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Chiusi in casa per mesi: le ripercussioni del Coronavirus sulle relazioni familiari e tra pari

Un’analisi di quello che è successo a livello educativo e relazionale negli ultimi mesi con tanti suggerimenti su “cosa fare” per fronteggiare al meglio la situazione che stiamo vivendo

Questo breve contributo nasce da un recente webinar che ho realizzato per l’Associazione Italiana Dislessia dopo qualche settimana dall’inizio del lockdown, nel quale si è cercato di dare risposte alle molte domande delle famiglie, che si sono trovate in pochi giorni immerse in una situazione di profondi cambiamenti. Ad oggi la situazione sembra migliorata, ma molte delle riflessioni di quella giornata sono ancora attuali e probabilmente lo saranno anche nei prossimi mesi con l’inizio del nuovo anno scolastico.

Il tema principale riguarda i rapidi e spesso inaspettati cambiamenti nelle relazioni didattiche ed in generale nelle relazioni educative, tra genitori e figli, che un evento come il COVID 19 ha determinato. Ovviamente non si può capire tutto questo senza prima aver analizzato quelli che sono i cambiamenti individuali che si determinano in situazioni di quarantena.
In letteratura sono stati pubblicati vari studi che si possono trovare su siti istituzionali delle varie associazioni scientifiche e degli ordini professionali, oltre che del Governo. In generale quello che emerge è l’attivazione di un quadro tipico di risposta ad uno stress acuto, in particolare si notano un aumento degli stati di ansia e tensione (come attivazione di uno stato di allerta generalizzata verso un pericolo), alterazioni dei ritmi sonno/veglia, peggioramento della dieta e riduzione dell’attività motoria. A questo spesso si aggiunge un abbassamento del tono dell’umore, un aumento della conflittualità familiare, del nervosismo e dell’aggressività spesso determinati da un disadattamento alle nuove routine.

Le abitudini delle famiglie prima e dopo il Covid

Vorrei subito fare una riflessione proprio sul confronto tra i ritmi pregressi e le nuove abitudini dello stare chiusi in casa. Prima di questo periodo i genitori non avevano mai passato tanto tempo con i propri figli, se non in periodi di vacanza determinati e con molti meno stressor, nella “vita di prima” i bambini passavano almeno il 50% del tempo a scuola, poi nel pomeriggio spesso con nonni, baby sitter o vari servizi doposcuola (questo soprattutto per chi aveva necessità particolari), in alternativa c’erano le attività sportive o associazionistiche e ricreative. Da un giorno all’altro i bambini si ritrovano costantemente a casa, con ritmi e tempi totalmente variati, con genitori che lavorano da casa o devono continuare a lavorare fuori perché svolgono attività necessarie, ma non ci sono più i nonni, i baby sitter e tutto il resto, solo questo basterebbe a destabilizzare chiunque.
Purtroppo, non è finita, a tutto ciò si somma la paura del virus, che diventa anch’essa un fantasma indefinito aumentando lo stato d’ansia e di stress.

In tutto questo si inserisce anche la didattica a distanza che esplode nelle scuole con una prima fase che amo definire come una “rincorsa alla digitalizzazione”, dove vengono caricati contenuti su contenuti, su registri elettronici e piattaforme di tutti i tipi, determinando un ulteriore fattore di stress per genitori e figli.
Mentre i ragazzini della scuola secondaria di secondo grado riescono a rispondere con una qualche autonomia, credo sia difficile pensare che un bambino della scuola primaria ma anche secondaria di primo grado possa connettersi, scaricare, stampare, linkare, caricare, salvare, ecc.., senza che vi sia un adulto con lui, inoltre va considerato che anche i genitori, non sempre sono sufficientemente alfabetizzati digitalmente, né tutte le famiglie hanno a disposizione tecnologie adeguate, soprattutto le famiglie numerose che devono anche condividere l’unico pc, tablet o smartphone. Spesso questi genitori devono passare anche 4/5 ore al giorno con i figli per la didattica, questo diventa un tempo condiviso ma molto frustrante che invece di migliorare il rapporto lo carica di ulteriori tensioni. Va detto che anche per i docenti i cambiamenti sono stati importanti e la scuola non sempre era già attrezzata digitalmente, quel che si sta osservando oggi è un progressivo miglioramento delle capacità di coordinamento tra docenti e dell’utilizzo delle nuove tecnologie, oltre che un rallentamento della rincorsa e un maggior utilizzo delle lezioni in live.

Oltre a tutto quanto già detto, non si poteva neppure uscire al parco per fare una passeggiata, non si poteva andare in bicicletta o tirar due calci a un pallone per scaricarsi un po’ e soprattutto non lo si potrà fare neppure ora con gli amici.

