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Aiutare i figli con DSA con la Didattica a Distanza

Silvia Manni, presidente della sezione AID di Taranto, racconta la sua esperienza personale di mamma di quattro ragazzi con DSA alle prese con la Didattica a Distanza

In questa emergenza in cui tutti siamo stati catapultati, nostro malgrado, mi ritrovo ad affrontare in modo amplificato una sfida che fino a un mese fa credevo aver superato quasi del tutto. Ovvero donare ai miei quattro figli con Disturbi Specifici di Apprendimento motivazioni, opportunità e strategie individualizzate mirate a uno studio efficace e sereno. Ho speso giorni, mesi e anni per trovare insieme ai loro docenti, i canali, le modalità e gli strumenti a loro più congeniali, e oggi improvvisamente e inaspettatamente tutto questo deve essere rielaborato e riadattato.

Due dei miei figli vivono la realtà universitaria, uno frequenta la scuola superiore e l’ultimo la scuola primaria. Tutti e quattro hanno difficoltà a organizzare e pianificare il tempo in tutti gli ambiti della propria vita.

La nostra giornata prima del coronavirus era scandita da schemi, programmi e orari acquisiti e ben regolati che sono stati stravolti e questo ha disorientato i miei ragazzi.

Pertanto è stato necessario decidere insieme uno schema della giornata vissuta in quarantena, per poter dare ritmo, ordine, ciclicità e trarre da questa organizzazione un’opportunità per sfruttare al meglio la nostra stretta convivenza.

È stato indispensabile creare turni di lavoro ben scanditi per la cura e l’igiene personale e della casa. Ma anche prevedere tempo di gioco comune, rispolverando i classici di società come Monopoli e i giochi di ruolo. Sessioni di fitness, giardinaggio ed economia domestica con la mamma, lezioni di musica e attività di bricolage con il papà.

Molto tempo è organizzato per stare insieme e solo un’ora il pomeriggio e due la sera di tempo libero individuale.
Naturalmente una porzione importante della giornata è dedicata alla didattica a distanza.

Per i ragazzi universitari procede abbastanza bene, hanno la maturità e la motivazione a seguire in autonomia le lezioni on line, ma non senza difficoltà, in quanto devono prendere con rapidità appunti di concetti o formule nuovi in contemporanea alla spiegazione in diretta. Successivamente fanno un lavoro di decodifica con modalità ritagliate sulle loro esigenze e già collaudate.

Molta difficoltà invece la viviamo con i figli più piccoli, che sono destabilizzati da questo totale cambiamento della didattica. Il loro umore, il ritmo del sonno ma soprattutto la motivazione ad apprendere, sono mutati.

Il Piano Didattico Personalizzato, concertato e applicato a regola d’arte durante l’anno scolastico, nella didattica a distanza è venuto a mancare quasi del tutto. Dopo una prima fase di osservazione e analisi delle difficoltà riscontrate, negli ultimi giorni abbiamo iniziato a fare proposte concrete, aiutando i docenti a trovare sistemi per risolvere le criticità riscontrate.

È stato difficile sfatare il mito che utilizzare il Pc per un ragazzo con DSA sia la panacea per tutti i mali.
Ci siamo ritrovati a barcamenarci tra link, video YouTube, videoconferenze annunciate e comunicate anche in tempi ridottissimi, un’ora per l’altra. Ogni docente utilizza una piattaforma diversa, con consegne da rispettare entro date e ore stabilite, su registro elettronico, mail istituzionali, e gruppi Whatsapp o Telegram creati dagli insegnanti in questi giorni. Questo genera confusione e disorientamento. Recuperare tutte le risorse sparpagliate ovunque è stato un lavoro difficile ed estenuante. Alcuni docenti inviano delle audiolezioni, ma per i miei ragazzi non sono immediatamente fruibili: con delle applicazioni di dettatura/trascrittura, siamo costretti a trasformarle in forma scritta per estrapolarne regole, formule e concetti.

Tutto questo ha portato nei miei figli, irritabilità, un atteggiamento di “evitamento”, rimandando il più possibile momento di fare i compiti, e mancanza di motivazione.
Un altro aspetto non marginale che stiamo vivendo è il cyberbullismo, durante le videolezioni collettive. Accade che i ragazzi oscurino le telecamere, neghino l’accesso ad altri o mettano in muto i compagni, creando un clima negativo, poco collaborativo e con tensioni con i docenti. L’accavallarsi delle voci crea molta distraibilità e difficoltà di concentrazione; le interrogazioni avvengono senza programmazione, senza poter avere il tempo di usare schemi, mappe e appunti.

Dopo questa prima fase davvero difficile, pian piano stiamo provando insieme ai genitori e ai docenti a proporre agli alunni consegne in power point, videolezioni in gruppi ristretti di 4/5 alunni per volta e . Tutto questo per alleggerire stati di ansia, ridurre la distraibilità e per innalzare l’autostima e la sensazione di autoefficacia degli studenti.

Come sempre la carta vincente è l’empatia, il contatto docente-alunno, il potersi guardare anche attraverso un monitor, occhi negli occhi, passandosi sorrisi, emozioni, fiducia, incoraggiamenti, approvazioni e fiducia. Molto efficace è stato indurre i miei ragazzi a mettersi nei panni dei loro docenti.

A immaginare che anche loro si sono trovati catapultati in una realtà inedita, costretti a stravolgere totalmente la didattica, le loro sicurezze, a dover studiare, sperimentare, rielaborare e trovare nuovi sistemi di insegnamento, con una responsabilità incredibile nei confronti dei loro alunni, colleghi e dirigenti scolastici. È stato importante per loro riuscire a calarsi nelle difficoltà di un docente che deve allo stesso tempo occuparsi, oltre che degli alunni, della propria famiglia, delle proprie paure, di come gestire meglio la didattica a distanza. Molto spesso hanno genitori anziani, malati da accudire, devono fare i conti con gli sbalzi di umore di una vita confinata in casa, sono come tutti disorientati. Questo, nella mia esperienza di madre di ragazzi con DSA, ha fatto la differenza. Io per prima ho rivisto il mio ruolo genitoriale. Sottolineare il lato umano è stato importante, perché i miei figli si sono sentiti riconoscenti e rispettosi del tempo e della qualità del tempo che i loro insegnanti stanno offrendo loro.

Certamente con il passare dei giorni iniziamo ad acquisire e automatizzare nuove competenze e vivere questa sfida come una nuova opportunità per migliorarci come persone. Stiamo imparando a essere sostegno l’uno per l’altro vivendo la famiglia e la scuola come comunità in cui ognuno nel suo ruolo è essenziale.

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