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I mini gialli dei dettati 2
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Benvenuti in DIDA

Accingendomi a scrivere questo editoriale per il primo numero della rivista che dirigo da più di trent’anni e che è alla sua terza metamorfosi, mi sento come un padrone di casa che accoglie gli ospiti ringra­ziandoli per la loro presenza, fa la presentazione di tutti gli invitati, aiuta a rompere il ghiaccio e iniziare la con­versazione.  

Do quindi il benvenuto e dico grazie ai lettori, «vecchi» e nuovi, e alle persone che hanno voluto essere dei no­stri per dare ispirazioni, proposte e materiali per una scuo­la aperta e inclusiva. DIDA avrà infatti diverse rubriche fisse o quasi, di autori che provengono da realtà diverse e si occupano di cose diverse e che proprio per questo possono darci ispirazioni importanti. Non voglio ripe­tere, qui, quello che troverete scritto nei brevi profili dei diversi autori, ma semplicemente chiarire il senso della presenza di queste voci che si sono volute unire al nostro «coro».  

Vado in ordine — più o meno — di comparsa nelle pagi­ne di questo numero. 

Il primo è Marco Magnano e cura la rubrica Aula con vista: «un colpo d’occhio sui fatti importanti che acca­dono nel mondo, per conservare uno sguardo aperto e capace di prospettiva». La scuola, che ha il compito di fornire strumenti per destreggiarsi efficacemente nel mondo, non soltanto non può essere aperta e inclusiva, ma non è neanche più scuola se non mantiene costan­temente lo sguardo su quel mondo a cui vuole contri­buire a preparare bambini e ragazzi. E dato che di que­sto mondo fa sempre più parte anche la rete, la rubrica Sensori esplorerà anche il versante «la scuola nel web, il web nella scuola». 

La seconda è Vittoria Cesari Lusso, che cura la rubri­ca Volendo peggiorare…, con la quale ci ispira — l’acume e lo humour straordinari che la caratterizza­no — a essere aperti alla dimensione relazionale, che nella scuola è centrale. Di nuovo la scuola, che è fatta in primo luogo di persone e di relazioni, non soltanto non può essere aperta e inclusiva, ma non è neanche più scuola se trascura di prestare attenzione e di curare questa sua dimensione essenziale.  

Poi c’è Eraldo Affinati, che con la sua rubrica Diversa­mente ci ispira a prestare attenzione alla multiculturali­tà, una dimensione che è parte integrante di una scuola aperta e inclusiva. La multiculturalità è sempre più pre­sente nella nostra realtà quotidiana e, benché spesso percepita unicamente come un problema, di fatto può arricchirla in misura straordinaria, in primo luogo per­ché ci invita — siamo poi liberi di scegliere se farlo o meno — a uscire dagli schemi della nostra cultura, gli schemi ai quali siamo abituati ma con i quali spesso ri­schiamo di identificarci troppo, tanto da confondere le nostre idee sulla realtà con la realtà stessa. Si alternerà a questa la rubrica Ugualmente, di Irene Biemmi, che ci ispira a riflettere sulle differenze e sulle uguaglianze di genere. Anche in questo senso la scuola che vogliamo è aperta e inclusiva e si interroga costantemente sulle proprie convinzioni e sulle proprie prassi, in modo con­sapevole, aperto e inclusivo.  

In A tu per tu con Daniela Lucangeli, la professoressa di Psicologia dello sviluppo più popolare della rete e la di­mostrazione vivente che scienza e cuore non sono due polarità opposte ma due aspetti dell’essere umano che è deleterio scindere, ci ispira a non perdere mai di vista le emozioni, che in educazione — e probabilmente an­che in tutto il resto — non sono un extra rinunciabile ma al contrario sono il motore, la forza trainante.  

In continuità con gli anni scorsi, Camillo Bortolato, in A mente serena, e Flavio Fogarolo e Giancarlo Onger, in Normativa per l’inclusione, presenteranno una selezio­ne di quesiti e risposte sull’uso del metodo analogico, il primo, e sulla legislazione scolastica i secondi.  

Ritroveremo anche le proposte per L’inclusione del fare, la serie curata da Claudia Munaro e Ilaria Cervellin che da cinque anni mette a disposizione «gli strumenti didattici che non si trovano in vendita in nessun catalogo, ma nascono solo dalle idee e dalla passione di chi si occupa di inclusione».

Non poteva mancare, in una rivista indirizzata agli in­segnanti — ed essendo convinti che l’insegnante vada considerato in primo luogo un intellettuale, nel senso autentico e ricco di persona che lavora quotidianamen­te con l’intelletto — uno spazio dedicato ai libri. In Bo­okClub, insieme ai librai Erickson e ad altri ospiti, sug­geriremo libri — a volte per i grandi, a volte per i piccoli — che ci sono piaciuti, che ci hanno fatto pensare, che riteniamo valga la pena di leggere.  

Da ultimo, ma unicamente perché fornisce l’aggancio allo speciale di questo numero, avremo una rubrica, Gioco da maestro, tutta dedicata ai giochi e alle loro po­tenzialità educativo-didattiche; in questo numero la cu­ra Ilaria Cervellin, che tornerà nostra ospite anche in futuro per raccontarci alcuni «Giochi dal mondo», pro­venienti da contesti culturali diversi.  

Il contributo che il gioco può dare a una scuola aperta e inclusiva è descritto ampiamente e dettagliatamente nella sezione centrale della rivista; qui voglio chiarire perché abbiamo scelto il gioco come argomento per il numero di debutto di DIDA. Siamo convinti che il gioco racchiuda in sé quasi tutto quello che ci serve per rea­lizzare una scuola aperta e inclusiva.  

Per realizzare una scuola aperta e inclusiva è indispen­sabile mettersi in gioco: e come si fa a mettersi in gioco se non si gioca? Se non si esce dalla finzione pedagogica su cui si sofferma Eraldo Affinati: «far finta di insegna­re, far finta di ascoltare. Vuoi che ti ripeta lo schema fis­so che mi hai dato? Io eseguo il compito e così supero il test»? Una scuola aperta e inclusiva non si realizza con la didattica frontale tradizionale, né con l’attesa immo­bile della soluzione perfetta, né con ruoli che si rivesto­no come se si indossassero panni non propri, che non ci coinvolgono. Se non ci si mette in gioco, se non si gio­ca, se non c’è giocosità, se non ci si diverte, se non si sta bene facendo quello che si fa, non è possibile realizza­re né la scuola aperta e inclusiva né null’altro che abbia valore. 

E ora accomodatevi. Buona lettura!

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