La mancanza degli amici diventa un’emergenza educativa

Proprio quest’ultima situazione, cioè la mancanza del gruppo dei pari, si sta rivelando una delle emergenze educative più importanti e spesso sottostimata dall’attualità della cronaca. La scuola non è solo un insieme di contenuti, ma un contenitore di relazioni umane, tra pari e con gli adulti di riferimento. Per tutti i bambini queste relazioni sono fonte di apprendimenti tanto importanti quanto e forse più delle materie curriculari. Questi apprendimenti sono chiamati in vari modi: life skills, social skills, competenze trasversali, ecc…
Sono tutte quelle abilità che si apprendono in maniera non strutturata nei gruppi, come: la tolleranza alla frustrazione, la gestione delle emozioni, l’imitazione di modelli adeguati socialmente. Sono importanti per tutti i bambini, ma in particolare per quelli che presentano Bisogni Educativi Speciali e che per le loro caratteristiche hanno più difficoltà a generalizzare queste competenze.
In casa manca anche il ruolo inibitorio del gruppo sociale e ciò, associato alla maggior familiarizzazione delle figure genitoriali e alla frustrazione che l’attività didattica può determinare, fa spesso aumentare i comportamenti oppositivi e provocatori, determinando un ciclo disadattivo che mina pesantemente la resilienza di queste famiglie.

Come far fronte all’isolamento sociale e relazionale

Ma di fronte ad una situazione di questo genere cosa possiamo fare?
Direi che questa domanda riassume in sé tutti i dubbi e le preoccupazioni che ho raccolto in diretta dalle famiglie che si sono confrontate con me in quella giornata.
La mia più che una risposta vuole essere un piccolo compendio che, lungi dall’essere esaustivo, può fornire tanti piccoli attrezzi da utilizzare nelle varie situazioni della nostra vita domestica, suggerimenti che possono valere per tutti i bambini, ma in particolare saranno utili per tutte quelle situazioni speciali a cui abbiamo accennato.
Come intuibile da quanto si è detto una delle prime cose da fare è ricostruire delle routine regolari; ciò crea un ambiente prevedibile e controllabile per tutti con meno incognite e quindi meno ansie.
Si devono regolarizzare in primis i ritmi sonno/veglia e gli orari dei pasti, così come sarebbero auspicabili gli orari delle lezioni live al mattino per spingere ad una maggiore motivazione al risveglio e inserire anche attività motorie. Si può costruire insieme un planning settimanale che tenga conto di tutte le necessità e incombenze di genitori e figli, che preveda anche tempi di gioco e divertimento e che possa diventare per tutti la mappa della giornata.

Il tempo condiviso deve essere anche gradevole e non solo didattico, vanno previsti dei momenti di gioco magari motorio o di società, così come le stesse incombenze domestiche possono diventare un momento di apprendimento divertente e creativo (cucinare o fare le pulizie). Rallentare non deve essere un problema ma un’opportunità di aprire momenti di confronto e di elaborazione dei vissuti (sia con la scuola che con la famiglia) anche sul periodo che stiamo vivendo.

Sforziamoci di creare un ambiente rassicurante, normalizziamo e non incrementiamo pensieri catastrofici, diamo informazioni corrette ma senza enfatizzare i pericoli, ricordiamoci che al di là delle parole i bambini osservano i nostri comportamenti.

In questo senso consiglio di regolarizzare per tutti i tempi di esposizione all’informazione dei mass media e di ridurli a pochi momenti della giornata.

Un tema molto sentito sembra essere anche il calo del livello di motivazione con la didattica a distanza e l’aumento dell’oppositività nella gestione dei bambini. Come dicevamo, al di là dei fattori specifici di questa situazione, si possono mettere in capo varie strategie per aumentare la collaborazione. Nei bambini più piccoli si possono utilizzare delle tecniche di token economy con giochi a punti e premi. Spesso la conflittualità è dovuta anche a metodi didattici diversi tra genitori e insegnanti, in questo caso, sebbene a volte sia stato necessario nella prima fase, il genitore non deve sostituirsi all’insegnante ma collaborare con esso ed utilizzare le stesse metodologie, meglio ancora se l’insegnante stesso riesce con lezioni live a verificare gli apprendimenti specifici.

Per gli adolescenti, che con la perdita del gruppo sociale possono sentire ancora più pesantemente le conseguenze dell’isolamento, è importante evitare un muro contro muro, ma prevedere delle contrattazioni e delle mediazioni rispettose oltre che dei tempi di studio anche dei loro tempi privati e dell’uso dei social network.

Infine, noi psicologi per anni ci siamo giustamente preoccupati delle dipendenze da uso di internet, che hanno generato nuove forme di fobia sociale e peggiorato tutti quei soggetti che per vari motivi presentano difficoltà di integrazione e socializzazione. I rischi, come sottolineato precedentemente, rimangono, ma le tecnologie non vanno demonizzate, ma gestite, perché com’è sempre accaduto nella nostra storia, divengono parte del nostro sviluppo e della nostra evoluzione, l’importante è conoscerle e non subirle passivamente.

Ma come stiamo vedendo con la didattica a distanza, i device possono diventare strumenti potenti per tante esperienze positive, in particolare per molti ragazzi sono stati l’unico strumento per rimanere in contatto con i pari. Possiamo sfruttarli anche per momenti di socializzazione non troppo strutturata per i più piccoli, creando in accordo con la scuola dei gruppi di peer education, o semplicemente con altre famiglie, si possono organizzare dei momenti per fare giocare e ridere insieme i bambini. Mantenere il sorriso in un bambino è una delle forme più forti di resilienza che possiamo mai avere.

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