devono assumere la giusta distanza. Non quella che si misura in chilometri. Lo stesso è per le «badanti» e le loro famiglie. Le lontananze devono essere superate. Le vicinanze allentate e non contrassegnate da incapacità: ti devo stare accanto perché non sei capace…

Un operatore sociale deve facilitare il superamento delle lontananze. E aiutare a non fare che le vicinanze siano solo e sempre nel segno dell’incapacità.

 La vicinanza caratterizzata da un eccesso di interventi assistenziali può indurre all’abbandono, da parte di una persona anziana, anche di ogni piccola iniziativa, diventando prigioniera dell’assistenzialismo. Un operatore sociale dovrebbe vivere il suo ruolo in un orizzonte ampio, accogliendo, con una gentile ospitalità, tutte le persone coinvolte nella vita di una persona anziana. Che, a sua volta, sentirà come l’orizzonte ampio permetta di fare stare in lei tutte le stagioni della vita.

L’articolo completo di Andrea Canevaro, professore emerito all’Università di Bologna e «padre» della pedagogia speciale in Italia, è disponibile sul numero di giugno 2019 della rivista Erickson Lavoro Sociale.

 

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